17 novembre 2015

LA NOVITÀ DELLA DEMOCRAZIA CIVICA


Nell’articolo di Luca Beltrami Gadola del 28 ottobre scorso dedicato al civismo metropolitano sono messe in evidenza alcune importanti verità. È crescente il bisogno di un governo di Milano alla grande scala, è contemporaneamente crescente la domanda di una politica in grado di riscoprire la propria dimensione civica, come volontà di capire la realtà per risolvere questioni assolutamente concrete.

04biscardini40FBiUn modo nuovo di fare politica per governare e delineare un programma di cosa fare fuori dalla logica degli schieramenti destra e sinistra, per altro oggi non più solo due e per altro sempre meno compatti rispetto a qualche decennio fa. E dall’altra, per riscoprire nel municipalismo democratico il senso di un impegno civile nuovo e partecipato.

I segni di questa rinnovata vivacità municipale sono molti. Molti incontri dedicati ai temi della nuova, quanto emblematica, vicenda della Città metropolitana; molti dedicati alle emergenze della nostra città (dalla sicurezza, alla questione sociale, ai problemi della casa e dei servizi), altri ancora, che a partire sempre da questioni molto concrete, allargano il campo fino a coinvolgere il tema più delicato e generale della democrazia, dei suoi processi partecipativi e dei processi decisionali allargati, che anche nella nostra città sono stati spesso invocati ma non sono stati sostanzialmente praticati.

Sono sotto gli occhi di tutti, anche in questi giorni, questioni che sono state gestite, o stanno per esserlo, in modo assolutamente discutibile. Assenza di strategia urbanistica sulle grandi questioni urbane, scali ferroviari compresi; la procedura assolutamente confusa con cui si sta affrontando il tema del Giardino dei Giusti; la procedura rocambolesca e insieme centralista del dopo Expo (può Pisapia consentire che Governo centrale decida per noi?). Nell’incontro promosso dall’Associazione “il Socialista” che si è tenuto a Palazzo Marino il 18 ottobre scorso dedicato a “Milano 2016-2021”, sono emerse molte indicazioni che in qualche misura rispondono ad alcune questioni poste da Beltrami Gadola, ne cito solo tre.

Il tema di Milano e della sua dimensione (non solo territoriale). Perché la politica milanese possa collocare Milano oltre i propri confini daziari. La Milano capoluogo della grande città Lombardia, la Milano città mondiale, la Milano che sa influenzare le grandi politiche nazionali e internazionali, la Milano della conoscenza, e dall’altro la Milano che deve rapportarsi in modo paritario con i territori e persino con i comuni che la circondano, fa fatica a farsi sentire. Molte politiche, anche di questa amministrazione, non sono andate in questa direzione.

Con il nuovo Piano di Governo del Territorio Milano non guarda oltre a se stessa. Le infrastrutture di trasporto extra urbane non sono mai entrate nel dibattito politico della nostra città. Il Piano della Mobilità che non sappiamo ancora se vedrà la luce prima del 2016 è ancora tutto urbano. Il dibattito sul dopo Expo idem. Quando qualcuno di noi parla di Secondo passante e di pendolari, i nuovi poveri della Lombardia, come di un nostro problema, lo si guarda con assoluta meraviglia. La percezione è di una città che continua a curare abbastanza bene il proprio centro, poco le proprie periferie, per nulla i propri rapporti con l’esterno e men che meno i suoi rapporti almeno con i capoluoghi della nostra regione.

Milano e la questione sociale. Intorno a una Milano ricca c’è una Milano povera con sacche di degrado e di abbandono che vanno via via sempre più peggiorando. Ci sono cittadini che vivono ai margini della società con un reddito pari a zero. Ci sono cittadini che vivono in case e quartieri assolutamente degradati in condizioni disumane, in qualche caso anche obbligati a dipendere, per l’assenza di servizi, da organizzazioni di tipo criminale. All’interno di un nuovo piano sociale occorre collocare anche la questione della casa, per noi da sempre servizio sociale, denunciando che non si fa una politica della casa senza risorse e senza una visione urbanistica strategica, insieme alla questione sicurezza e del lavoro.

Infine la questione principale, la questione democratica per recuperare una visione istituzionale nuova e più forte su diversi piani … .Milano potrà far sentire con più autorevolezza la propria voce contro ogni forma di centralismo dei poteri. Il cosiddetto “federalismo all’incontrario”. E dovrà riscoprire il valore primario della democrazia, spesso vissuta come un fastidio e quindi sostituita dal modello decisionale dei commissari, prefetti, magistrati, manager chiamati per ogni cosa, compresa la carica di sindaci.

Deve dal basso riscoprire i valori della partecipazione, sapendoli difendere. A partire dal consiglio comunale, espressione democratica dei cittadini, che non può essere vissuto come un accidente anche quando chiede di esercitare le proprie prerogative di indirizzo e di controllo. Deve impegnarsi a eleggere subito le municipalità in sostituzione delle vecchie zone. Deve cambiare nel profondo le modalità di funzionamento della macchina comunale perché sia veramente accessibile e trasparente.

Si tratta di costruire un percorso di valorizzazione della politica come impegno civico, perché civismo non è né antipolitica, né la ruota di scorta dei partiti maggiori. E’ un modello di governo alternativo, perché la politica possa recuperare il principio fondamentale di essere servizio sociale. Per ritrovare l’idea di una razionalità comune, il senso comune della politica, che va al di là dei particolarismi individuali, per salvarci dal naufragio dei valori.

Reinventare il valore della democrazia civica (riscoprendo quello che è stato alla base della grande politica municipale dei primi decenni del novecento nelle grandi come nelle piccole città) significa trovare sindaci espressione di un municipalismo democratico, insieme garanti del loro programma e di una nuova democrazia in cui i cittadini possano partecipare e con regole certe possano decidere. Sindaci espressione di liste civiche vere.

 

Roberto Biscardini



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