13 marzo 2012

MILANO CON LE CASSE VUOTE PENSI AI FONDI EUROPEI


Ottime opportunità sono in vista per le città per effetto delle riforme in corso dei Fondi Strutturali europei e in particolare del FESR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020. La Commissione Europea sembra infatti oggi ascoltare e dare una importante attuazione a una richiesta – da tempo sul tavolo politico e istituzionale, almeno dal 1998 – di privilegiare le città come principali depositari di una progettualità effettiva e principali potenziali beneficiari di politiche di supporto pubblico a causa del loro ruolo cruciale per il perseguimento degli obiettivi europei di competitività e di sostenibilità.

Con la sua proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente il FESR del 6.10.2011 (COM(2011)614definitivo, 2011/0275(COD)), ripresentato in versione ormai definitiva due settimane fa a un Forum apposito a Bruxelles, la Commissione propone alcune novità sostanziali alle procedure e ai contenuti del suo intervento a supporto della coesione economica, sociale e territoriale, che aprono opportunità importanti per le nostre città, grandi e medio-grandi, non solo nel Mezzogiorno. Per Milano si tratta di una occasione da cogliere, direi da subito.

Di che si tratta? Nel quadro dei grandi obiettivi europei indicati dal rapporto Europa 2020 – smart, sustainable and inclusive growth – e in particolare “nel quadro dello sviluppo urbano sostenibile, è considerato necessario sostenere azioni integrate per affrontare i problemi economici, ambientali e sociali delle zone urbane e definire una procedura per stabilire l’elenco delle città beneficiarie di tali azioni e la dotazione finanziaria a esse destinata.” (punto 7 delle considerazioni iniziali del Regolamento).

Le proposte concrete sono tre, indicate negli articoli 7- 8 – 9.

Innanzitutto l’art. 7: “Il FESR sostiene, nell’ambito dei programmi operativi, lo sviluppo urbano sostenibile per mezzo di strategie che prevedono azioni integrate (…). Ciascuno Stato membro stabilisce nel proprio contratto di partenariato un elenco di città in cui devono essere realizzate le azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile e la dotazione annua indicativa destinata a tali azioni a livello nazionale. Almeno il 5% delle risorse del FESR assegnate a livello nazionale sono destinate ad azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile delegate alle città per essere gestite per mezzo degli investimenti territoriali integrati”.

Le parole importanti sono tre: azioni integrate, che implicano progetti complessi che toccano assi prioritari differenti; la definizione di un elenco di città (300 in Europa, massimo 20 per i grandi stati membri, individuate con i criteri della popolazione e della esistenza di una strategia per azioni integrate); e azioni “delegate” alle città, attraverso procedure esterne ai Programmi Operativi Regionali, immagino del tipo delle “sovvenzioni globali”, esistenti ma poco praticate. La Commissione, attraverso la programmazione nazionale, si rivolge direttamente alle città! È una vittoria di quanti hanno sempre appoggiato il ruolo delle città nella programmazione dei Fondi Strutturali, non solo per obiettivi di efficienza amministrativa e di efficacia progettuale, ma anche per limitare l’emergente “centralismo” regionale.

Per le regioni avanzate, fra cui la Lombardia, gli ambiti sostenuti dal FESR sono imperativamente definiti: almeno l’80% delle risorse devono andare a progetti di efficienza energetica, energie rinnovabili, innovazione e competitività delle piccole e medie imprese; non si possono finanziare “infrastrutture che forniscono servizi di base ai cittadini nei settori dell’ambiente, dei trasporti e delle TLC” (art. 4 c.1).

In secondo luogo, all’art. 8: “La Commissione istituisce una piattaforma per lo sviluppo urbano al fine di promuovere lo sviluppo di capacità, la creazione di reti tra città e lo scambio di esperienze sulla politica urbana a livello dell’Unione nei settori attinenti alle priorità d’investimento del FESR e allo sviluppo urbano sostenibile”. Si tratta di progetti soft, nel capacity building diffuso, nella costruzione di reti di cooperazione internazionale e nello scambio di buone pratiche; le città della piattaforma sono definite come sopra.

Infine all’art. 9: “Su iniziativa della Commissione, il FESR può sostenere azioni innovative nel campo dello sviluppo urbano sostenibile, entro il limite dello 0,2% della dotazione totale annua del FESR. Tali azioni comprendono studi e progetti pilota diretti a identificare o sperimentare nuove soluzioni a problemi relativi allo sviluppo urbano sostenibile che abbiano rilevanza a livello di Unione”. Si tratta di un utilissimo sostegno a studi e progetti pilota innovativi e avanzati, su cui la Commissione riceve una delega in tema di definizione delle necessarie procedure di selezione e realizzazione. In deroga alle limitazioni tematiche sopra indicate per le regioni avanzate, le azioni innovative possono riguardare l’intero spettro degli obiettivi e dei temi ammessi al supporto FESR (art. 9 c. 2).

Si tratta, come si può facilmente arguire, di opportunità rilevanti che si aprono alle città italiane e a Milano in particolare: essa farà certo parte del pacchetto di città ammesse e dovrebbe fin da ora avviare una riflessione su un grande progetto per ciascuno degli ambiti (i tre articoli citati) in cui si manifesteranno le nuove opportunità. Tutte le città italiane (per le più piccole, si potranno facilmente utilizzare i fondi delegati ai Programmi Regionali) dovrebbero avviare rapidamente questa riflessione, vista la già forte chiarezza normativa, in modo da essere pronte alla presentazione dei progetti nei primi mesi (e non negli ultimi anni, come è sempre accaduto) del nuovo periodo di programmazione.

 

Roberto Camagni*

 

*ordinario di Economia Urbana al Politecnico di Milano



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