23 novembre 2009

TUNNEL. LA VITTORIA DI MARCHIONNE


Rientro a Milano dopo un breve periodo all’estero e trovo, tra le molte note non incoraggianti, anche la faccenda dell’autostrada sotterranea di cui si era già ventilata l’idea in passato a partire dal Sindaco Formentini che, memore dell’esperienza brussellese si riprometteva di “perforare la città come un Gruviera”. E’ rimasta solo una fontana che forse, rimanendo in ambito caseario, potrebbe essere ingentilita se la prossima volta che gli allevatori faranno casino per le quote latte, ci riversassero dentro le proprie brente, invece che sporcare per terra (ma solo il latte, veh!).

Di per sé fare un po’ di buchi nella terra non è riprovevole, possono sempre venir buoni se c’è un attacco aereo o in generale per i Rom o altre popolazioni homeless. Anche perché dato il tracciato, e gli orari milanesi, la notte il budello sarà assolutamente vuoto. Nascondere le auto con i loro fumi e il loro rumore, ridotto per gli abitanti a un simpatico borborigmo che potrebbe benissimo conciliare il sonno ai bambini lungo il percorso (se ce ne saranno ancora) è opera non biasimevole, in sé; ma, come dice un vecchio adagio inglese, “what goes around comes around” e, giustamente, Mottini ci dice che le auto dovranno uscire, ed essendo oggettini ingombranti con le loro 4 ruote (al minimo) e raggio di sterzata, avranno bisogno di quei simpatici raccordi che facevano la felicità di Robert Moses. Fortunatamente stoppato da un’intrepida signora prima che riuscisse a prolungare Fifth Ave al di là di Washington Sq per collegarla con un’autostrada. Vecchi tempi, vecchi fusti, vecchi tutti, ma non per la giunta milanese che seguendo le direttive del Cav. si presenta come rivoluzionaria e intende “rivoltare la città come un calzino”.

Purtroppo i calzini si possono anche rivoltare nel modo sbagliato, soprattutto se si lavora con poco lume della ragione. Qui però il pedalino che viene proposto, non solo è più vecchio di Robert Moses, e malamente rammendato, ma è una vera sola. Innanzitutto per il tracciato: da Linate alla Fiera. Penso che i progettisti, avendo sniffato un eccesso di expo, delirino di un flusso ininterrotto di SUV o Hummies di visitatori che scendono sulle piste direttamente dai C5_Galaxy o dagli Antonov dei paesi ricchi per andare in Fiera e poi tornare. E la Malpensa? E chissenefrega, quella è Varese. E quando la Fiera non c’è? Beh ci si ferma un pochino nella Zona Repubblica-Garibaldi dove essendoci la maggior concentrazione di trasporto pubblico d’Europa, mancava giusto anche un’autostrada. Per carità chi ha terreni da quelle parti si alliscia mica male. E gli altri? Ma oltre alle auto, dal buco usciranno pure i fumi. Oddio possiamo anche lasciarli dentro, tanto di notte ci vanno gli homeless così buonanotte e non ci pensiamo più. Sennò li filtriamo un po’ e poi li sputazziamo fuori da qualche parte con silenziosi aspiratori giganteschi.

Non facciamo sempre i noisti: staremo tutti, come Mottini, ad aspettare i dettagli (qui tanto si annuncia di tutto poi chi vivrà vedrà) ma un punto è chiaro. Si sperava che la crisi avrebbe portato qualche leader urbano a ripensare a città meno dipendenti dalle automobili private. Ma qui ha vinto Marchionne, la ripresa c’è e si riprende, come dice la parola, al punto di prima e come prima, fino alla prossima. I rivoluzionari del calzino sono sempre quelli con la ruspa in mano, si ritorna ai beati anni sessanta quando Charles Trenet cantava la felicità delle autostrade “Tout excitées, on chante, on fête[….]On est heureux Nationale 7” (http://www.allthelyrics.com/song/845231/). Evviva la novità: evviva la modernità.

 

Guido Martinotti



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