1 marzo 2011

GLI AUMENTI TARIFFARI: UNA POLEMICA MOLTO MAL POSTA


I fatti attuali vedono un tema molto dibattuto a Milano e in Lombardia: l’aumento del prezzo del biglietto per il prolungamento della metropolitana 2, per gli autobus extraurbani, e forse anche per i treni pendolari e per le tariffe singole urbane. Ma veniamo a una “fotografia” della situazione: abbiamo le tariffe tra le più basse d’Europa e i costi di produzione dei servizi tra i più alti d’Europa, cioè riusciamo a fare i massimi deficit tecnicamente possibili (che sono la differenza tra costi e tariffe, differenza che devono pagare i contribuenti).

E’ un risultato ovvio, se i contribuenti pagano sempre e pagano tutto: loro non lo sanno, non protestano, e chissà come votano, mentre i viaggiatori protestano molto (almeno alcuni), e votano. Gli interessi legati alla produzione dei servizi sono molto influenti (il management, i fornitori), e molti anche votano (i dipendenti e le loro famiglie). Però adesso i soldi pubblici sono diventati scarsi, e il nodo viene al pettine.

Un primo problema: è giusto sussidiare il trasporto pubblico (invece della casa o della scuola)? E perché i sussidi non devono essere il doppio, o la metà, di quelli attuali? Non si sa: infatti si tratta di una scelta politica, non tecnica, e dovrebbe avvenire con un dibattito trasparente e democratico, in cui si confrontano alternative. Ma questo dibattito non si fa, e non si è mai fatto, perché ai decisori politici non interessa farlo. Infatti va benissimo che i soldi arrivino da Roma (alla faccia del federalismo), con su già stampata la targhetta (“earmarking”, tecnicamente): “questi soldi sono per i sussidi al trasporto pubblico”.

Così se ne arrivano di meno la colpa è dei cattivi romani, e nessun amministratore locale deve assumersi la responsabilità di tassare i propri elettori, o di scontentare qualcuno con scelte troppo esplicite. Una riprova? Nessuno parla dei sussidi ad ATM, le Nord, Trenitalia ecc. Anzi, questi soggetti si affrettano a chiamarli “corrispettivi”, e presentano senza pudore al pubblico (e spesso ai media compiacenti) bilanci “in attivo”, quando ben più del 50% dei loro ricavi sono soldi dei contribuenti. Che bisogno c’è allora per i politici e le aziende di dibattere pubblicamente il problema? “Quieta non movere…”.

Entriamo ora velocemente nel merito alle questioni specifiche sul tavolo. Le tariffe per gli autobus extraurbani pare che aumenteranno di più di quelle su ferro. Perché? Non solo i costi di produzione dei servizi su ferro sono in genere più alti di quelli su gomma, ma le ferrovie, essendo per ovvie ragioni tecniche poco capillari e con poche fermate, servono un’utenza già privilegiata dal fatto di abitare vicino ai luoghi serviti. Poi, offrono un servizio sostanzialmente migliore di quello degli autobus, anche se afflitto da una bassa qualità “contingente” (dovuta all’assenza di competizione fermamente voluta dai decisori pubblici). Infatti i trasporti di autobus soffrono della congestione stradale, mentre quelli su ferro hanno la sede “dedicata”.

Ma allora, perché questo assurdo? La ragione sembra essere quella richiamata sopra: i pendolari ferroviari sono molto più organizzati e “vocali” di quelli su autobus, che sono più polverizzati e silenziosi (per non parlare di quelli automobilistici, silenziosissimi nonostante le alte tasse che pagano, altro che sussidi…). L’aumento della tariffa per il prolungamento (molto costoso per i contribuenti) della MM2 non meriterebbe neppure commenti: fuori dal comune di Milano già adesso i biglietti costano di più, e le tariffe, si ricorda, rimangono nel complesso bassissime. Per gli aumenti ventilati per le corse singole in città, la decisione rimane strettamente politica; tuttavia guardare un po’ la realtà europea non guasterebbe.

Che fare? Le soluzioni di buon senso sembrano ovvie: innanzitutto, se non si vuole alzare le tariffe, occorre ridurre i costi mettendo in gara i servizi a chi chiede meno sussidi a parità di tariffe e di servizi offerti, facendo gare vere e non truccate vergognosamente come è stato fatto fin’ora. Se invece non si volesse fare le gare per non scontentare gli interessi di cui abbiamo parlato (ci sono anche interessi direttamente politici, come i posti in consiglio di amministrazione, o peggio), occorre differenziare le tariffe.

Perché sussidiare i ricchi, se i soldi sono scarsi? I ricchi che non vanno in macchina, scelgono in base ai tempi di viaggio, quasi mai in base alle tariffe. Quindi neppure l’argomento ambientale è difendibile. Allora, tariffe “europee” per tutti, e abbonamenti scontati per le categorie a basso reddito che lo richiedano espressamente. Si fa già così in molti paesi europei più ricchi di noi, e anche in alcune città americane. Ma siamo sempre più lontani dall’Europa…

Marco Ponti

 

 



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