12 febbraio 2014

ASSOLOMBARDA E “FAR VOLARE MILANO”. FORTUNATAMENTE NON È UNA METAFORA


L’Assolombarda nel dicembre scorso ha lanciato il programma “Far volare Milano” come progetto pilota per fare volare l’Italia. Inutile dire quanto un documento di questo tipo fosse atteso, data la presenza sotto tono delle organizzazioni degli imprenditori italiani nell’arena delle proposte strategiche per la riconversione e lo sviluppo. È questa una proposta opportuna perché nello sfrangiarsi delle forze guida del nostro paese, un soggetto che proponga un modello di leadership aperto, guidato dalla ricerca di nuovi valori e nuove forme di valore è importante per la rigenerazione del paese.

02longhi06FBIl modello che propone Assolombarda è consolidato e si basa sulla sinergia fra sapere, accoglienza e relazioni ecosistemiche. In questo modello al sapere è affidato il ruolo di forza guida ‘rigenerativa’, in quanto capace di rigenerare all’infinito il sistema economico e sociale, contando sul bene illimitato costituito dall’intelligenza e dalla creatività collettiva, all’accoglienza il ruolo di forza guida sociale e spaziale, in quanto solo accogliendo il valore della diversità e riconoscendo la forza propulsiva della sua aggregazione spaziale si è in grado di alimentare adeguatamente il motore ‘generativo’ del sapere; alla visione ecosistemica è assegnato il ruolo di identificare azioni che, a causa dell’impoverimento delle risorse, diano l’avvio a un modello di sviluppo metabolico, ispirato al funzionamento delle risorse naturali, il quale richiede di minimizzare il consumo di materia ed eliminare le emissioni.

Questo modello assegna al settore della ricerca il ruolo di settore primario, all’area metropolitana e all’integrazione fra aree metropolitane la dimensione spaziale più opportuna per operare, al modello metabolico il ruolo di strumento per procedere con grande rapidità alla riconversione dei settori produttivi e dei consumi per passare da modelli ad alto prelievo di risorse a modelli biologici, che lavorano in sinergia con la natura.

Questo ragionamento porta Assolombarda a identificare tre moltiplicatori (Milano città della conoscenza, Milano aperta al mondo, Milano ecosistema vitale) i quali guidano “i 50 progetti per rilanciare imprese e territorio”, suddivisi nelle seguenti categorie: imprese al centro, Milano al centro, Expo – la grande occasione, Assolombarda – al centro riorganizzazione interna.

In sostanza il progetto ha il suo punto di forza nella declinazione degli interventi a favore del potenziamento delle risorse umane (con progetti per rafforzare la cultura manageriale, la partnership scuola-impresa, il long life learning, la qualità e l’innovazione nei servizi), che confluisce nella proposta spaziale di Milano hub della conoscenza e nelle dichiarazioni a favore della realizzazione dell’area metropolitana. I suoi punti di debolezza consistono nella mancata valutazione dei processi d’innovazione che coinvolgeranno i settori manifatturieri e dei servizi, la debole citazione della necessità del potenziamento della pratica e della qualità dei bilanci integrati, nell’inadeguata declinazione del rinnovo infrastrutturale che dovrebbe coinvolgere l’area metropolitana.

Al tema della “disruptive innovation“, ossia degli scenari riguardanti il radicale rinnovo tecnologico, andrebbe dedicata più attenzione, con l’obiettivo di rendere trasparenti le alternative di trasformazione dell’area metropolitana; infatti si prevede che i nuovi modelli localizzativi non tenderanno più alla delocalizzazione ma a una prospettiva che enfatizza la simultanea prossimità alla domanda e all’innovazione. Si apre uno scenario in cui il contributo di Assolombarda è importante per ridefinire, a livello produttivo, competenze, partnership, e reti a scala metropolitana e fra reti metropolitane.

A ciascuna azione il progetto assegnato un soggetto guida, identificato nell’organigramma dell’Assolombarda, la durata del programma è biennale (2014-2016).

Questo impianto, secondo l’organizzazione degli imprenditori, è finalizzato a produrre risultati, “uno degli aspetti più sintomatici della crisi della rappresentanza italiana – in tutti gli ambiti – è quello della progressiva distanza nel tempo tra ciò che si dice e ciò che si fa, tra le parole o gli annunci, e i fatti concreti e conseguenti”, da cui “… il metodo è dunque quello di proporsi su progetti specifici, concreti, misurabili”.

È proprio su quest’ultima affermazione, dalla quale dipende le reale e urgente realizzazione dei progetti, che vale la pena soffermarsi.

Infatti il modello, come si è già detto, è noto e maturo dalla metà degli anni ’70 (ad esempio attraverso i lavori di Robert Solow, Jane Jacobs, Club di Roma, Gro Harlem Bruntland) e codificato negli obiettivi vincolanti degli organismi internazionali (ad es. riguardo a emissioni, intensità del prelievo di materia, produzione di energia, …) i quali determinano le politiche e i programmi operativi dell’UE. Questi riferimenti sono importanti perché se Milano vuole essere un modello, le sue azioni devono essere sincrone con le regole delle organizzazioni internazionali, che sono recepite dai nostri ordinamenti. A questo proposito è essenziale riconoscere che con l’8° programma quadro dell’UE, la condizione per partecipare ai programmi europei è di operare attraverso piattaforme economiche o sociali.

In sintesi, mi sembrano indispensabili tre integrazioni alla proposta di Assolombarda:

– l’integrazione dei programmi, con le azioni bandiera del programma quadro Europa 2020;

– l’integrazione dei soggetti attuatori, con i quali s’intende procedere per formalizzare una piattaforma d’azione sincrona con gli scopi comunitari;

– l’integrazione dei tempi; infatti la scadenza 2014-2016 dovrebbe essere inquadrata all’interno delle scadenze 2020-2030-2050 in cui rientrano gli obiettivi e le azioni programmate dalla comunità internazionale.

Credo che con queste integrazioni la concretezza e la fattibilità del programma Assolombarda farebbero un balzo in avanti, a condizione, per essere nello stesso tempo competitivi e integrati, di inserire nel programma una chiara metrica. Infatti, stiamo parlando di progetti largamente praticati nella comunità internazionale, per cui, ai fini della nostra integrazione, è fondamentale, una volta definiti i contenuti, precisare le quantità in gioco, i tempi di realizzazione, gli investimenti (una dimensione che manca nella proposta Assolombarda).

Un esempio: in occasione dell’avvio dell’8° programma quadro dell’UE, il cui tema è la crescita delle risorse umane, la città di Amsterdam ha presentato il suo progetto chiave incentrato sulla crescita del sapere attraverso lo sviluppo dell’accoglienza. Essa pensa di raggiungere questo obiettivo grazie all’aumento della presenza degli studenti stranieri, da realizzarsi grazie al contributo di una rete internazionale di università eccellenti e alla rigenerazione dei servizi urbani. Vale la pena di leggere la proposta vincitrice Amsterdam metropolitan solutions, la quale potrebbe agire da stimolo per l’ambiente lombardo.

In questo caso la municipalità è consapevole dell’importanza di attrarre studenti stranieri ed è in grado di definirne la numerosità, contemporaneamente è consapevole dell’urgenza della rigenerazione urbana ed è in grado di proporre un piano attuativo. La comunità universitaria è ‘aperta’, quindi recepisce i vantaggi dell’operare attraverso una rete internazionale di atenei, le imprese contribuiscono tecnologicamente e finanziariamente, sulla base della garanzia costituita dai programmi pubblici di rigenerazione.

Il risultato è una piattaforma, che agisce in rete, e propone un progetto di fattibilità finanziaria nel quale sono chiari gli investimenti e il loro livello di redditività. In questo piano il contributo finanziario della municipalità e dei programmi dell’UE è del 20%, il capitale di rischio delle imprese è dell’80%. Da qui alcune riflessioni: il rafforzamento delle risorse umane è condizionato da una pubblica amministrazione attiva, una comunità accademica aperta e da imprenditori con forte propensione all’investimento. Infine, i programmi comunitari sono visti come generatori di nuovi investimenti, non come fonte d’accaparramento di risorse.

Giuseppe Longhi



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