13 settembre 2011

Scrivono vari 14.09.2011


Scrive Luca Marescotti a Luca Beltrami Gadola – La cronaca sul caso Penati richiederebbe ancora altri commenti che riguardano l’etica e la questione morale. Circola troppo spesso una voce dietro le cucine delle feste democratiche che suona la vecchia musica del così fan tutti. La questione non è tanto “colpevole o innocente”, “lo ha fatto per sé o per altri”, e poi per il partito?, ma come e che cosa ne avrebbe guadagnato il partito inseguendo la destra. Credo che il “costo della politica” non sia soltanto quanto la politica chiede per mantenere i suoi esponenti e i suoi giochi, ma anche quanto questi costano alla politica in termini di perdita di consenso, di credibilità e quindi e di fiducia: come posso votare per coloro che non stimo?

La questione di fondo per la politica, e per la politica del territorio, riguarda il modo con cui si ritiene che il territorio e tutte le sue risorse non appartengano a quel complesso di beni comuni, che non debbano essere lasciate a un destino indiscutibile, indicibile, segreto, mentito. L’accentramento decisionale diviene strumento per manipolare i patrimoni comuni e appropriarsene. Le risorse territoriali debbono al contrario appartenere a un processo democratico, trasparente di pianificazione. Gli obiettivi sono o meglio potrebbero essere chiari, se inquadrassimo le trasformazioni territoriali in un’ottica di capacità e di sostenibilità sociale, economica e ambientale.

Noi ci siamo abituati con la legge per il governo del territorio alla menzogna e all’ipocrisia, dichiarando che la VAS deve orientare il piano, mentre nei fatti è il piano a orientare la Vas, per non dire di come sia riduttivo l’approccio all’ambiente e alle opere pubbliche: altro che quadro unitario della pianificazione. L’urbanistica senza questi orientamenti derivanti da una lettura interdisciplinare delle risorse ambientali e costruita in un’ottica puramente locale, di false e devastanti competitività, ammette tutto. Basta dichiarare che le sorti saranno magnifiche e progressive, basta ripeterlo fino alla noia e tutti saranno convinti.

L’urbanistica non è guadagnare. Deve esistere una visione più ampia che quella implicita del tornaconto, delle mani sul territorio. Dom Franzoni scriveva che la terra è di Dio, noi oggi “dovremmo” affermare che la terra è di tutti. Noi non deleghiamo eleggendo una persona a carica pubblica (che sia consigliere, assessore, sindaco o presidente non importa) a trattare i beni pubblici come se fossero suoi, noi non “potremmo” ammettere che il territorio sia oggetto di baratti, di scambi, di mercimonio. Esiste una questione etica che chiede che i finanziamenti ai partiti siano dichiarati, trasparenti, perché vogliamo sapere chi sono i finanziatori. Il finanziamento non deve trasformarsi in incaprettamento

 

Scrive Massimo Gargiulo a G. Martinotti, P. Cafiero, M. Ponti – Il dibattito sull’abolizione delle Province, reso attuale dal decreto legge del 13 agosto e rilanciato, in termini apparentemente più cogenti, dall’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dell’8 settembre della proposta di legge costituzionale per la loro soppressione, rende indifferibile la questione della Città Metropolitana Milanese. Sembrano esserne consapevoli sia Giuliano Pisapia sia Guido Podestà se è vero che, dopo l’incontro tenuto a Palazzo Marino lo scorso 6 settembre, hanno dichiarato di voler creare le condizioni per arrivare nel 2016 alla costituzione della città metropolitana, come ente giuridico, con il coinvolgimento di tutti i sindaci dei comuni che ne faranno parte.

Per questi motivi trovo quanto mai opportuno il dibattito avviato da ArcipelagoMilano sul futuro del Decentramento della città di Milano con gli interventi di Guido Martinotti, Pietro Cafiero e Marco Ponti. Interventi che delineano un approccio al problema in linea con il monito espresso l’8 settembre da Palermo da Giorgio Napolitano a evitare improvvisazioni e generalizzazioni quando si affrontano questioni complesse come il riordino delle istituzioni.

Concordo con Martinotti quando afferma che l’obiettivo da perseguire dovrà essere la ricostruzione di un rapporto genuino, cioè veritiero ed efficiente tra la società comunale, l’amministrazione pubblica e il decisore politico. In questa chiave, come afferma Martinotti, la riforma del Decentramento costituirà l’occasione per ridisegnare il modo di fare politica nella nostra città.

Per fare questo, come afferma Pietro Cafiero, va definito il ruolo che dovranno avere i Consigli di Zona non soltanto per quanto riguarda le loro competenze locali, ma anche nelle decisioni e nelle strategie generali della città (metropolitana). Soltanto dopo averne fissate le competenze avrà senso decidere in quante zone deve essere diviso il territorio comunale e ridisegnare i confini secondo criteri che tengano conto anche di aspetti identitari, attingendo anche al lavoro fatto in sede di analisi per l’identificazione dei NIL (nuclei di identità locali). Il tutto tenendo conto della prospettiva della Città Metropolitana.

Temi, quelli sollevati da Martinotti, Cafiero e Ponti (quest’ultimo in riferimento alla mobilità urbana) che loro stessi invitano ad affrontare con cautela, senza retorica e senza residui ideologici, sollevando interrogativi più che pertinenti e mettendo in luce alcuni dei rischi da evitare. Da tutto ciò emerge che la costruzione della Città Metropolitana costituirà il vero e proprio banco di prova sul quale verranno misurate non soltanto la nuova amministrazione comunale milanese, ma anche quelle dell’area metropolitana e della Provincia di Milano.

 

Scrive Osvaldo Bonzio a Jacopo Gardella – Come sempre, ho apprezzato e condiviso quel che scrive. Recentemente ero passato in luogo e senza rendermi conto del perché – non sono architetto né nulla di analogo, pur condividendo il senso del bello che accomuna buona parte dell’Umanità – qualcosa aveva urtato i miei sensi della vista e della memoria. Ora ho capito. Ma – faccio una domanda da “semplice” cittadino: l’Amministrazione Comunale (non di Canicattì, con tutto il rispetto per Canicattì – ma di Milano), non può fare nulla per rimuovere questo degrado?

 

Risponde Massimo Cingolani a AON – Ringrazio Aon per aver illustrato la figura del broker, operatore che in un mercato assicurativo ingessato come quello italiano ha avuto il merito di essere un soggetto dell’innovazione, basti pensare alle prime polizze extented che negli anni ’70 introdussero le garanzie relative agli scioperi e al terrorismo fino ad allora esclusi. Ma la risposta fornita è decisamente tecnica, quando il mio intento era più politico.

Mi lascia perplesso che il Trivulzio faccia ricorso al cottimo fiduciario anche perché per beni e servizi il limite di spesa è di 206.000 Euro. Sarebbe interessante sapere se esiste un elenco fornitori, a cui ogni anno ci si potrebbe iscrivere, per permettere all’Ente di attingere appunto al sistema del cottimo fiduciario. Il codice che disciplina la materia ha chiarito bene che la procedura da seguire è quella negoziata (art. 3, comma 40 “il cottimo fiduciario costituisce procedura negoziata”): il cottimo è quindi una forma di esecuzione in economia del lavoro pubblico, pur se preceduto da una gara ufficiosa, riconducibile sostanzialmente alla nozione di procedura negoziata, secondo la cui disciplina non trovano a esso applicazione tutte le cautele previste per l`affidamento in appalto con i procedimenti c.d. tipici (è il caso della celebrazione di una gara ufficiosa con un numero minimo di offerte).

Non dimentichiamoci che stiamo parlando dell’ente che nella storia di questo paese sarà ricordato perché da lì partì “tangentopoli”. Quindi sarebbe opportuno, conoscere tutti questi aspetti. Spero che il prossimo CdA sia più attento. Credo sia più che legittimo che un privato, sia azienda o sia persona, si avvalga della figura che meglio ritiene opportuna per le proprie coperture assicurative, cioè agente, broker o gestione diretta. Ma un ente pubblico può promuovere e far ricorso alle competenze interne per la realizzazione di un capitolato per polizze assicurative, ed è questo che volevo sottolineare.

La provvigione, che nel linguaggio assicurativo continua a chiamarsi tangente provvigionale, è retrocessa da chi vince la gara, ma questo provoca una distorsione del mercato, perché penalizza nella gestione dei costi l’agenzia e ciò se è giustificabile nel mercato privato non lo è nel pubblico, proprio perché l’agente in quel caso agisce in due vesti: come operatore economico e come cittadino che paga le tasse, e gli agenti come anche i broker sono tra le poche categorie che le pagano interamente.

Comunque se il problema è la tangente provvigionale del 7%, allora l’intermediario la potrebbe retrocedere in maniera trasparente, come sconto di flessibilità direttamente all’ente. Non sarebbe la prima volta che si rinuncia a una parte del compenso per poter scendere sotto la tassazione tecnica e favorire un ente pubblico. Penso che in questo caso anche i dirigenti di AON in quanto cittadini ne sarebbero contenti. Ma mi rimane un dubbio, se come dite il compenso è a carico delle compagnie o degli agenti, come funziona il cottimo fiduciario? Come funziona il sistema nel caso di gare andate deserte?

Per quanto riguarda Paolo Arnaboldi Brichetto non è più operativo da quando su questa testata comparve un altro articolo sulla AON e le polizze del Comune di Milano, mi fa piacere che l’Ufficio Comunicazione legga ArcipelagoMilano. Mi scuso per il ritardo nella risposta ma per un problema tecnico ne sono stato informato solo ora.

 

Risponde Massimo Cingolani a Daniele Borroni – Sono d’accordo con quanto sostiene Borroni, infatti il mio intervento voleva sottolineare il fatto, che anche per le polizze, si potrebbe valorizzare le competenze interne all’istituzione ed è proprio perche volevo evidenziare questo aspetto, che non mi è interessato specificare che il Cda è surrogato dal commissario. Mi scuso per il ritardo nella risposta ma per un problema tecnico l’ho vista solo adesso.



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