7 giugno 2011

musica


 

PIANISTI IN DOPPIA COPPIA

I giornali li avevano annunciati, ma non si era capito bene se come fenomeno antropologico o come evento musicale, fatto sta che la curiosità ha preso il sopravvento e abbiamo voluto andare a capire di che si trattava. Immaginate dunque qualche sera fa, al Conservatorio per le Serate Musicali, un concerto eseguito da un gruppo di quattro giovanissimi pianisti composto da due coppie di gemelli omozigoti per cui due a due identici: i due fratelli De Stefano – venticinquenni calabresi, piccoli di statura, stessi occhiali, stessa chioma nera corvina – e le due sorelle Tatievskaya, ventitreenni, russe, piccoline anche loro, ma biondissime e molto carine. Le cronache dicono che si sono conosciuti a un concorso in nord Europa (ovviamente per pianisti in coppia) e si sono innamorati fra loro, simmetricamente, così da diventare due “coppie” anch’esse gemelle, perfettamente … confondibili fra loro!

Il primo tempo del concerto (Brahms e Liszt) ha visto protagonisti i due De Stefano, su due pianoforti, con le partner che voltavano loro le pagine; nella seconda parte (Smetana e Tchaikowskij) i due pianoforti sono stati suonati ciascuno a quattro mani e più precisamente i due ragazzi su uno e le due ragazze (che nel frattempo avevano cambiato d’abito, passando dal corto al lungo e trasformandosi in dive) sull’altro.

Sarebbe ovviamente serio parlare della musica che hanno eseguito e dell’interpretazione che ne hanno dato, ma per più di una ragione non è facile. Cominciamo dal programma, che vedeva un unico brano scritto espressamente per due pianoforti a otto mani (la Sonata in mi minore di Smetana) mentre tutti gli altri pezzi erano trascrizioni poco felici di opere con tutt’altre origini, la cui riduzione al pianoforte per quattro o per otto mani, come sempre discutibile, è risultata assai poco godibile. Poi diciamo degli esecutori (più brillanti le ragazze, i ragazzi un po’ acerbi, forse intimiditi, forse in difficoltà per la presenza delle fidanzate) che nell’insieme non hanno dato prova di grande maturità musicale a dispetto dei diversi premi vinti e dei rispettabilissimi curricula.

Ne parliamo dunque non tanto per analizzare i contenuti musicali del concerto, quanto per dirvi lo sconcerto (ci si perdoni il gioco di parole) nell’assistere a uno spettacolo che aveva nel sottofondo qualcosa del circo; ma – così come al circo si finisce per provare simpatia per i leggendari mimi e i fantastici acrobati – anche in questo caso si sentiva molta tenerezza nel vedere e nell’ascoltare questi ragazzi di cui era evidente sia l’impegno che la fierezza. Non si poteva fare a meno di riflettere su quelle quattro adolescenze consumate nello studio e sacrificate per inseguire un improbabile successo, ma anche sulla perversa attrazione esercitata dalla quella stravagante situazione. Neppure si poteva fare a meno di immaginare, sia pur vergognandosene, quei curiosi innamoramenti tanto intimamente mescolati alla professione e così spettacolarmente esibiti; mentre tutto ciò, ovviamente, nuoceva non poco al godimento della musica, era fuorviante, distraente, in fondo fastidioso. Un fastidio che, sommandosi alla modestia della esecuzione, ci ha spinto a lasciare la sala – confessiamolo, un po’ villanamente – senza attendere la conclusione del concerto.

Ma anche la musica che abbiamo ascoltato era deludente! La Sonata in fa minore di Brahms ha una storia molto complicata: scritta inizialmente per Quartetto d’archi, si era rivelata molto fragile, tanto che fu riscritta dallo stesso autore come “Sonata per due pianoforti”, ma purtroppo con scarsissimo successo (persino l’amata Clara, vedova di Schumann, non l’aveva affatto apprezzata). Così fu ancora ripensata, scritta nuovamente e finalmente è diventata quel “Quintetto per pianoforte e archi” grande capolavoro che oggi conosciamo ed amiamo. Dunque quella musica che abbiamo nelle orecchie nella sua versione finale – con i cinque strumenti che dialogano fra loro ritornando ciclicamente sul famosissimo tema e variandolo di continuo, con grande ricchezza di timbri e di molteplice qualità emotiva – ci viene proposta nella sua sfortunata edizione precedente, monocolore e sbiadita, totalmente priva di fascino. Che senso ha?

Ho proprio l’impressione, cari ragazzi, che convenga – sia per voi che per noi – dividervi professionalmente e cercare ciascuno la propria strada di concertista, solo o in complessi da camera, senza dover fare salti mortali alla ricerca di improbabili repertori che tengano insieme le vostre otto mani! Capiamo bene che suonare tutti e quattro insieme possa divertirvi, ed anche che possiate attrarre la curiosità del pubblico, ma state attenti perché correte il rischio di sembrare delle scimmiette ammaestrate!

 

Musica per una settimana

* giovedì 9, venerdì 10 e domenica 12, all’Auditorium, l’orchestra Verdi diretta da Xian Zhang conclude la stagione con un programma tutto americano: due Concerti per clarinetto e orchestra (uno di Aaron Copland, l’altro di Artie Shaw, clarinetto Martin Fröst) e le Danze Sinfoniche della West Side Story di Leonard Bernstein incorniciate da due capolavori di George Gershwin: Un americano a Parigi e Porgy and Bess, quest’ultimo ridotto in una Synphonic Picture da Robert Russel Bennet

* giovedì 9, sabato 11 e lunedì 13 alla Scala Romeo et Juliette di Charles Gounod, diretto da Yannick Nézet-Séguin, prodotto dal Festival di Salisburgo

* domenica 12, martedì 14 e mercoledì 15, sempre alla Scala, l’orchestra Filarmonica diretta da Nicola Luisotti esegue il primo Concerto per pianoforte e orchestra opera 23 in si bemolle maggiore di Tchaikowskij (al pianoforte Alexander Toradze) e la quinta Sinfonia di Prokofe’v opera 100 in si bemolle maggiore

* domenica 12, alle 20,30 in via Brera 28 (al Museo astronomico – Orto botanico) un concerto diretto da Vanni Moretto con quattro Sinfonie settecentesche: due di William Herschel (n. 12 e n. 24), una di Wenzel Pichl (la “Uranie” in mi bemolle maggiore) e una (la “Merkur”, anch’essa in mi bemolle maggiore) di Franz Josef Haydn

* lunedì 13 al Conservatorio per le Serate Musicali, concerto del pianista Mikhail Lidsky in un programma interamente dedicato a musiche di Ferenc Liszt

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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