13 maggio 2015

TRA PD E PISAPIA: “NESSUNO TOCCHI MILANO”, RIFLESSIONE


Sul perché del successo della manifestazione “Nessuno tocchi Milano” si confrontano due letture, a mio avviso entrambe limitate e, dunque, fuorvianti. La prima è quella secondo cui il segno dominante della straordinaria risposta popolare sia da ascriversi all’accumulo di credibilità conquistato dalla Giunta sobria e onesta, guidata da Giuliano Pisapia, nei suoi quattro anni di governo della città. La seconda, invece, ne attribuisce il merito alla riconquistata credibilità del PD e alla sua capacità organizzativa.

06vicario18FBCome sempre in ogni racconto di un determinato avvenimento, senza scomodare Luigi Pirandello e Naguib Mahfouz, ci sono pezzi di verità, sicuramente sinceri ma, appunto, parziali. Entrambe hanno una loro logica, però solo in rapporto al posizionamento in vista delle elezioni comunali del 2016, e rischiano, se si cristallizzano, di portare il centro-sinistra a sbattere.

Sostenere, di fatto, che la manifestazione non sia stata altro che la conseguenza del riemergere carsico del grande movimento che aveva portato Giuliano Pisapia prima a vincere le primarie e poi la sfida con Letizia Moratti, è sicuramente utile per la propaganda nel breve periodo ma pericoloso in prospettiva perché quel movimento, per tante ragioni, è purtroppo vissuto solo per una campagna elettorale. Altrettanto pericoloso è, però, il tentativo di cercare di avvalorare l’idea di un’autosufficienza nel rapporto con la città che il PD, a partire dalle diverse sigle che lo hanno figliato, non ha mai avuto. E che non ha neppure l’attuale PD milanese a trazione renziana.

Sono stato e sono tuttora un convinto, ma non cieco, sostenitore di Matteo Renzi. Nelle prime primarie che perse con Bersani andai a fare il rappresentante di seggio a Paderno Dugnano perché lì allora non s’era trovato un rappresentante renziano. Detto questo, non sono iscritto al PD perché fatico tuttora a comprendere quale sia il tasso di renzismo del PD milanese che, mi sembra, non abbia ancora capito che Milano, per struttura sociale, ruolo economico e tradizione politica, non è riconducibile aprioristicamente “all’ordine” romano. Di Renzi si possono e si devono discutere le scelte, ma è difficile metterne in discussione il carattere innovativo. Il PD milanese, al contrario, a partire dai problemi di Milano e della sua area metropolitana e dalle opportunità che vi si presentano, non ha, finora, avanzato proposte adeguate, per non entrare in fibrillazione con le scelte politiche nazionali del Governo e del partito.

I contenuti programmatici che avevano accompagnato l’istituzione della Città metropolitana e l’assenza di un pensiero sul dopo Expo sono lì, impietosamente, a dimostrarlo. In questo, a onor del vero, in compagnia del movimento civico rappresentato in Giunta che, scavando in silenzio come la talpa di marxiana memoria, avrebbe scatenato la mobilitazione del 3 Maggio. A innescare quella risposta, in realtà, avevano contribuito molto di più i comportamenti spontanei del giorno prima da parte di tantissime persone rimaste danneggiate dalle devastazioni criminali del 1° maggio che, senza attendere aiuti e rimborsi, si erano rimboccate le maniche dandosi da fare per ripristinare il ripristinabile. Un segnale che, nell’occasione, è stato capito e raccolto con prontezza dal Sindaco Pisapia e dal PD milanese, ma che avrebbe bisogno di una riflessione cultural-politica non casuale e di prospettiva.

L’incapacità di far leva sulla grande disponibilità e responsabilità civica dei milanesi e, più in generale, dei lombardi, per contribuire a dare risposte a molti problemi e bisogni, piuttosto che pensare di risolverli entrando nella stanza dei bottoni, è sicuramente il deficit cultural-politico più grande che accomuna da sempre la sinistra nelle sue diverse articolazioni. Milano e la sua area metropolitana, per tornare a svolgere appieno il ruolo di locomotiva del Paese, hanno bisogno di una forte iniezione di sussidiarietà e di federalismo nell’organizzazione della vita pubblica, ridando dignità strategica a valori diffusi ma sperperati dalle cattive prassi cielline e leghiste.

Dal loro concreto rilancio politico dipenderanno, in buona misura, l’individuazione del candidato sindaco di centrosinistra e l’esito vittorioso della sfida del 2016, anche grazie a un po’ di sana concorrenza tra alleati, consapevoli però che nessuno da solo ce la può fare. Fortunatamente non si parte da zero. Ma alle condizioni necessarie bisogna far seguire quelle sufficienti per rivincere. E chi avrà più filo da tessere, tesserà.

Sergio Vicario



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti