29 novembre 2011

musica


DANISH QUARTET E MILANO CLASSICA

Sembravano quattro studenti di Oxford o di Cambridge, di quelli che passano la domenica ad allenarsi in canoa sul fiume, tutta giovinezza e bon ton, quattro ciuffi biondi legati da una fortissima intesa e complicità ma soprattutto da quel particolare piacere, di cui spesso abbiamo detto, del “suonare insieme”. Un concerto piacevolissimo, di grande qualità sia per il programma che per l’esecuzione, quello del “Danish String Quartet” di lunedì scorso al Conservatorio per le Serate Musicali; un quartetto d’archi che in meno di dieci anni dal debutto ha già raggiunto un elevatissimo grado di maturità musicale.

Il programma era composto da tre quartetti: di Haydn (n.5 in re maggiore opera 64, detto “dell’allodola” per certe allusioni onomatopeiche), di Mendelssohn (n. 6 in fa minore opera 80) e di Šhostakovich (n. 2 in la maggiore opera 68), vale a dire 1700, 1800, 1900; ovvero il quartetto classico, il quartetto romantico e quello moderno (forse mancava un quartetto contemporaneo …). Ma soprattutto tre stati d’animo e tre atmosfere radicalmente opposte: un’opera solare e radiosa la prima, espressione di un felice equilibrio interiore (Haydn era appena tornato a Vienna, nel 1790, si era innamorato – quasi sessant’enne – della bella Maria Anna von Genzinger e gli si era aperta una ricca prospettiva professionale a Londra); la seconda un’opera di profonda mestizia, cupa e dolorosa, senza speranza (nel 1847 Mendelssohn aveva appena perso la sua adorata sorella Fanny e forse presagiva la propria morte, che l’avrebbe ghermito solo pochi mesi dopo); infine l’ultima, di intensa drammaticità se si pensa che Šhostakovič l’ha scritta nel 1944 e cioè nel momento più tragico della seconda guerra mondiale (nel gennaio era terminato l’assedio di Leningrado e nel successivo mese di novembre, proprio in quella città, il quartetto fu eseguito per la prima volta).

Dunque un programma che ha messo a confronto la straordinaria capacità e la ricchezza di espressione del quartetto d’archi per raccontarci – senza neppure chiamarne in causa il nume tutelare, quel Beethoven che proprio con i quartetti ha intimorito tutti i compositori venuti dopo di lui – la sua evoluzione nel tempo, da un secolo all’atro, ed anche nello spazio (dalla Vienna imperiale alla Lipsia luterana, fino alla Mosca di Stalin!).

Dei tre, il quartetto russo è il meno noto ma è anche il più complesso e interessante: se il primo tempo (Ouverture, moderato con moto) descrive le atrocità della guerra, il secondo (Recitativo e romanza, adagio) è un urlo lacerante, come di paura e di orrore, che poco a poco si spegne in un canto d’amore, profondamente slavo, dapprima dolce e malinconico poi desolato come di fronte alle rovine della città, e si conclude inaspettatamente con la più classica risoluzione della dominante sull’accordo perfetto di tonica quasi a dire “basta, si ricomincia da capo …”; il Valzer che segue è una pensosa danza macabra mentre l’inusitato adagio dell’ultimo tempo è un Tema con variazioni in cui i quattro strumenti parlano fra loro alternandosi in una serrata conversazione come per commentare i tragici eventi appena vissuti.

Un’esecuzione limpida, fresca, talvolta un po’ troppo veloce ma sempre elegante, precisa e chiara, che ha scatenato l’entusiasmo del pubblico; il quale era molto scarso, forse a causa della serata fredda ma, temiamo, anche a causa della fama ancora incerta del giovane quartetto poiché tutti corrono quando vi sono in cartellone i soliti grandi nomi e pochi si rendono conto che danno di più e meglio i giovani che il nome se lo debbono ancora fare.

 

Un altro magnifico pezzo di Šhostakovič è stato eseguito domenica mattina alla Palazzina Liberty di Largo Marinai d’Italia per iniziativa di Milano Classica, l’Associazione guidata da Maria Candida Morosini. L’occasione era la presentazione della stagione 2011-2012 progettata dal direttore artistico Gianluca Capuano, che prevede ben 16 concerti, tutt’altro che banali e anzi pieni di curiosità e di sorprese, dal 15 gennaio al 10 giugno prossimi, quasi sempre alle 11 del mattino della domenica. Sono concerti di grande godibilità, che si svolgono nella magica atmosfera della palazzina che fu inizialmente il bar ristorante del vecchio Verziere (il mercato ortofrutticolo milanese, fra il 1911 e il 1965, si teneva proprio lì intorno), poi per alcuni anni sala di teatro per Dario Fo ed oggi sede dell’Orchestra Milano Classica; immersa nel parco e inondata di sole grazie alle grandi vetrate, non sembra di essere a Milano, ci si sente piuttosto a Berlino. Ed anche la musica, ascoltata alla luce del giorno anziché nel semibuio delle sale da concerto, acquista altri significati e un colore diverso.

Sul palcoscenico si esibiva un’orchestra d’archi austriaca dal nome altisonante – “Arpeggione Kammerorchester” – diretta dal bosniaco Robert Bokor, e una bella e giovane violinista uzbeka, Maria Azova; dominava un’aura tzigana non proprio confacente alle musiche di Saint-Saëns e di Pablo de Sarasate, e neanche alle modeste trascrizioni per orchestra d’archi di pagine pianistiche lisztiane. La “Sinfonia da camera” opera 110 di Šhostakovič, invece, è stata eseguita in modo esemplare, mostrando ancora una volta – se ce ne fosse bisogno – lo spessore di questo magnifico musicista di cui in Italia, a 36 anni dalla morte, si danno troppo poche opere e non si è ancora scoperta la reale grandezza.

 

Musica per una settimana

 

*giovedì 1 e sabato 3 al teatro Dal Verme l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Marcello Panni eseguirà un concerto di musiche del ‘900: il Concerto per violoncello e orchestra di Casella (solista Umberto Clerici), il Ritratto di Don Chisciotte di Petrassi, e due pezzi dello stesso Panni (“Short” e gli “Inni” a Diana e a Roma da Giacomo Puccini)

*giovedì 1, venerdì 2 e domenica 4 all’Auditorium, l’Orchestra Verdi diretta da Zhang Xian prosegue l’esecuzione integrale delle Sinfonie di Čaikowskij con la Sinfonia n. 1 opera 13 in sol minore; sempre di Čaikowskij eseguirà “Sogni di inverno” opera 33, e concluderà con L’uccello di fuoco di Strawinskij

*giovedì 1, al Conservatorio per le Serate Musicali, la violinista Julia Fischer e la pianista Milana Chernyavska hanno in programma tre Sonate: di Beethoven (n. 10 in sol maggiore opera 96), di Ysaye (n. 1 in sol minore opera 27) e di Saint Saëns (in re minore opera 75)

*Alla Scala, come abbiamo detto la settimana scorsa, tutto ruota ora intorno alla prima del Don Giovanni di Mozart – diretto da Daniel Barenboim con la regia di Robert Carsen e le scene di Michael Levin – la cui anteprima di domenica 4 sarà riservata ai giovani “under 30” mentre la prima – che, come di regola, sarà data il giorno di Sant’Ambrogio mercoledì 7 alle ore 18 – sarà visibile in diretta in molti luoghi pubblici ed anche su diversi canali televisivi.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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