11 marzo 2015

PIAZZA VALLE: L’ICONA DEL “FAMOLO STRANO”


Si comincia a notare tra i milanesi il formarsi di una coscienza sul valore della scena urbana stimolata non tanto dagli articoli dei giornalisti o dei pochi esperti urbanisti che accedono alla stampa cittadina, quanto paradossalmente dai cittadini stessi attraverso la rubrica del Corriere “la lettera di Isabella Bossi Fedrigotti” e siti consimili di altri quotidiani milanesi, dove da qualche mese troviamo lettere di critica sui nuovi interventi edilizi e sul tipo di architettura proposta, e dove spesso gli estensori si domandano che senso hanno interventi stravaganti ma che vengono decantati o pubblicizzati da Comune ed Istituzioni

03zenoni10FBQuesto improvviso interesse per l’architettura e l’urbanistica mi fa piacere perché l’intendimento dei miei numerosi scritti sul presunto “Rinascimento Milanese” mi ha portato a trovare nelle due definizioni “Contestualizzazione e Continuità”, ben illustrate dal recente articolo di ArchXMi sulla Commissione del Paesaggio, un comportamento progettuale che cerca di identificare dei limiti ragionevoli alla libertà creativa dei progettisti.

Non si può progettare senza guardarsi intorno e conoscere la città ma neanche trovando la certezza in relazioni tecniche allegate ai progetti con richiami a caratteristiche edilizie e urbanistiche inesistenti sul sito (vedi progetto Feltrinelli. Il problema è che oggi tra la libertà assoluta concessa agli archistar, meglio se esotici, e ad alcune discutibili interpretazioni della Commissione del Paesaggio, a Milano stanno crescendo edifici e spazi pubblici talmente dissonanti con l’intorno che anche il semplice cittadino, digiuno di architettura e urbanistica, si sente in grado di scrivere una lettera ai giornali domandandosi il perché.

E mi riferisco a una delle ultime lettere riguardante la cosiddetta Piazza Valle recentemente “presentata”, nonostante il suo incompleto aspetto urbanistico, perché quello architettonico ritengo non esista essendo composto per ora da tre di ripetitivi “contenitori” vetrati collocati casualmente senza cercare di creare una scena urbana.

Non ho potuto fare a meno di farci una passeggiata e tante sono le stravaganze rilevate e che toccano aspetti diversi delle discipline urbanistiche, che cercherò di descriverle una per una.

1° – Nonostante gli articoli di Jacopo Gardella, Marco Romano e del sottoscritto apparsi su ArcipelagoMilano, la nostra Amministrazione non sembra condividere il significato della parola “Piazza”, dando questo storico e nobile titolo sia a Piazza Aulenti che in realtà è più simile all’atrio di un “mall“, che a quest’ultima Piazza Valle che forse come dimensioni e straneità al sito assomiglia invece a una “piazza d’armi”. Eppure il termine “piazza” ha una storia urbanistica alle sue spalle e un significato civico che non si può travisare.

2° – Per la prima volta, che io sappia, in una città piatta collocata nella pianura Padana, si propone una piazza inclinata e di questo non se ne sentiva assolutamente il bisogno se si vuol dare importanza alla orografia del territorio, per cui vediamo le meravigliose piazze di Siena o Arezzo in un sito collinoso, ma anche in queste condizioni troviamo piazze in piano Gubbio o San Marino, ma non troviamo mai piazze in pendenza in siti assolutamente piani a meno che “la ricerca del diverso a tutti i costi” (famolo strano) che sembra contraddistinguere ormai quasi tutti i nuovi interventi Milanesi dispensi il progettista dallo studiare le caratteristiche orografiche del sito.

3° – Questa anomala piazza non è chiusa e delimitata da edifici a cortina, ma da tre banali contenitori vetrati distanziati tra di loro senza cercare un allineamento o formare una scena urbana, se non dare un segnale di convergenze che sollecita a raggiungere, passeggiando in salita, una lunga balconata che delimita il lato più alto verso nord da che potrebbe creare delle aspettative. Come è noto il lato sud non esiste se non in un progetto di nuovo stadio con tutti i confort e servizi che possono giustificare la sua anomala centralità, presentato in questi giorni. Ma che sembra poter offrire una cortina edilizia verso sud più vicina al significato storico di piazza che i tre spaesati contenitori sui lati est e ovest. Anche se non so come potrà convivere con tutti volumi anomali non predisposti a un coordinato disegno urbano l’ex monumentale ingresso di una Fiera che non c’è più.

4° – Storicamente quindi una piazza può lasciare un lato aperto, qui identificabile nel lato nord, se la vista che si offre fosse poi un cosiddetto “punto cospicuo”, invece arrivati alla balaustra si può osservare perplessi la trafficata circonvallazione con sopraelevata di Viale Renato Serra tangente alla parte nord del progetto Portello che ci propone case troppo vicine tra di loro con architettura “simil Caccia” ma con un aspetto meno signorile dell’originale, e soprattutto la zona destinata al verde di questo quartiere che paragonata al Monte Stella del QT8 che si vede sullo sfondo non può che essere identificata come una straziante, per chi ama la natura, ennesima interpretazione del voler “stupire a tutti i costi” (famolo strano) adattata questa volta al verde pubblico ma tale da annullarne il significato.

5° – In tutti i parcheggi sotto suolo pubblico è sempre stato un problema collocare le uscite pedonali, e, come nel caso dei sottotetti, l’amministrazione ha rinunciato a suggerire una sagoma identificativa del servizio, e così ne abbiamo visti di tutte le forme, dal misero cubetto nero in Piazza Meda alle gradevoli uscite su Piazza Giulio Cesare ma sempre sui perimetri dell’intervento. Qui ci troviamo di fronte a una uscita/entrata pedonale nel bel mezzo della piazza d’armi realizzata sotto a un enorme struttura a forma di tavolo quadrato a quattro gambe che copre i due piccoli volumi di scale e ascensori, ma così grande che avrebbe potuto ospitare assieme a questi ultimi un grande “bar tavola calda” su due piani che almeno sarebbe stato un richiamo utile ai frequentatori della piazza, perché bisogna dire che su questa piazza manca qualsiasi traccia della civiltà dello spazio pubblico come sedute, alberature, aiuole, monumenti, fontane, opere d’arte o semplicemente zone d’ombra.

6° – In questo sfortunato disegno di questa parte di città non poteva mancare il cosiddetto “mostro”. Appena dietro uno dei contenitori, quello che ospita la sede del Milan, sbocca da sottoterra con una copertura gigantesca e sguaiata una costosa opera incompiuta e forse ormai inutile, il tunnel che garantiva un rapido accesso, provenendo da Viale De Gasperi, a Fiera-City in costruzione sulla ex area della Fiera di Milano. Degno di essere aggiunto al museo delle opere incompiute di Milano di cui ci parla la cronaca di Milano del Corriere del 4 febbraio a ennesima dimostrazione della crisi di questa una volta amata città. Ma una volta queste infrastrutture o servizi pubblici abbandonati non si trovavano solo nel centro-sud?

E per finire vedo con piacere che si va diffondendo (*)sui giornali di Architettura e Urbanistica on line la definizione: “famolo strano” da me spesso usata per definire interventi dove il rapporto con il sito è uguale a zero.

Gianni Zenoni

 

(*) vedi l’articolo di Massimo Locci su PresS/Tletter n° 4 del 18-2-15

 

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