7 marzo 2012

EXPO 2015, OCCUPAZIONE GIOVANILE, PRECARIATO E GLOBALIZZAZIONE


Ci può essere un nesso fra le parole Expo 2015, occupazione giovanile, precariato e globalizzazione. Expo 2015, mentre persegue il suo scopo istituzionale, ha degli effetti secondari di cui tutti parlano: concentrare nel milanese investimenti di capitali pubblici e privati per la realizzazione di opere pubbliche; indurre, per poco più di sei mesi, un movimento turistico verso Milano; promuovere, per qualche anno, l’immagine di Milano nel mondo; lasciare alla città un’area urbanizzata da riusare per parco, edilizia sociale, sede RAI e altro (come sarà deciso dal Comune).

Expo 2015 può avere anche altri effetti secondari, di cui si parla poco, ma molto importanti: informare la popolazione italiana, in particolare i giovani, sui problemi dell’alimentazione globale, nel contesto dello sviluppo sostenibile, e, soprattutto, contribuire alla formazione di una giovane generazione di ricercatori e studenti lombardi/italiani come parte, competente e consapevole, della classe dirigente della globalizzazione. Questi due effetti sono già indicati, con altre parole, come obiettivi del protocollo d’intesa Expo/Università Lombarde del dicembre 2010.

Penso che sarebbe bello, per i giovani lombardi, se Milano investisse una piccola parte delle sue risorse economiche e di lavoro per conseguire anche il secondo obiettivo “contribuire alla formazione di giovani come parte della classe dirigente della globalizzazione”. Nel medio lungo periodo (quello che interessa i giovani; si tratta dei prossimi quaranta anni della loro vita lavorativa, prima della lontana pensione), sarebbe, il risultato più importante per la città e la regione. Il perché è ovvio. Per i giovani milanesi / lombardi / italiani, come noto, finché dura la differenza di salari e stipendi con i paesi emergenti, l’obiettivo, nei settori esposti alla concorrenza internazionale, è occuparsi nell’innovazione economica, tecnologica, ambientale. Si tratta di ridurre il precariato aumentando l’occupazione in ruoli “dirigenti” nella gestione della globalizzazione e in ruoli “intelligenti/competenti” nella concorrenza all’interno dei mercati globali.

Si tratta, come si sa, di un processo di lungo periodo, che accompagnerà le trasformazioni globali fino a quando saranno trovati nuovi equilibri nella distribuzione del reddito fra i diversi paesi del mondo e nella corrispondente divisione del lavoro. Il ruolo dirigente va trovato (come direbbe ogni persona di buona coscienza) nel contesto di uno sviluppo globale democratico, condiviso, cooperativo, equo, solidale e sostenibile (credo di aver messo tutti gli aggettivi giusti).

Cosa conviene fare? L’Università lombarda potrebbe fare tre cose, in collaborazione con Expo. Potrebbe proporre in tutte le sue sedi studi specialistici e pluridisciplinari sull’alimentazione nel mondo, i suoi aspetti agroforestali, economici, legali (commercio internazionale), ecologici (impronta ecologica), paesaggistici (conservazione dei paesaggi e gestione delle loro trasformazioni), ecc. C’è già chi lo sta facendo. Si tratta di diffondere queste attività. Potrebbe organizzare gruppi di studio di ricercatori e studenti che, in parallelo ai funzionari di Expo, lavorino alla costruzione di una rete di rapporti internazionali (con le università degli altri paesi, ma non solo) che affianchi, alla comunicazione fatta da Expo, un’attività di ricerca e progetto finalizzata alla programmazione dello sviluppo sostenibile. Potrebbe esporre una sintesi di lavori e proposte a Expo 2015.

Il lavoro di giovani ricercatori e studenti su questi temi avrebbe un impatto rilevante sulla loro formazione e la rete di contatti avrebbe un impatto rilevante sulla loro capacità operativa (con effetto analogo a quello del programma di cooperazione universitaria Erasmus). Per far questo non servono organizzazioni complesse e gerarchizzate, ma solo una sana collaborazione del mondo universitario, degli enti locali, di Expo e degli altri enti in vario modo coinvolti nella cooperazione internazionale.

Docenti e amministratori delle università dovrebbero assumere iniziative, nella didattica e nella ricerca, per perseguire questo fine. Gli enti locali ed Expo 2015 dovrebbero collaborare con l’università per costruire questa rete di studi, e per facilitare i rapporti internazionali. Anche il mondo associativo istituzionale (CCIAA, …) e privato (Organizzazioni del terzo settore: onlus, ong, ecc.) potrebbe dare una mano. Potrebbe essere l’occasione buona per ridare vita a una bella frase romantica “che cento fiori fioriscano, che cento scuole gareggino” usando mezzi diversi da quelli (tragici) impiegati nella versione originaria.

 

Marcello De Carli

 

 



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