17 aprile 2013

“TUTTE” LE DOMENICHE A PIEDI, MA RISPETTANDO LA LIBERTÀ ALTRUI!


«Domenica blocco del traffico a Milano dalle 10 alle 18. Continua la solenne stupidaggine che complica la vita a tanta gente». Così twittò Fabio Fazio. E Pisapia rispose: «Caro Fazio, Area C e Domeniche a spasso fatti concreti e impegni mantenuti per Milano più vivibile. Preferivi come era prima?». Chi ha ragione?

Innanzitutto qualche fatto: come ovvio, e ammesso dagli stessi promotori della discutibile iniziativa, le domeniche a piedi non servono per l’ambiente. Forse l’assessora Chiara Bisconti si confonde, quando identifica le domeniche a piedi con le politiche ecologiche. Basta guardare le dimensioni del traffico domenicale (privo tra l’altro dei mezzi più inquinanti, i vecchi furgoni diesel) rispetto a quello dei giorni feriali per rendersene conto. Se veramente si volesse combattere l’inquinamento bisognerebbe fermare il traffico nei giorni feriali … Ma nessuno osa bloccare l’attività di una città come Milano nei giorni in cui si produce Pil (ma, forse, non tanta Felicità Interna Lorda). Eppure, un piano di logistica urbana delle merci aiuterebbe parecchio ed era pure richiesto dai cittadini nel referendum del giugno 2011.

Purtroppo, non sembra che a Milano sia stata data molta voce ai soggetti danneggiati dalle domeniche a piedi, tra cui vi sono certo i frequentatori e gli esercenti di attività che fanno uso di impianti “decentrati” rispetto ai servizi di trasporto pubblico (es. impianti sportivi), i genitori di bimbi piccoli che vogliano muoversi per andare a trovare parenti fuori città o in città, ecc..

Le domeniche a piedi sono invece molto piacevoli per andare a spasso a piedi, in bici, in pattini e chi più ne ha più ne metta in aree limitate, nel quartiere, in centro (meglio se non piove). Servirebbero anche per fare shopping rilassato, tanto più quando la liberalizzazione degli orari dei negozi sarà pienamente applicata, e la domenica la città sarà più fruibile anche per questo motivo. Per ottenere questo risultato non occorre proibire le macchine sulla viabilità maggiore: essa sembra poco appetibile comunque per i pedoni, per le bici e per i monopattini, come è intuitivo.

Ma vediamo qualche elemento di principio. La differenza tra l’atteggiamento “proibizionistico” e quello rispettoso delle ragioni dei singoli è evidente nel confrontare l’Area C (e in genere i sistemi di tariffazione), e i divieti. La tariffazione entra sì in merito ai costi e ai disagi che le automobili possono generare ai cittadini (e, in caso di congestione, agli stessi veicoli stradali), limita con una tariffa tali danni a livelli accettabili, ma non giudica le motivazioni dei singoli. Chi ha davvero bisogno di andare in macchina può farlo, pagando alla collettività in proporzione ai danni che genera (è il principio generale noto da sempre come “polluters pay“). Il divieto, invece, porta con sé inevitabilmente le deroghe (non tutte le ragioni di uso dell’auto di domenica possono essere “sbagliate”) e le deroghe, entrando nel merito o nell’opportunità delle scelte individuali, sono per forza di cose discrezionali: chi ci dice che i tifosi che vanno allo stadio meritino una deroga?

Perché il turista che viene in albergo a Milano può entrare e chi ritorna da una gita in luoghi lontani e deve rientrare prima delle 18 per ragioni serie non può? E come si decide se quelle ragioni sono serie? Bisogna entrare nelle motivazioni, stilare un ranking e chi assicura che quello del Sindaco di turno (per quanto possa sentirsi “piccolo padre”) sia migliore di quello di qualsiasi altro cittadino milanese e non milanese?

Una possibile obiezione all’uso delle tariffe invece dei divieti, è che ai ricchi che possono pagare sarebbe consentito tutto. Vero, ma appunto, in questo modo pagano per i servizi utilizzati dai meno ricchi (es. trasporti pubblici): è una redistribuzione “virtuosa” del reddito. Poi parliamo comunque, nel caso dell’Area C, di automobilisti che vanno (o risiedono) nel centro di Milano: una categoria probabilmente in media non poverissima. Per tutti questi motivi la risposta di Giuliano Pisapia a Fabio Fazio non è centrata: Area C e le domeniche a spasso non sono la stessa cosa. Può piacere Area C, senza che necessariamente piacciano le Domeniche a spasso, che peraltro, c’erano già “prima”, con la Moratti, e non erano affatto promosse dai quesiti referendari del giugno 2011.

Ciò premesso, tuttavia, per godere di strade libere le domeniche alcuni divieti è necessario e opportuno metterli. Lo dimostra la creazione di zone pedonali in moltissime città europee e italiane, con risultati nel complesso eccellenti. Per le domeniche milanesi, questa è l’ovvia strada da percorrere: divieti intelligenti. Occorre delimitare numerose “isole pedonali” domenicali, valide TUTTE le domeniche, con opportune regole per non “intrappolare” eccessivamente i residenti. Quindi bisogna lavorarci con intelligenza e fantasia, pianificare, negoziare con i quartieri interessati, magari spendere anche qualche soldo in vigilanza e arredi urbani mirati. Per alcune di queste “isole” esistono già progetti condivisi e interessanti, e potrebbero anche divenire permanenti. I quartieri, il centro e quindi tutta la città diverrebbero più vivibili tutte le domeniche dell’anno, senza impedire i movimenti di chi deve, per incontestabili ragioni sue, usare l’automobile. Si possono fare dei calcoli relativi agli effetti sull’inquinamento. A occhio, ovviamente la riduzione sarebbe inferiore per singola domenica, ma se invece di poche domeniche se ne facessero cinquanta…

È questa una strategia certo più complicata da realizzare che un bel divieto demagogico contro tutti i perfidi automobilisti, da additare alla pubblica riprovazione (inquinatori, egoisti ecc.), dimenticandosi magari anche che, tra tutti gli inquinatori, gli automobilisti sono quelli che “internalizzano” di più i costi esterni, versando fiumi di denaro alle casse pubbliche senza fiatare (tassa di possesso, imposta provinciale, accise sulla benzina, ticket di area C, pedaggi autostradali, ecc.). E che altri settori terribilmente inquinanti, come l’agricoltura, sono addirittura sussidiati con i nostri soldi, con grande felicità degli ambientalisti meno informati (o forse non in totale buona fede).

 

Andrea Boitani e Marco Ponti

 

PS Si svela qui ad Antonella Nappi, che è intervenuta su ArcipelagoMilano su questo tema, chi è il perfido consigliere antiambientalista e filo-automobile che ha indotto anche Luca Mercalli a “Che tempo che fa” a sostenere la posizione di Fazio: Marco Ponti, corruttore confesso e non pentito.

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti