16 novembre 2009

LA NUOVA LEGGE LETTORALE REGIONALE. BUIO


Si è concluso sabato scorso il lungo iter congressuale del pd lombardo. L’assemblea regionale svoltasi nel poco scaramantico cinema Fanfulla (speriamo che non finisca come la ben nota canzone goliardica), non ha sciolto i nodi delle candidature e delle alleanze (le liste vanno presentate entro il mezzodì del 27 febbraio). Tuttavia sulle alleanze, sia pure in modo iniziatico, un elemento di chiarezza è stato fatto. Nessuna voce infatti si è alzata contro l’eventuale modifica della legge elettorale. Se ne deduce quindi che il Pd lombardo è in generale favorevole alla modifica, in particolare sulla base della propria proposta. Questo fa chiarezza sulla strategia delle alleanze, perché la modifica della legge elettorale di cui si discute sia nel centrodestra che nel centrosinistra le rende…inutili se non dannose, fortemente caratterizzando il consiglio in senso bipolare e bipartitico. Come già avvenuto a livello di elezioni nazionale ed europee con questa eventuale riforma bipartisan della legge si rendono superflue le liste minori.

Già oggi d’altra parte la legge elettorale regionale indirizza le scelte. Com’è noto per esempio vincere con troppo vantaggio può significare avere meno eletti (e i consiglieri si sa sono molto sensibili al tema), ergo tenere fuori dall’alleanza vincente qualche partner (udc per esempio) può significare per Formigoni sottrarre seggi all’opposizione. Poi magari gli eletti in conto opposizione (facciamo sempre il caso udc ma ogni riferimento è puramente casuale) potrebbero rientrare individualmente in maggioranza.

Cerchiamo allora di capire cosa potrebbe succedere se cambia la legge, ma premetto, la mia esposizione è complicata lunga e noiosa pur essendo grossolana e generica. I sistemi elettorali d’altra parte condizionano molto più di quanto non si creda la politica e leggere i dettagli serve perché notoriamente il diavolo si nasconde nei dettagli.

Vediamo per grandi linee com’è la legge oggi e cosa si vuole modificare:

1)ELEZIONE DEL PRESIDENTE. Viene eletto Presidente della Regione il capolista della lista regionale (listino) che ha ottenuto il maggior numero di voti validi in ambito regionale. Il candidato della lista regionale che ha conseguito il numero di voti validi immediatamente inferiore a quello della lista vincente è eletto consigliere. Il suo seggio viene attribuito:1) all’ultimo dei seggi spettanti alle liste collegate nel caso in cui le liste provinciali collegate alla lista regionale vincente abbiano ottenuto una quota di almeno il 50% dei seggi assegnati; 2) al seggio attribuito coi resti; 3 in caso questi siano stati assegnati tutti con quoziente intero si procede all’assegnazione di un seggio aggiuntivo di cui si dovrà tenere conto nel calcolo del “premio di governabilità”. Su questo meccanismo le proposte di modifica non sono particolarmente significative, se non in relazione al numero dei mandati presidenziali che si vorrebbero ridurre a non più di 2. Non essendo tuttavia a mio avviso Formigoni un tacchino che vuole festeggiare il Natale, la proposta di limitare il numero di mandati oltre che di dubbia legittimità (per questo caso specifico) è poco probabile che sia approvata, visto che dovrebbe essere votata dalla maggioranza, derubrichiamo quindi questa proposta sia del PD che dell’IDV al settore propaganda.

2) ELEZIONE DEI CONSIGLIERI CON METODO POPORZIONALE. Premesso che ci sono due liste, quella unica regionale (il listino) collegata al presidente e quelle provinciali che possono essere +di una, in concorrenza tra loro, ancorché collegate alla stesa lista regionale sessantaquattro degli 80 seggi (assegnati alla Lombardia e ripartiti tra le circoscrizioni provinciali sulla base dell’ultimo Censimento) sono attribuiti a liste provinciali concorrenti secondo il metodo proporzionale dove è previsto il voto di preferenza. Queste le liste provinciali sono ammesse al riparto dei seggi se hanno ottenuto nell’intera regione una percentuale pari o superiore al 3% dei voti validi riportati da tutte le liste provinciali nell’intera regione oppure, se sono collegate ad una lista regionale che ha superato la percentuale del 5% dei voti validi riportati da tutte le liste regionali nell’intera regione. Questo passaggio è fondamentale perché significa com’è avvenuto nel 2005 che l’IDV elegga un consigliere anche solo con l’1,4% dei voti o nel 2000 la lista dei pensionati con l’1,58%. In pratica i partiti minori sono portati in una fase iniziale a essere concilianti per entrare in coalizione con un candidato “forte” che superi il 5% (sbarramento presidenziale), ma poi devono diversificarsi il più possibile dalle liste alleate per recuperare voti al fine di fare il quorum.

Su questo capitolo vengono proposte in mode e forme non molto diverse tra maggioranza e opposizioni due modifiche sostanziali:

A) lo sbarramento presidenziale viene alzato (tenete conto che i radicali avevano eletto nel 2000 2 consiglieri, avendo superato il candidato alla presidenza Benedetto della vedova il 3%)

B) viene fissato uno sbarramento anche a livello delle liste interne alla coalizione che ha superato il 5%. Le liste minori quindi pur portando voti alla coalizione non parteciperebbero alla distribuzione dei seggi.

Il livello dello sbarramento ha valori diversi nelle proposte di maggioranza e opposizione, da un 3% in su. In termini di bassa cucina per la Lega l’obbiettivo è quello di cercare di impedire all’udc di superare i 2 tipi di sbarramento; per il PDL di limitare l’ ipotetico disturbo di pensionati, Storace Santanchè ecc; per il PD si tratta di rendere inaccessibile il consiglio a Verdi, Socialisti di varie famiglie, Sinistra e Libertà, Comunisti di varia estrazione etc.

Apparentemente il pd sarebbe forse il partito più favorito da queste modifiche della legge elettorale.

In pratica però sono possibili mille varianti. Così se si alzasse la soglia di sbarramento interna alla coalizione ma restasse al 3% la soglia presidenziale si favorirebbe de facto la presentazione di un numero maggiore di candidati alla presidenza e il pd rischierebbe di dover divide i seggi dell’opposizione con altri. Se invece si alzasse la soglia presidenziale ma non quella interna, radicali e udc vedrebbero seriamente messa in dubbio la loro possibilità di presentarsi autonomamente e sarebbero quasi obbligati ad entrare in coalizione. Aggiungiamo che il rimborso delle spese elettorali è previsto per le sole liste provinciali che eleggano qualcuno quindi anche la sopravvivenza materiale dei partiti è legata alla legge elettorale.

In linea di massima, come del resto è già avvenuto con la legge nazionale ed europea il pd attraverso la modifica della legge rafforzerebbe la sua vocazione maggioritaria (Bersani esattamente come Veltroni) e ciò avverrebbe grazie alla disponibilità di Berlusconi/Formigoni (a gratis?). Come vedete buona parte della discussione sulla vocazione maggioritaria del pd e sulle alleanze è risolta con una semplice modifica di due numeretti della vigente legge elettorale.

LISTINO I restanti 16 seggi vengono assegnati alle liste regionali secondo il principio maggioritario sulla base della quota di seggi assegnati al consiglio ottenuti dalle liste provinciali collegate alla lista regionale vincente.

1. Se tale quota è almeno pari al 50% (almeno 40 seggi) la lista regionale vincente ottiene il 10% dei seggi assegnati (8 seggi) e si vede così garantita una quota complessiva di seggi pari o superiore al 60%. In questo caso non scatta l’ulteriore premio di governabilità. I restanti 8 seggi sono assegnati alle liste provinciali non collegate alla lista regionale vincente.

2. Se invece tale quota è inferiore al 50% la lista regionale vincente ottiene tutti e 16 i seggi (20% dei seggi assegnati). Se i candidati non fossero sufficienti si procede al ripescaggio dei candidati delle liste provinciali collegate.

In questa fase scatta un’ulteriore assegnazione di seggi volta a garantire alla coalizione vincente una quota sufficiente di seggi in consiglio nel caso con l’assegnazione dei seggi della quota maggioritaria ciò non fosse accaduto.

Si danno due casi.

1. Se la quota di voti validi ottenuta dalla lista regionale vincente è almeno pari al 40% e la quota di seggi ottenuti dalla stessa e dalle liste provinciali collegate è inferiore al 60% si assegnano alla coalizione vincente il numero di seggi necessari a raggiungere tale quota. Se tale quota è invece già superata il premio non scatta.

2. Se la quota di voti validi ottenuta dalla lista regionale vincente è inferiore al 40% e la quota di seggi ottenuti dalla stessa e dalle liste provinciali collegate è inferiore al 55% si assegnano alla coalizione vincente il numero di seggi necessari a raggiungere tale quota. Anche in questo caso se la quota è già superata il premio non scatta. I seggi attribuiti in questa fase sono aggiuntivi rispetto a quelli assegnati: essi vanno pertanto sommati agli 80 originari per ottenere il numero complessivo di seggi del consiglio.

Il listino e il premio di maggioranza sono due aspetti della legge elettorale che sono tra i più modificati nelle altre regioni. In generale si tende ad abolire il listino (puglia, marche, toscana) e a garantire premio di maggioranza attraverso le liste provinciali in forme e modi diversi.

Per la maggioranza in Lombardia l’abolizione del listino significherebbe 1) maggior potere dei territori 2) minor peso della lega (presumibilmente) 3) maggior peso dei signori delle preferenze (in genere gli ex psi/dc) 3) rappresentanza certa di tutte le provincie (attraverso anche altre modifiche della legge) 4) maggiore certezza sul numero degli eletti (oggi credo che la paura maggiore di Formigoni sia di prendere troppi voti, avere meno eletti e dipendere maggiormente dalla lega. Tutte cose possibili per quanto assurde).

Per l’opposizione l’abolizione del listino non avrebbe nessun effetto negativo e anzi potrebbe favorire un numero maggiore di eletti.

I penalizzati dall’abolizione del listino sarebbero solo i “nominati”, figure in genere scelte dal cavaliere.

Come promemoria vediamo com’è andata le ultime volte:

Altri punti fermi comuni alle varie proposte di modifica della legge elettorale sono:

1) il mantenimento delle preferenze, di cui il pd fa un cavallo di battaglia anche a livello nazionale (a mio modo di vedere un palese esempio di masochismo)

2) il reale riequilibrio tra i generi (tra le diverse proposte quella IDV è certo la + originale e funzionale) che comunque non verrà mai votata dal consiglio

3) la riduzione delle incompatibilità, in particolare per i sindaci dei piccoli comuni

4) la garanzia che ogni provincia sia rappresentata in consiglio

In conclusione è possibile che la legge non venga modificata, tuttavia quando si mette mano alle riforme elettorali gli esiti sono sempre incerti, perché irrazionale è il comportamento dell’elettore e molteplici le varianti che si nascondono nei dettagli.

Speriamo quindi che non finisca come la canzone di Fanfulla di cui all’inizio:

La morale di questa vicenda
si riduce alla legge del menga:
…………………………………..

Walter Marossi

 



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