22 ottobre 2014

la posta dei lettori_22.10.014


Scrive Andrea Sacerdoti su appalti pubblici e ricorsi – Caro Beltrami Gadola, il suo articolo mi lascia perplesso. Si parla di ricorsi e controricorsi all’assegnazione di una gara pubblica come un male, cosa che appare ormai chiaro alla maggioranza dei cittadini, anche a seguito del caso Genova. Poi si dice che la soluzione di Milano per l’Expo di non accettare sospensioni dei lavori per i ricorsi, ma solo di concedere eventuali risarcimenti, è un rimedio peggiore del male; perché?

A me questa pare l’unica soluzione. Non so, credo che all’estero questo balletto di ricorsi al Tar per i lavori pubblici esista; se una impresa perde una gara, accetti il verdetto, come si fa nel privato; eventualmente ricorra alla giustizia civile per un risarcimento, se crede di avere avuto dei torti sostanziali, ma senza poter sospendere le aggiudicazioni. però non sono uno specialista e il suo parere in merito mi interessa.

 

Replica Luca Beltrami Gadola – Ho detto che il rimedio è peggiore del male nel senso che si aggira la norma con poteri “speciali commissariali”. Questo è un costume che va stigmatizzato. All’estero, dove ho lavorato (Francia e Svizzera), i ricorsi sono rarissimi perché i bandi sono ben fatti e consentono aggiudicazioni ineccepibili.

 

Scrive Adalisa Innocenti ad ArcipelagoMilano – Per mia fortuna,faccio parte dei residenti “anziani” di questa complessa città. Mi ha divertito la cronistoria dei benefici ottenuti, nonostante la contestazione di molti abitanti delle zone interessate a un qualche cambiamento, del noto e abitudinario assetto-logistico e paesaggistico. Siamo una città abitata da molti anziani conservatori, ancora con la mente attiva, pieni di esperienza, non più produttiva, quindi sprecata e un poco frustrati. D’altra parte, il buono di questa città l’hanno creato loro. Tutto si ripete.

Ho assistito alla contestazione del “libretto rosso” dei tempi di Mao. Erano in ballo principi fondamentali, alla cui base c’era il rispetto degli individui. In piccolo, oggi c’è il rispetto di persone di altri paesi, alle quali, per negare l’acqua, si privano i Giardini Pubblici di un numero adeguato di fontanelle, cominciando, dalle più ovvie, di area cani. Ma, il “bene comune”, non fa più parte della nostra cultura, e i cambiamenti di ammodernamento per rendere più funzionali delle realtà urbane, induce resistenza, credo per quel senso di insicurezza, che queste persone, messe da parte per motivi di età, inconsciamente ostacolano i cambiamenti.

Spesso gli interventi sul territorio urbano, proposta da “giovani”, non tiene conto della storia del luogo, sempre risultato di quotidiani interventi dei residenti, che hanno svolto la loro vita, giorno per giorno, nella zona oggetto di modifiche. C’è un significato in ogni metro di una Città. Pensiamo al famoso albero della zona del Museo Brera/ Orto botanico. Ora non mi ricordo,il motivo del contendere, ma mi ricordo, oltre alla solita prevalenza degli affari, quell’albero era significativo, per gli abitanti del quartiere.

Voglio dire in definitiva, che bisogna avere rispetto dei propri valori, ma anche degli altri da sé. Il bieco divieto dell’installazione delle fontanelle, per motivi, in sintesi, razzisti, ha creato danno ai risedenti e all’immagine di una città, che dovrebbe aprirsi al mondo con la prossima esposizione mondiale: EXPO 2015, nutrire il pianeta, ma solo quelli che conosciamo?



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