24 maggio 2020
PII MIND (AREA EXPO): IL RICORSO AL TAR
Lo spostamento di Città Studi ancora più insensato dopo Covid-19
24 maggio 2020
Lo spostamento di Città Studi ancora più insensato dopo Covid-19
Ho già analizzato il PII (Programma Integrato d’Intervento) MIND nel mio articolo su Arcipelago del 26 ottobre scorso. Ho presentato con altri una osservazione al programma che è stata respinta. Contro il PII MIND verrà presentato dall’associazione ambientalista Verdi, Ambiente e Società entro il 1 giugno prossimo un ricorso di fronte al TAR Lombardia. La pubblicazione dell’approvazione da parte della Giunta è avvenuta il 6 febbraio scorso, ma l’emergenza Covid-19 ha rinviato la scadenza per la presentazione del ricorso di circa due mesi.
Con una campagna in corso su Gofundme sono stati raccolti finora 4.000 €, rispetto all’obbiettivo di 10.000 €, nel quartiere di Città Studi e tra il personale dell’Università Statale di Milano contrario al trasferimento dei dipartimenti scientifici da Città Studi a Expo.
Il P.I.I. MIND è quello che prevede meno verde tra i programmi fin qui realizzati a Milano, da Porta Nuova a Citylife: circa il 20% di verde rispetto al normale 50%. Prima di Expo questa area era prevalentemente agricola, trattandosi per la parte centrale e orientale dei campi intorno alla Cascina Triulza di proprietà dei Cabassi. La Fiera aveva costruito un parcheggio a raso nella parte più vicina ai suoi padiglioni. Expo doveva realizzare un grande parco agricolo-alimentare che avrebbe dovuto essere conservato in base all’Accordo di Programma e al referendum del 2011.
L’Accordo di Programma, ratificato dai consigli comunali di Milano e Rho, prevedeva il 56% dell’area nel comune di Milano a parco tematico e il e il 65% a superficie permeabile dopo Expo, obiettivi ribaditi da una mozione dei consiglieri comunali di Milano approvata insieme alla ratifica dell’Accordo, che chiedeva di mantenere una percentuale prevalente di territorio a verde attrezzato, considerando la superficie già prevista a parco nell’Accordo di Programma come minima e riducendo l’indice volumetrico edificatorio, e di considerare come superficie per il futuro parco la superficie complessiva dell’intero insediamento: un’area verde unitaria, non frammentata, e connessa con i corridoi ecologici circostanti.
Ora si vuole fare passare l’ospedale Galeazzi, lo Human Technopole e la Statale come parco tematico scientifico-tecnologico, che dovrebbe rispettare i vincoli dell’Accordo di Programma. Un piano urbanistico per 68.000 persone al giorno, in base alle stime del piano della mobilità allegato alla VAS (Valutazione Ambientale Strategica) del PII, cioè la metà di quelle che sono venute a Expo, con grattacieli di 250 metri di altezza massima a Sud del decumano e una cementificazione quasi totale del territorio con un enorme consumo di suolo.
Non vi è traccia del grande parco che doveva completare la cintura verde intorno a Milano e non viene dato un contributo significativo al progetto ForestaMI di forestazione di Milano e della sua area metropolitana, con 3 milioni di alberi piantati entro il 2030. Si pianteranno 3.500 alberi lungo i canali perimetrali, per costituire un Parco verde e blu largo appena 15 metri intorno all’area, definito ad alta valenza ambientale.
L’Accordo di Programma prescriveva per il post-Expo una superficie permeabile superiore al 65%. Nel PII essa sarà solo del 24%, quando attualmente, a padiglioni demoliti, è del 38%. Il rapporto tra superficie verde e superficie totale previsto dal programma è stato sostituito da un Green Space Factor (GSF) che dovrebbe passare dalla situazione attuale di 0,56 a 0,76, ma nell’indice sono compresi con un peso diverso il verde pensile (0,9), le pavimentazioni drenanti (0,3), i tetti verdi (0,6), le pareti verdi (0,7), le superfici impermeabili che raccolgono l’acqua piovana (0,2), i canali e vasche di depurazione (1), le lame d’acqua (1), gli alberi in funzione della circonferenza del fusto (tra 10 e 20).
Essendo il PII non conforme all’Accordo di Programma, avrebbe dovuto essere adottato e approvato dal Consiglio Comunale e non dalla Giunta, aprendo un ampio dibattito pubblico sull’elevato consumo di suolo rispetto alla situazione precedente a Expo e sul mancato rispetto del referendum del 2011.
In caso di future epidemie come quella attuale il PII creerà un’area ad alto rischio, con la convivenza di una quantità elevata di personale ospedaliero, impiegati, ricercatori e studenti in uno spazio ristretto che condividerebbero servizi e trasporti quotidiani affollati come il treno, la metro e la Circle Line, con difficoltà di raggiungere l’area a piedi o in bicicletta data la lontananza dal resto della città. Al primo focolaio tutta la zona andrebbe completamente chiusa.
Il ricorso è sostenuto dall’Assemblea Città Studi, costituita da residenti del quartiere, studenti, lavoratori, docenti e studenti della Statale, ricercatori della Università, CNR e altri enti pubblici di ricerca, che si batte da anni contro lo spostamento della Università Statale nell’area Expo e la dequalificazione del quartiere di Città Studi.
Michele Sacerdoti
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