16 novembre 2016

MILANO E LE SUE PIAZZE UN AMARO DESTINO

Piazza Liberty, un’occasione per discutere di spazio pubblico


Incominciai nell’ottobre 2002 a occuparmi delle Piazze milanesi che avevano subito una trasformazione strisciante e silenziosa sotto la spinta di una motorizzazione invadente e si erano trasformate in nodi viabilistici o parcheggi permanenti. In tutti e due i casi la città veniva privata di un elemento importante del disegno urbano, la Piazza.

10zenoni37fbPer contrastare questa negativa tendenza  il Comune predispose un Piano Parcheggi con boxes sotterranei e il recupero della superficie a uso più civile, ed è in questa definizione che si aprì una tendenza a utilizzare questi spazi mutuando il disegno più dai giardini condominiali che dal recupero della dignità degli spazi pubblici. Vediamo così apparire ex Piazze piene di stravaganti strutture, pergolati, aiuole sopraelevate, pavimentazione diverse, fontane spazi gioco bimbi, sosta per anziani e reparti per i cani. Si voleva insegnare ai cittadini come si dovrebbero usano le ex Piazze attraverso una pesante invadenza di arredo urbano, deperibile, di precoce fatiscenza e di difficoltosa manutenzione.

In questi spazi restava così impensabile la realizzazione delle funzioni storiche della Piazza, come quella dei mercatini settimanali, del semplice passeggio, dei liberi rapporti umani o dei comizi e della piacevole sensazione della pausa di spazio libero nel fitto tessuto edilizio circostante.

Eppure bastava voltarsi indietro nella storia e guardare questi spazi lastricati, circondati da file di alberi, sedute e illuminazione e dove a volte una fontana o un monumento ne occupavano lo spazio centrale. Questi erano spazi dove il cittadino era il soggetto e non l’oggetto dell’attenzione del Comune, spazi che avevano la dignità storica dello spazio pubblico.

Ma il Piano Parcheggi non andò bene dappertutto, tranne per pochi esempi le necessarie rampe di accesso si inserirono male e malissimo le piccole costruzioni fantasiose, prevalentemente squallidi gabbiotti destinati all’entrata e uscita pedonale del tutto slegati dalle caratteristiche degli edifici delimitanti la ex Piazza e ora anche tappezzati di svolazzanti cartelli di vendesi-affittasi a dimostrazione che neanche economicamente questo riutilizzo delle Piazze ebbe successo. E allora anche il Piano Parcheggi si fermò.

Ma non si fermò invece l’ossessione a occupare anche le poche Piazze rimaste libere e l’esempio che ci propongono oggi in piazzetta del Liberty si contraddistingue per un potere progettuale dirompente e dalla ormai abituale non conoscenza degli archistar dei valori del sito di intervento, in questo caso quando paragonano i Navigli che scorrono orizzontalmente, silenziosi e senza consumi energetici a una rumorosa cascata verticale con notevoli consumi energetici. Contando però anche sulla tradizionale presunzione dell’Amministrazione Comunale, della Commissione per il paesaggio e della Soprintendenza per le quali la parola archistar sembra il lasciapassare per le ultime fantasie urbanistico-edilizie.

La piazza del Liberty, uscita dalla ricostruzione dopo la guerra con una edilizia, di architetti milanesi degli anni cinquanta, che accostava ai pochi edifici anteguerra rimasti in piedi, l’emergenza della torre Tirrena degli architetti Soncini e il recupero della facciata Liberty, non sostituiva una piazza preesistente ma offrì alla città un nuovo accettabile spazio pubblico.

Naturalmente usata a parcheggio fino ad ieri, ma che era stata appena pedonalizzata con leggeri e accettabili (meno i dehors) interventi di arredo urbano ma facendogli comunque riguadagnare la funzione storica-urbanistica di Piazza.

La nuova proposta si inserisce invece nella nuova tendenza di utilizzare gli spazi sotterranei delle Piazze a uso commerciale, che potrebbe avere la sua logica in un centro storico, a condizione di mantenere integra la quota della piazza soprastante e soprattutto di limitare al minimo gli inevitabili accessi dando loro una forma semplice, la Piramide vetrata nella piazza centrale del Louvre ne è stata l’esempio, accettata da tutti e buon esempio di architettura anche con materiali dissonanti con l’intorno.

Ma in piazza del Liberty non è così, gli ingressi alla zona commerciale sotterranea sono sprofondati in fondo a una enorme larga trincea aperta in mezzo alla Piazza e accessibili con una gradinata alla genovese attraverso a due alti parallelepipedi di cristallo e una improponibile cascata, elementi che polverizzando il concetto della quota zero cancellano l’elemento base di una Piazza: “lo spazio continuo libero e lastricato”.

Ma il bello è che Apple aveva presentato un primo progetto mutuato dal Louvre dove, al posto della piramide, presentava solo un cubo di cristallo trasparente al centro della piazza che poteva essere un richiamo alle funzioni di fontane o monumenti delle piazze storiche, ma che lasciava intatta la quota zero della Piazza che con poche modifiche al contorno poteva essere accettabile.

Un intervento soft che non si capisce perché non ha avuto seguito, e sostituito dal nuovo progetto, estremamente invadente dove troviamo di tutto e di più in uno spazio di modeste dimensioni e che in questa nuova soluzione non corrisponde affatto al significato storico di Piazza ma piuttosto ai generici spazi attrezzati tanto amati dal Comune di Milano.

Che avrebbe dovuto ricordarsi che tra i suoi programmi c’è il problema della riqualificazione delle periferie, che si ottiene soprattutto portando in esse funzioni attrattive, (vedi la autotrasformazione della ex zona 16 in piccola e attiva down-town su ArcipelagoMilano n°30 anno IV) Queste occasioni di funzioni attrattive non possono essere tutte ammucchiate nel centro storico e per di più a scapito di spazi pubblici ormai consolidati che semmai devono essere oggetto di semplici opere di arredo urbano.

 

Gianni Zenoni

 



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