20 novembre 2013

PER I CATTIVI MARINAI IL VENTO NON È MAI AMICO


In queste ore il commissario Olli Rehn ha stracciato in mille pezzi la legge di stabilità di Letta – Alfano, fissando il fabbisogno per l’equilibrio in 8,4 miliardi di euro, notizia che per chi gioca da mesi alle tre carte per i 2,3 miliardi della rata Imu è come una sentenza “fine pena mai”. Ma l’eurodemocratura, come fece già con Monti fornendogli preziose e dettagliate indicazioni che portarono alla indispensabile e disastrosa riforma Fornero, non avendo tempo da perdere ha messo per iscritto quello che il Governo deve fare: deve “privatizzare”, cioè deve vendere Eni e Finmeccanica e altre aziende individuate per “abbattere il debito”.

09dalfonso40FBNegli anni Novanta lo Stato italiano ha privatizzato aziende varie incassando circa 142.000 miliardi di lire, corrispondenti allora all’11,9% del Pil: una operazione discutibile e molto probabilmente effettuata sottoprezzo e male (in quel giro c’era l’Ilva, regalata a 0 lire ai Riva per risanarla gestionalmente e fisicamente : ecco, appunto …), ma che aveva un obiettivo, l’entrata nell’euro e le dimensioni adeguate per perseguirlo (se interamente girata a riduzione debito, come in realtà non fu, avrebbe portato a un taglio del 15 – 18% dello stesso). Qualsiasi sia il giudizio sull’operazione (il mio, ad esempio, è che sia stata disastrosa sia per il basso incasso che per la storia successiva di Telecom, banche, assicurazioni …) non si può dire fosse priva di logica: gli oneri finanziari di gestione erano spesso diventati insostenibili e i capitali per gli investimenti necessari per entrare nella fase postindustriale erano disponibili sul nuovo mercato finanziario globale.

Ma questa volta? Il ministro Saccomanni dice che potrebbero arrivare subito 500 milioni di euro: cioè abbattiamo il debito dello 0,00025? E gli altri soldi, li troviamo con la “spending review”? Cioè, tagliando le spese correnti “non essenziali”, magari quelle dei Comuni che già l’hanno scorso hanno lasciato sul campo 15 miliardi di euro, mentre qualcun altro (e non erano le Province …) ne spendeva 41 in più, portando il saldo netto a + 26, quasi il 4% di incremento sull’anno precedente?

Scriveva Seneca duemila anni fa: “Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa in quale porto vuole approdare”. Possibile che nemmeno in questi frangenti si possa uscire dalla demagogia da tre soldi al kilo pensando solo a “sfangarla” nelle prossime ore, nemmeno nei prossimi giorni?

Prima di rendere scalabile l’Eni, cedendo per un paio di miliardi un po’ di quote di una società che non è dell’Italia, che è l’Italia in gran parte del mondo e che distribuisce questa stessa cifra ogni anno in dividendi, vorranno lor signori farci conoscere il ragionamento che hanno fatto in merito, quali sono i risultati che attendono, come pensano di arrivarci? La sensazione di essere in mano a sciagurati che vendono l’auto per pagarsi la benzina è veramente forte.

Scrivo queste righe al termine di una inconcepibile maratona per approvare il bilancio del Comune di Milano, quasi cento ore per portare ad approvazione un bilancio preventivo 2013 facendo finta di non essere a novembre e solo grazie al pragmatismo e alla resistenza fisica della parte femminile della Giunta Pisapia, guidata dall’inflessibile Balzani, che con le altre colleghe ha fatto sentire almeno me un infingardo imboscato, perché non mi hanno voluto in aula per più di qualche decina di minuti.

È terribile pensare che le energie che qui a Milano costituiscono la speranza di un nuovo rilancio vadano sprecate politicamente in questo modo mentre sta iniziando l’ultimo giro di orologio delle partite “vere” che determineranno il volto dell’Europa e del mondo per molti anni e, soprattutto, i prossimi anni della nostra vita quotidiana.

 

Franco D’Alfonso

 



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