10 maggio 2011

LA VITTORIA DEL MARKETING SULLA POLITICA


L’impressione è che, nella campagna in corso a Milano per l’elezione del Sindaco e il rinnovo del Consiglio comunale, sia tornato prepotentemente in auge il manifesto con il faccione della candidata o del candidato bene in vista. Nelle ultime elezioni comunali non era andata così. Dove abito, zona Città Studi, 5 anni fa, i manifesti restavano al loro posto anche per giorni. Quest’anno, invece, cambia ogni notte la carrellata di volti esposti al giudizio estetico dei potenziali elettori. Praticamente scomparso l’invio postale di santini e volantini elettorali carta-cei, anche se la diffusione manuale dei santini resta centrale, sostituiti dagli Email che, grazie al passaparola elettronico praticato dai supporter, arrivano nella casella di posta per giorni e giorni.

Forze politiche e singoli candidati stanno facendo largo ricorso alla rete. Sito, gruppo di sostegno su facebook e twitter, fanno parte ormai del kit obbligatorio del perfetto candidato. La sensazione, tuttavia, è che a fronte del cambio significativo degli strumenti utilizzati per veicolare i messaggi, poco sia cambiato nella relazione tra chi comunica e il potenziale elettore destinatario. Un rapporto, quasi sempre, unidirezionale. I siti vengono raggiunti da chi è interessato a capire che cosa propone una certa forza politica o quel determinato candidato o, più spesso, dagli agit-prop elettorali per aggiornarsi su quello che devono dire nella loro attività di sostegno. Oppure viene mandato un messaggio sperando che il destinatario si incuriosisca o lo legga.

Devo dire che, in poche occasioni, qualità grafica e originalità del messaggio risultano in grado di stupire. Chi ne ha i mezzi, praticamente solo Letizia Moratti, cerca di presidiare il numero più alto possibile di siti, portali, blog, testate on line della rete, comprando spazi su cui appiccicare la propria faccia photoshoppata, augurandosi che la visibilità si traduca in gradimento e in voti.

Sicuramente, a molti lettori di ArcipelagoMilano sarà capitato di partecipare a qualche incontro, relativamente ristretto, dove il candidato, Pisapia in particolare, si è trovato a doversi confrontare con persone che, politicamente, la pensavano diversamente e verificare che nella discussione era riuscito a modificare il giudizio in suo favore. Quasi nessuno, al momento, però, mi sembra sia riuscito a traslare quel meccanismo nella realtà virtuale e si sia organizzato per trovare il modo di intervenire con intelligenza, direttamente o indirettamente, negli sterminati gruppi tematici che si sono venuti organizzando nella rete, cercando di far passare il proprio punto di vista o la propria proposta.

Poco sfruttato, forse per incapacità o forse per mancanza di volontà, è anche il ‘gioco degli specchi’ del complesso sistema mediatico. Ovvero utilizzare un medium per far passare un contenuto che poi possa essere ripreso dagli altri media. In questa tornata milanese, a eccezione dei candidati sindaci più importanti che ci riescono per inerzia, gli unici a riuscirci, finora, sono stati il Sindaco di Turbigo, Lassini, con il suo delirante manifesto e il capolista della lista 5 stelle, Mattia Calise che, da illustre sconosciuto ai più, è ormai stabilmente presente sui diversi media, grazie al lavoro svolto in precedenza esclusivamente tramite internet che ha fatto, da subito, lievitare nei sondaggi le intenzioni di voto per la sua lista.

La comunicazione dei partiti e dei candidati mi sembra più preoccupata di non dispiacere al proprio tradizionale bacino elettorale, piuttosto che di fare incursioni nel campo avversario. Ognuno padroneggia al meglio i propri contenuti distintivi, ma fatica a far percepire con immediatezza di essere stato capace di acquisire il consenso di persone notoriamente dello schieramento avverso, seppur in posizione critica, o di aver dato risposte innovative su temi tradizionalmente cari all’altra parte.

Si tratta di un problema rilevante, la cui soluzione è forse più importante per lo schieramento di Pisapia, perché permetterebbe di raggiungere, con un messaggio chiaro e immediato, quella parte dell’elettorato interessata solo marginalmente alla competizione elettorale, ma che è insoddisfatta sul come vanno le cose. Far percepire, soprattutto alla consistente fascia di elettorato ‘disattento’, è più importante che spiegare. Per farlo, soprattutto in un competizione che probabilmente verrà decisa da qualche migliaio di voti, bisogna avere il coraggio di far propri temi e persone che stanno, per dirla con Piero Bassetti, ‘fuori dal cesto’, ovvero al di là del proprio schieramento.

Sergio Vicario

 



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