27 ottobre 2009

MILANO, PICCOLA GRANDE CITTA’


Milano non è una città universitaria e tanto meno una città per giovani. Ma perché? Una domanda che sorge spontanea poiché questa “metropoli” sembrerebbe avere tutti i numeri per essere all’avanguardia in Europa e nel mondo. Per essere un punto di riferimento al quale guardare con ammirazione e spirito di emulazione, per diventare una meta ambita dai ragazzi al pari di Berlino, Madrid, Londra.

Purtroppo, al momento, Milano è ben lontana dal modello rappresentato dalle principali città europee. Risulta inospitale, aggressiva, poco stimolante e triste. Il problema è che queste impressioni le suscita in chi la vive. In questo senso è emblematica la situazione universitaria di questa grande città. Come caratteristiche potrebbe essere una delle più affascinanti città universitarie d’Italia e del vecchio continente. Basti guardare i numeri. Stando ai dati pubblicati sul sito del Ministero della pubblica istruzione del 31 gennaio 2009, infatti, si scopre che Milano ha le carte in regola per essere tutto il contrario di una città inospitale, aggressiva, poco stimolante e triste. Gli studenti iscritti alle facoltà dell’Università degli Studi sono 61039 (compresa la sede di Sesto San Giovanni); al Politecnico gli iscritti sono 34331; in Bicocca 29966; in Cattolica gli studenti sono 37084; i “bocconiani” 12634; gli iscritti allo IULM sono 4109; al San Raffaele si contano 1887 studenti. Per un totale di 181500 giovani universitari. Numeri da grande città non c’è dubbio.

Nonostante questi dati, però, Milano non è percepita come un grande polo universitario. Ma perché? Come mai la forza di questi numeri non riesce a plasmare lo spirito della città?

Di risposte ce n’è più d’una. Manca la cooperazione tra queste università. Mancano dei progetti condivisi che coinvolgano gli studenti, che facilitino lo scambio d’idee, che permettano ai giovani – che dovrebbero essere i veri protagonisti della vita universitaria – di avere soddisfazioni immediate a livello professionale e umano. La “politica”, che tutti questi prestigiosi atenei promuovono, è del tutto autoreferenziale. Il loro nome viene prima del bene degli studenti. L’apparenza è di gran lunga più importante della sostanza.

Un altro elemento da non trascurare, è l’elevatissimo prezzo degli affitti che, di conseguenza, tiene lontani da Milano chi, per comodità, ci vivrebbe volentieri, ma che è costretto anzitempo a fare una vita da pendolare. Anche in questo caso la situazione è drammatica. Vivere in città è quasi impossibile senza un consistente aiuto delle famiglie, che nella maggior parte dei casi si fanno già carico delle spese universitarie. Trovare una soluzione a meno di 350 euro (spese escluse) pare un’impresa titanica, di solito la soglia alla quale ci si “accontenta” si aggira attorno ai 450 euro, tutto il resto è per chi se lo può permettere. Molti padroni di casa chiedono cifre esorbitanti per una camera doppia e, spesso, il resto della casa è a dir poco fatiscente o è situata in una zona poco raccomandabile. Per riuscire a vivere da soli a Milano, a vent’anni, bisogna avere tanta fortuna, tanti soldi o una fitta rete di conoscenze nel campo immobiliare. Eppure a Madrid è possibile andare a vivere a Sol (quartiere in pieno centro) e non spendere più di 300 euro, la stessa cosa succede a Lisbona nel Bairro Alto, a Barcellona dal centro alle zone periferiche è facile trovare stanze singole che vanno dai 160 euro ai 250, o a Berlino, nel quartiere centrale Mitte, in cui si arrangiano intere abitazioni (!) a 300 euro.

Il confronto è deprimente, anche perché, chi ha avuto il piacere di passare qualche giorno in una di queste città, si sarà facilmente reso conto dell’incredibile divario esistente anche a livello culturale. Le metropoli in questione sono vissute dai propri abitanti a ogni ora del giorno e della notte. A Milano ultimamente, dopo una cert’ora, sembra in vigore il coprifuoco. Nelle grandi città europee si aspetta il fine settimana per impossessarsene, per viverle fino in fondo, per farne parte attivamente. A Milano si aspetta il fine settimana per scappare, per dimenticare, per far finta di non essere milanesi. In Europa gli spazi pubblici sono sfruttati, occupati ed esaltati dalla popolazione che li abita. A Milano gli spazi pubblici vengono recintati, chiusi, transennati.

In linea con la tendenza assunta dal Paese in questi ultimi anni, la “grande Milano”, invece di attrarre, spaventa e mette in fuga. Chi ci abita la vive poco e male.

È ora di cambiare questa tendenza, è ora di dare fiducia ai giovani e di pensare al bene comune. È il momento di voler bene nei fatti a questa città. Bisogna che Milano torni a essere motivo di orgoglio, e che le sue potenzialità siano sfruttate appieno.

Si comincia a essere stanchi di parlare male di Milano.

Giovanni Zanchi

 

 



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