18 marzo 2015

la posta dei lettori_18.03.2015


Scrive Marco Romano a proposito dei Navigli – Caro direttore, quando eri presidente dell’InArch m’invitavi alle riunioni del tuo Consiglio direttivo come rappresentante della sorella istituzione, l’INU, e una sera in quella sede ho lanciato la proposta di riaprire i Navigli, proposta che tu hai considerato come una boutade da non prendere neppure in considerazione, neppure da discutere, hai sorriso condiscendente e sei passato all’ordine del giorno Ma non mi sono dato per vinto, e ho incaricato un giovane di studio – perché allora avevo un vero studio professionale – di disegnare dei fotomontaggi sovrapponendo al contesto attuale la fossa antica. Un disastro, e siccome sono sensibile alla bellezza della città mi sono subito convertito di fronte all’evidenza, che avevo suggerito una stupidaggine, e come tale tu l’avevi recepita. Mi è parso un questo caso da ripescare nella memoria: sono molto fiero di avere sperimentato un’idea e di averla constatata sbagliata, volesse che anche gli altri ci provassero.

Scrive Cristina Jucker a proposito dei Navigli – LBG, hai perfettamente ragione! Con tutto quello che si dovrebbe fare a Milano questo mi sembra davvero l’ultimo degli ultimi dei problemi! A che pro, poi?!

 Scrive Piero A. Ranzani a proposito dei Navigli – Condivido appieno le opinioni di Gianni Beltrame al riguardo dell’idea insensata di riaprire i Navigli.

 Scrive Gregorio Praderio a proposito della disponibilità di aree – Spiace dover tornare ancora sul tema della disponibilità di terreni edificabili, ma temo che alcune valutazioni siano fondate più su assunti astratti (se pur lodevoli) che da una conoscenza nel merito dei dati di fatto. Quando Marco Romano scrive infatti che “viene oggi fatto scarseggiare il terreno edificabile per impedire ai nuovi arrivati di diventare a pieno titolo cittadini, mettendoli nelle mani di procedure di riutilizzo degli stabili in disuso di fatto impraticabili”, forse non ha ben esaminato ad esempio il PGT vigente di Milano, dove TUTTO il territorio è edificabile (a meno del Parco Agricolo Sud), e dove le procedure di riuso degli stabili vanno dalla semplice comunicazione (se senza opere) al normale titolo abilitativo (fino a 5.000 mq) per passare nei casi più grossi a procedure attuative che nella mia esperienza sono in realtà praticabili (a meno dei soliti perditempo burocratici, per carità). Questo fa sì che le possibilità di nuova edificazione a Milano siano circa quattro – cinque volte la domanda decennale (nella stime più ottimistiche), quindi non esattamente “scarse”. In realtà, si poi è rilevato – in base ai dati di censimento – che le stime ottimistiche erano basate su una sopravvalutazione dei flussi immigratori: molti immigrati tendono, infatti, a rimanere registrati all’anagrafe anche quando cambiano città o addirittura nazione, per non perdere i vantaggi acquisiti con la residenza anagrafica (i famosi cinque anni…) e comunque con la crisi economica tali flussi si sono ridotti se non addirittura invertiti. Quindi è proprio la dimensione quantitativa della domanda (quella che aveva innervato l’attuazione dei lungimiranti piani dell’Ottocento e del Novecento) a essere carente. E il caso di Milano non è isolato, è così in tutta la Lombardia, come emerge dai dati regionali di monitoraggio dei PGT. Eppure, nonostante questa abbondanza di offerta, i prezzi non risultano essere fortemente calati e non è più facile accedere al bene-casa, come mai? Questa mi sembra la domanda da porsi.

Scrive Gianluca Bozzia a proposito di acquisti arabi – Leggendo Battisti sorge spontaneo un commento. Sono oltre 30 anni che la finanza viene lasciata prevalere su terra, persone e lavoro e noi milanesi ne siamo artefici e, inevitabilmente, vittime. Quelle torri non servono alle persone che abitano Milano e sarebbe bello sapere se sono un investimento in utile oppure questo ultimo passaggio HinesItalia-arabi è frutto di una clausola contrattuale già prevista, in caso di gravi perdite. Avere fatto piani finanziari quando il mercato tirava e dovere fare il commerciale (vendere/affittare) con il mercato degli ultimi cinque anni, non sarà stato semplice neppure nel mercato del lusso immobiliare. O no? Diamo gli strumenti alla città metropolitana: magari Lucia De Cesaris potrebbe impostare anche su questo la sua campagna elettorale.



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