24 luglio 2013

CITY MANAGER E URBAN MANAGER: PRESENTE E FUTURO


Quello che non solo a Milano ma in molte città italiane chiamiamo City Manager altro non è che il direttore generale di una volta. Si è fatto un passo avanti? No. Si è solo rincorsa la moda di chiamare in inglese le cose. Ma chi è e cosa fa il City Manager (direttore generale)? “Il direttore generale sovrintende all’organizzazione e alla gestione del Comune, con lo scopo di attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo, secondo le direttive impartite dal sindaco” (Regolamento del Comune di Milano), il capo della burocrazia.

Un avvicendamento di persone in questo ruolo offre l’occasione o per un ripensamento sia sui suoi ruoli che sui rapporti tra burocrazia e governo politico della città. Quanto alla burocrazia non c’è nulla da aggiungere all’articolo di Michele Ainis sul Corriere della Sera di venerdì scorso dal titolo “La confusione e le inefficienze”: mai descrizione della burocrazia e dei suoi poteri fu più esplicita e spietata. Una circolare ministeriale può pesare più di una legge e soprattutto il suo autore non ne paga mai la responsabilità politica. Quello che riguarda il Governo centrale riguarda anche l’amministrazione locale: una “determina dirigenziale” (*) può pesare più di una delibera di Giunta o di Consiglio e anche in questo caso il suo autore non ne paga la responsabilità politica.

Le determine dirigenziali assunsero un ruolo fondamentale con l’entrata in vigore delle leggi Bassanini che separavano i ruoli politici da quelli amministrativi, assegnando ai politici i poteri di indirizzo e alla burocrazia i poteri di attuazione con le collegate responsabilità giuridiche. Come molte leggi anche le “Bassanini” non tenevano conto della realtà del Paese e soprattutto della cultura burocratica italiana. Quest’ultima non è che non sia oggetto di cure da parte dei vari Governi o degli enti locali: ci sono commissioni ministeriali che se ne occupano, definendo ruoli e sistemi organizzativi, soprattutto per adeguarla ai nuovi strumenti informatici oggi disponibili ma sempre evitando accuratamente di affrontare il problema dei rapporti tra quest’ultima e la classe politica. La questione diventa ancora più complessa se la si esamina dal punto di vista delle cosiddette “semplificazioni”.

Abbiamo avuto ministri addetti alla partita, dipartimenti della Presidenza del Consiglio, tavoli, gruppi di lavoro: tutto inutile. La burocrazia, che avrebbe dovuto pagare il prezzo più alto per queste riforme, ha dimostrato la sua invincibilità. Semplificare vuol dire riorganizzare e, come prima obiettivo inevitabile, ridurre il personale. Quale mai casta si auto ridurrebbe i privilegi da sé sola se non col coltello alla gola? Alla burocrazia il coltello alla gola non lo può mettere nessuno a cominciare dal fatto che esistono le “piante organiche” (**) stabilite da apposite norme ma soprattutto tutelate in maniera ferrea da accordi sindacali (***). In questa situazione ogni reale intervento sulla burocrazia è pressoché impossibile soprattutto in presenza di Governi deboli e di coalizione, dove i partiti sono subalterni alla burocrazia stessa. I risultati li vediamo quotidianamente nella gestione di tutte le attività amministrative, per di più in un contesto legislativo inondato da leggi, leggine, decreti, circolari che ci pongono in testa alla classifica mondiale per quantità di produzione legislativa (prevalentemente inutile e incomprensibile) e dunque affidati al “buon volere” della burocrazia e degli indispensabili legali.

Che potrà dunque fare il nuovo City Manager se non gestire l’esistente? Dare altro contenuto al suo ruolo? Eppure qualcosa di nuovo ci sarebbe: diventare l’Urban Manager, l’uomo dell’urbistica milanese. L’urbistica è una disciplina nata nel 1986 al CREM (Centro ricerche energetiche) di Martigny e si è sviluppato nei Paesi francofoni – Francia, Svizzera e Canadà – ma ora viene coltivata da tutte le grandi metropoli del mondo. Sommariamente si tratta di concepire la città come un sistema complesso (ma anche un sistema esperto) fatto di edifici, strade, piazze ma anche di reti fisiche – elettricità, acqua, fogne, cablaggi, trasporti … – e di cittadini e loro organizzazioni politiche e sociali: un sistema che deve essere gestito unitariamente e in maniera integrata.

Ė quello che i tecnici chiamano un approccio sistemico. In parole povere gli urbisti partono da un’idea di fondo: gli eletti e con loro chi gestisce la città hanno (o meglio dovrebbero avere) l’obiettivo di fornire agli abitanti e alle imprese le risorse e i servizi essenziali al buon funzionamento delle attività urbane. Tutto questo deve coniugarsi con una buona qualità della vita, con una forte attenzione ai problemi ambientali e di risparmio delle risorse non riproducibili, a cominciare dal suolo. L’obiettivo sotteso a tutto questo è di rendere la “macchina città” affidabile e sicura: sicura da tutti i punti di vista. Affidabile e sicura vuol dire che non rischio di morire in un’ambulanza imprigionata nel traffico, che in agosto non ho black-out elettrici per il sovraccarico dovuto ai condizionatori, che i lavori stradali sono gestiti in modo da dare il minimo di fastidio, che una piccola epidemia di influenza non fa collassare il sistema sanitario, che i sistemi informatici della pubblica amministrazione non vadano in tilt, che i dati di informazione sulla città siano raccolti sistematicamente e con programmi che possano integrarsi reciprocamente.

Vuol dire pensare a dei bypass per ogni importante funzione. Vuol anche dire che la città va osservata attentamente nei suoi cambiamenti sociali per evitare le emergenze (a meno che non le si voglia cavalcare), anche quelle sociali come la movida o i campi Rom. Vuol dire accorgersi che gli alloggi degli studenti mancano prima che il mercato nero degli affitti li strangoli. Vuol dire avere un programma di comunicazione e di informazione permanente con i cittadini, scambiare buone pratiche, competenze, formazione, coinvolgimento degli attori singoli e collettivi della vita della città. Vuol dire conoscere, integrarsi e approfittare di tutte le tecniche e di tutti i saperi ormai diffusi ma separati come sono separate e spesso contraddittorie le attività della pubblica amministrazione.

Vuol dire capire che ogni atto della pubblica amministrazione, ogni attività dei cittadini e delle imprese ha ricadute su tutto quel che le circonda e non solo fisicamente, capirne le interconnessioni e governare il tutto. Nei Paesi che dell’urbistica hanno fatto uno strumento di crescita stabile e ordinata, questa competenza è affidata a quello che loro chiamano City Manager, che non è il nostro. Vogliamo pensarci anche Milano? Lo chiameremo Urban Manager.

Luca Beltrami Gadola

*) La determinazione è un atto amministrativo monocratico, attraverso il quale si esplica la volontà del dirigente/responsabile del servizio dell’ente, legittimato ad adottarla, sulla base del regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, nonché del piano esecutivo di gestione del comune. Le determinazioni dirigenziali sono state introdotte nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, che, agli articoli 3, 16 e 17, definiva le attribuzioni dei dirigenti assegnandogli “la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”.

**) La “pianta organica” è il documento che in ogni realtà operativa definisce il numero degli addetti e le relative qualifiche del personale chiamato a svolgere una specifica attività.

***) Vi è l’obbligo di consultare le organizzazioni sindacali prima di definire, in base alla verifica degli effettivi fabbisogni, la consistenza e le variazioni della dotazione organica; si tratta di un obbligo espressamente previsto dall’art.6 del D.Lgs.165/2001 e dall’art.7, comma 4, del CCNL dell’1.4.1999, secondo il quale “la consultazione è altresì effettuata nelle materie in cui essa è prevista dal D.Lgs.29/93” (rinvio che oggi deve intendersi riferito al D.Lgs.165/2001).



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