15 ottobre 2014

MILANO GUARDI A GENOVA E RIFLETTA


Come sempre accade in queste circostanze anche per il disastro di Genova si è scatenata la caccia al responsabile e sul banco degli imputati, oltre ai metereologi e ai loro modelli matematici, sono finiti tutti, sindaco in testa. Per la prima volta dal versante degli imputati si è levata un’insolita voce in difesa: il presidente del Tar della Liguria, chiamato in causa come responsabile del mancato avvio dei lavori di messa in sicurezza dei corsi d’acqua, per i quali vi erano i soldi già stanziati, le gare d’appalto fatte ma il tutto bloccato dai ricorsi delle imprese.

01editoriale35FBNell’intervista che rilascia a Repubblica con l’argomento usato per difendersi ha messo il dito nella piaga: i bandi di gara sono fatti male e prestano il fianco ai ricorsi e quando arrivano vanno comunque esaminati. Dopo aver fatto per oltre cinquant’anni il costruttore e aver partecipato a centinaia di gare d’appalto pubbliche, aver visto in una stessa gara presentare più di un ricorso (oggi 10 nel caso di Genova su 15 partecipanti), mi sono fatto due domande, e, come me le sono fatte io, avrebbero dovuto farsele da tempo a maggior ragione gli assessori a lavori pubblici invece di limitarsi a star a guardare: è più colpevole il legislatore che ha disciplinato in maniera demenziale (oltre che torbida) il settore delle opere pubbliche o è più colpevole la burocrazia che queste leggi ha applicato? Per me entrambi in parti uguali, in un combinato disposto che potremmo battezzare “Opere pubbliche Italia”, vista la moda di dare un nome nuovo a cose vecchie.

Del disastro legislativo ne ho parlato sin troppo (anche a proposito di corruzione) e mi è rimasta solo la curiosità di vedere come si muoverà il governo Renzi dopo aver annunciato di voler rifare il Codice degli appalti. Della burocrazia invece vorrei parlare ora ma anche della classe politica che la governa. Quando il dottor Caruso, Presidente di sezione del Tar Liguria dice ” bandi”, dice in una sola parole più cose, più elementi: un bando non è solo un avviso di gara ma fa riferimento a un progetto, a una descrizione, a un contratto, a un sistema di aggiudicazione, a una procedura di scelta del contraente, a un verbale di aggiudicazione, tutti prodotti della burocrazia.

I ricorsi nella maggior parte dei casi sono presentati da imprese che si vedono scartate contestando gli elementi di giudizio delle commissioni aggiudicatrici, elementi dubbi, basati su progetti e descrizioni mal fatte, documentazione incompleta e nella stessa intervista del dottor Caruso ne troviamo la palmare dimostrazione: “…. Le loro offerte non potevano essere ammesse, poiché avrebbero comportato modifiche ai progetti (dell’amministrazione appaltante N.d.R.). Abbiamo chiesto una consulenza agli esperti del Politecnico di Milano: ci hanno detto che le varianti erano necessarie. Perciò abbiamo accolto il loro ricorso“. In questo esempio c’è tutto.

Da troppo tempo assistiamo a questo sinistro balletto di rinvii, sospensive, cause, intralci e non è più accettabile che l’intera classe politica si trinceri dietro l’inefficienza della burocrazia: ai vertici chi ci sta? Loro o un destino cinico e baro? Chi non sa o non vuole controllare? Chi non ha il coraggio di sollevare il velo? Non vorrei sentirmi dire che non tutte le mele sono marce perché ovviamente tra le marce e le sane prevalgono le prime. Come rimediare? A Milano, per l’Expo, tra le tante follie, si è anche stabilito, per ricuperare il tempo colpevolmente perso da altri, che i ricorsi delle imprese non potessero sospendere lavori avviati o assegnati, lasciando aperta solo la via del risarcimento del danno per chi fosse ingiustamente escluso da un appalto. Un rimedio peggiore del male: la resa di fronte alla mala gestio.

Ma, per finire, visto che è l’immagine del sindaco che ci va di mezzo, perché nessuno prova a chiamare a rapporto la sua giunta e chiede ai suoi assessori se hanno mai messo mano a serie verifiche di capacità dei loro subordinati, visti i risultati sotto gli occhi di tutti? Il contratto collettivo dei dipendenti pubblici è una montagna invalicabile? I diritti acquisiti non si toccano? Il problema è irresolubile? Lasciamo le mele marce al loro posto? Due torti in uno: per i dipendenti capaci e laboriosi accusati nel mucchio e per i cittadini vittime. La via della ripresa del Paese che cerchiamo affannosamente si allunga all’infinito. Se non parte da Milano da dove?

Luca Beltrami Gadola



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