28 maggio 2014

RENZI: IL TRIONFO DELLA NARRAZIONE


Qualcuno oggi dice che la vittoria di Matteo Renzi era scontata, essendo l’ultimo e unico leader rimasto sulla piazza. Nessuno però, di là dai sondaggi che sono solo un espediente retorico – comunicazionale lontano dalla realtà, aveva immaginato uno tsunami di tali proporzioni.

08negri20FBIo sono convinto che, di là dalla paura del popolo italiano moderato e dei voti della militanza PD, si debba fare i conti con una comunicazione renziana davvero vincente o per meglio dire davvero con-vincente. Ha vinto Renzi, ma soprattutto ha vinto la sua narrazione fiduciaria, la sua capacità di conquistare la fiducia degli Italiani senza distinzione fra destra e sinistra, che si può sintetizzare nello slogan: “la fiducia siamo Noi”.

La fiducia siamo noi, dove il noi è formato dal frame “io Renzi con gli Italiani”, ha sconfitto la “fiducia sono Io, Silvio Berlusconi”, ormai ritenuta obsoleta, e la “fiducia sono Io Beppe Grillo”, troppo narcisista, troppo autoreferenziale, troppo “pericolosa” fino al punto di collocarsi al di là di Hitler.

Renzi, a differenza di Grillo, non ha costruito alcun racconto del nemico, ma ha semplicemente proposto un racconto della speranza. La speranza, come ha detto lui stesso commentando il risultato, ha vinto sulla rabbia. Come Obama negli USA, come Pisapia e il movimento arancione a Milano, così Renzi si è rivolto direttamente alle famiglie italiane proponendo un racconto che si configurava come l’attesa di un futuro migliore, di un’Italia forte in Europa e ancora capace di crescita economica e di redistribuzione del benessere.

Grillo ha invece riproposto la vecchia narrazione dell’antagonista, dell’essere contro tutti, ma questa volta con toni non più iperrealisti, bensì surrealisti. E questo ha prodotto un effetto contrario, di allontanamento del suo elettorato. Parlare di Gelli, di massoneria, di Berlinguer, di Hitler, è stato un grave errore, perché in questo modo ha evocato dei fantasmi del passato che la maggior parte del suo elettorato o non sapeva chi fossero oppure, come nel caso di Hitler, li viveva come comunque come uno spettro di cui aver paura. Inoltre dipingendo Renzi come il male assoluto ha in realtà prodotto un avvicinamento dei moderati al Premier che forse senza queste narrazioni “da paura”, senza queste narrazioni terroristiche di Grillo, non avrebbe mai avuto.

Qualsiasi progetto politico deve incorporare il massimo di realtà possibile e ricollocarla in un sogno. La narrazione deve anticipare un orizzonte nell’oggi, tracciare un futuro possibile e suscitare l’energia necessaria perché quel progetto sia palpabile, qui e ora, deve farlo sentire adesso. Questa è stata ed è la mission perfettamente riuscita di Matteo Renzi.

Egli ha raccontato una storia accogliente, inclusiva, empatica, in cui gli Italiani si sono sentiti protagonisti di un cambiamento reale, supportato anche dal racconto molto concreto e reale degli 80 euro che ha collocato il fare in un percorso di verità fattuale molto forte (chiunque poteva provare la verità delle parole di Renzi osservando il cedolino della sua busta paga). Renzi è l’eroe “di frontiera”, bravo nel far immaginare la meta verso cui ci si dirige, attivatore di tutte le energie necessarie per raggiungerla, e stimolatore nell’elettorato del desiderio di condividere un percorso. La storia che il Premier ci ha veicolato è una storia “comune” nel senso che tutti insieme possiamo sentire di costruirla. Lui ha messo in pratica lo slogan obamiano: «Noi siamo il cambiamento che cerchiamo».

I racconti della politica per avere successo devono comprendere tre tappe. Una prima richiede di spiegare agli elettori che cosa non va nel paese e nel governo attuale, cioè quali sono i problemi principali. La seconda chiama in causa il mettere a fuoco il o i rimedi per quel o quei problemi, al fine di delineare un orizzonte di senso nuovo, cioè come apparirà il paese dopo che quel problema sarà risolto. La terza invece spiega perché solo quel candidato, solo lui, è quello che ci porterà dove abbiamo deciso di andare, cioè verso la soluzione dei problemi individuati all’inizio.

Per concludere possiamo dire che una storia deve sempre saper rispecchiare il vissuto e i desideri della maggioranza dell’elettorato in quella fase storica, saper cioè cogliere il “vento che sta cambiando”, le attese, le aspettative, i nuovi bisogni, le speranze che sono presenti fra la gente. Questo è quello che ha fatto Renzi, trasformando così la sua narrazione in quel grande racconto collettivo che si chiama “sogno condiviso”. E niente è forse più reale di un sogno condiviso da più del 40 per cento dell’elettorato. Il realismo emozionale renziano ha così toccato il cuore di milioni di Italiani, producendo un exploit senza precedenti.

 

Alberto Negri

 

 



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