28 febbraio 2012

MILANO. LA POLITICA DELLA DECRESCITA


Le due materie in questi giorni in Consiglio Comunale, PGT e Bilancio, sono tra le poche che vedono il Consiglio stesso nel pieno dei suoi intoccati residui poteri. Non è un caso perché di urbanistica e di bilancio una città può semplicemente sopravvivere, morire o prosperare. Ho detto prosperare e non “crescere” non a caso.

Da tempo guardo con sempre maggior attenzione, direi simpatia, al dibattito intorno alla decrescita felice, quella propugnata da Serge Latouche, che, pur con il suo fondo di utopia, affronta i problemi del mondo cercando di costringerci a ragionare senza comodi sotterfugi o inutili ottimistiche fughe in avanti. Il termine decrescita non deve spaventare perché decrescere non vuol dire mettere indietro le lancette dell’orologio ma come prima cosa avere un atteggiamento “parsimonioso” nei confronti dei beni non riproducibili. Acqua, aria e suolo in primo luogo. Il PGT in discussione, redatto in pratica con l’accoglimento selettivo delle osservazioni – e per questo non del tutto soddisfacente, – va nella direzione dell’assoluta parsimonia nell’uso del suolo.

Partendo da questo principio possiamo cominciare a ragionare sulla città e sul suo futuro possibile. Ma perché collegarlo non solo temporalmente al dibattito sul bilancio? Perché passata la terribile nottata del turare i buchi ereditatati dalla gestione Albertini-Moratti e dello strangolamento dello Stato, avaro soprattutto con le amministrazioni locali, quando sarà tornato un minimo di equilibrio e si potrà parlare di allocazione delle risorse frutto di scelte politiche e non di pistole puntate alla nuca, potremo parlare anche nel bilancio comunale di decrescita felice.

Tanto per cominciare abbandonare per sempre le operazioni finanziarie del tipo derivati e simili che sono fatte solo per fare radicare la finanziarizzazione di qualunque attività umana, strategia che sta agli antipodi della decrescita felice, ma invece gestire quel poco che ci rimarrà di aziende partecipate e/o possedute privilegiando il benessere dei cittadini rispetto alle sottili alchimie di bilancio, agli interessi personali di reddito dei Consigli di amministrazione e a quello che è stato costantemente uno dei più insidiosi leitmotiv degli ultimi anni: voler essere di esempio agli altri. Questa è una frase che non vorrei proprio più sentire sulla bocca dei politici, degli amministratori locali e di chiunque si occupi dei beni della collettività o di servizi pubblici, così come non vorrei più sentir parlare di eccellenze delle attività che si svolgono nella nostra città, non perché non ve ne siano – sta agli altri giudicare – ma perché spesso sono una rivendicazione tesa a giustificare altre e più importanti manchevolezze: la gara a realizzare l’edificio più alto a Milano non può far da contrappeso ai quartieri più degradati. PGT e bilancio si misureranno anche con la prossima scadenza pubblica della nostra città: l’Expo 2015.

Il tema “Nutrire il pianeta, energie per la vita” ormai sembra un pallido ricordo, peccato, abbiamo perso una grande occasione col ripiombare in pieno ottocento: qui sì si sono rimesse indietro le lancette dell’orologio. Gi strumenti di governo del territorio ci garantiscano un uso ragionevole delle aree per il dopo, il bilancio del Comune sia difeso dal faraonismo di qualche leader politico e dagli sprechi dell’inefficienza. La decrescita, sorella di latte della parsimonia, non ci impedirà di certo di fare un’Expo che lasci un segno importante nella storia della città: se fosse un segno “eccellente” per una volta non mi ribellerei per l’abuso di questa parola, a patto che la città non dimentichi una della sue più nascoste ma fondamentali virtù: la parsimonia.

 

Luca Beltrami Gadola

 



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