9 novembre 2009

ARRIVA IL NUOVO PD?


Habemus. Abbiamo il segretario nazionale del PD. Adesso le cerimonie sono finite e siamo in attesa di vedere che cosa questo significhi per Milano e come le linee programmatiche di Bersani troveranno declinazione locale. I primi passi saranno determinanti per il popolo del PD, per quelli che hanno votato lo scorso ottobre e quelli che in futuro andranno ai seggi e deporranno nell’urna una scheda che valuterà – premierà o no – questo partito e/o la sua futura coalizione. Tra tutte le forza politiche milanesi il PD negli ultimi anni si era particolarmente distinto per essere una di quelle più dedita alla contemplazione del proprio ombelico e speriamo che questa stagione si sia conclusa.

I problemi da affrontare sono molti e tra questi alcuni di grande complessità e cominciano dalla capacità di comunicare alla capacità di conoscere la realtà, insomma quello che negli ultimi tempi si chiama il rapporto col territorio nelle due direzioni, dal partito verso l’esterno e dall’esterno verso il partito: un rapporto tutto da creare e l’attuale statuto non sembra dimostrarsi lo strumento migliore. Dobbiamo poter capire se la linea Bersani-D’Alema, il partito degli iscritti, che ha vinto sulla linee Franceschini/ Marino – il partito degli elettori – saprà correggere il suo vizio di fondo, quello che le ha alienato molte simpatie: l’arroccamento burocratico e la scelta dall’alto di tutti i candidati alle cariche elettive. Philippe Daverio nell’intervista video di questo numero, dice alcune amare verità ma è anche una testimonianza del sentire di molti milanesi e dell’amarezza di chi ha visto e vissuto il declino della sinistra in questa città.

Il popolo delle primarie non ha dato a Bersani una vittoria schiacciante e non va dimenticato che l’afflusso alle urne, dal quale tanta fierezza, è stato alto perché si voleva, si doveva dare un segnale che bisognava fermare lo schiacciasassi berlusconiano ma non è stata una scelta netta tra partito strutturato e partito liquido. E Milano? Milano, che il PD da tempo considera una provincia periferica dell’impero, terreno destinato alla perenne sconfitta e alla vittoria del mix di Lega, Comunione e Liberazione, Pdl e destra storica, è corsa a votare salvando il PD dall’ennesima sconfitta locale: un buon punto per ricominciare e ricuperare quel ruolo di laboratorio della politica italiana che fu di questa città fino ai tristi giorni di Tangentopoli.

Sul cammino del “nuovo PD” milanese ci sono dunque due scommesse: i rapporti col territorio e una nuova organizzazione interna. L’apertura al territorio si potrà verificare presto: le elezioni per il rinnovo in Regione sono una scadenza anche troppo ravvicinata ma saranno una verifica sul campo che le buone intenzioni non siano il solito lastrico per l’inferno della politica milanese di sinistra a cominciare dalla rapida scelta del candidato e dalla formazione o meno di una lista del presidente.

Questa volta i tempi giocano contro perché un candidato vuol dire un programma, un programma vuol dire una redazione e una redazione una discussione ma non vorremmo in ogni caso assistere a false partenze o ancor peggio a lancio di candidati che poi “cortesemente” declinano non certo perché nel loro intimo non si sentano all’altezza ma per isoliti calcoli di opportunità: non mi va di correre senza probabilità di vincere o per timore di perdere troppo vistosamente. Lo spirito di servizio latita troppo spesso. Per il rinnovo del Consiglio Comunale e per il sindaco c’è tutto il respiro che serve e speriamo che la discussione successiva alle elezioni regionali e le inevitabili rese dei conti non si mangino il tempo che dovrebbe essere destinato ad affrontare bene almeno questa successiva scadenza.

L.B.G.



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