31 maggio 2011

MILANO CIVICA X PISAPIA: LA STORIA DI UN CASO


Massimo Cacciari resta inarrivabile: pur di non ammettere di avere preso l’autostrada al contrario e che le migliaia di auto che gli vengono incontro non sono scriteriati che non hanno capito che la direzione di marcia giusta è per definizione quella che prende lui, è riuscito a commentare il trionfo di Giuliano Pisapia dicendo che se si fosse seguita la sua strada (votare Albertini, per chi non lo ricordasse) si sarebbe vinto al primo turno. Più prudenti, gli analisti della venticinquesima ora hanno scoperto che Pisapia tutto sommato non era esattamente un estremista che non parla a un pezzo di città e il Corrierone scopre, dopo mesi di silenzio sul tema, che il Comitato del 51% messo in piedi da Piero Bassetti e, lasciatemelo dire, dallo staff di Giuliano Pisapia, non era una lista di firmaioli di professione, ma un’altra delle vele messe in arma dall’operazione politica che si sviluppava sotto gli sguardi prima di sufficienza, poi di scetticismo infine di stupore di tanti soloni del mondo politico-mediatico e che è servita a intercettare un altro pezzo di società milanese in movimento.

Ma la concitazione di questi giorni, prima febbrili poi trionfali, ha finito per nascondere anche ad analisti attenti e puntuali una delle principali novità di questa tornata elettorale: il successo della lista “Milano Civica x Pisapia”. Quasi 24 mila voti, due consiglieri, donne, elette con Pisapia sindaco, la più alta percentuale di preferenze espresse (8.600, quasi il 40% del totale consenso), punte di consenso nelle zone centrali e semicentrali della città vicine al 10%, il tutto ottenuto con 48 candidati completamente sconosciuti al circuito politico-mediatico, meno di 40 mila euro di budget interamente autofinanziato, assemblata e messa in pista quarantacinque giorni prima del voto.

Solo per indicare un termine di paragone, la lista Moratti teoricamente speculare pur essendo guidata da due importanti assessori, con 1 milione di euro di budget donati da Letizia, ha ottenuto la metà dei consensi e un eletto, mentre l’apporto dei suoi candidati “civici” è ben rappresentato dalle 36 preferenze di Ornella Vanoni, servite solo per assicurarle l’ennesimo titolo a nove colonne sul Corriere della sera.

Eppure analizzare questo successo, senza particolare enfasi, potrebbe servire a capire qualcosa di più del “fenomeno Pisapia”. Attraverso la “breccia di Pisapia”, infatti, fin dalle primarie sono arrivate o ritornate alla partecipazione civile e politica prima centinaia poi migliaia di persone, in grande maggioranza donne, provenienti dai “mondi” che costituiscono Milano, dalle professioni alla scuola, dai nuovi italiani all’associazionismo, hanno deciso di “metterci la faccia”e l’impegno non tanto e non solo per una voglia di riscatto sociale e politico, ma come senso del dovere “civico” nei confronti della propria comunità, vedendo in Giuliano Pisapia un candidato in grado di comprenderne portata e significato.

Donne e uomini di successo tipicamente milanese, che vuol dire fare bene il proprio lavoro, curare famiglia e affetti restando “schisci”, lontano dai riflettori per cultura e non per ritrosia. Sono quelle stesse persone che si incontravano magari alle letture di Dante di Sermonti oppure ad ascoltare oratori emeriti alle riunioni del “Manifesto per Milano”, almeno fino a quando comparve il sindaco Moratti come un Ufo a dire che era “completamente d’accordo” con le critiche che le venivano rivolte.

Capire cosa ci sia oltre la già salutare in sé immissione di una cinquantina di nuovi protagonisti della vita politica cittadina non sarà un esercizio inutile per nessuno, credetemi.

Franco D’Alfonso

 



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