19 ottobre 2009

FRANCESCHINI


Il 25 ottobre i cittadini e gli elettori del Partito democratico saranno chiamati a scegliere il segretario nazionale e regionale del nostro partito.

Il mio auspicio è che questa giornata di ottobre sia una grande festa, per la democrazia e per il paese.

Un esercizio di democrazia partecipata, un anticorpo per dimostrare che ci può essere un altro modo di concepire la politica, per riaffermare che esiste un partito che, pur nelle innegabili difficoltà, ha la forza e il coraggio di pesare idee e leadership con una base più ampia di quella del proprio corpo d’iscritti.

Per questo ritengo che le primarie non siano un rischio d’indebolimento per il partito e per il paese, ma un’occasione per rafforzare la nostra proposta politica e la nostra capacità di fare opposizione, costruendo una solida alternativa al Governo di Centro Destra.

Il 25 ottobre confermerò la scelta che ho già fatto sostenendo la candidatura di Dario Franceschini.

La mia storia personale e politica mi avrebbe forse suggerito di compiere altre scelte, ma proprio perché avevo deciso di aderire con entusiasmo al progetto del Partito Democratico, ora mi sento sicura nel voler riaffermare: la prima identità da preservare e rafforzare è quella del partito democratico stesso.

Siamo nati due anni fa, una nascita che ha comportato fatica, tutt’altra cosa da chi crea partiti dai “predellini”, non voglio negare, con questo, difficoltà e responsabilità individuali e collettive che in questo difficile cammino abbiamo incontrato.

Sarebbe stupido nascondere che il consenso elettorale che abbiamo saputo raccogliere ancora non è all’altezza delle ambizioni che c’eravamo preposti, ciò non vuol dire che si debba dare per persa la partita intera o più semplicemente chiedere un time-out.

L’ambizione di quando siamo nati era quella di unire le storie e i percorsi dei riformismi italiani insieme ai talenti e alle esperienze di persone che per la prima volta si affacciavano alla politica, una funzione storica si diceva, che superasse anche i confini del nostro stesso Paese.

Purtroppo le sorti elettorali delle storiche socialdemocrazie europee stanno lì a dimostrare che anche in Europa è necessario un ripensamento sulla capacità di proposta politica delle forze progressiste, anche per questo giudico importantissimo lo sforzo che hanno fatto Fassino e Franceschini nell’ottenere la costituzione del gruppo dell’alleanza dei democratici e dei socialisti al Parlamento Europeo.

E’ necessario non tornare indietro per un progetto che può continuare ad avere un respiro europeo e per un partito che può ancora aspirare a governare il Paese a capo di una coalizione in cui il partito democratico abbia la forza sufficiente per delineare il profilo dell’alleanza, del programma e di assumerne la leadership.

Senza alcuna presunzione o supponenza solitaria, non penso che ci si possa permettere di appaltare ad altri la capacità di attrarre consenso, le alleanze sono indispensabili per vincere le elezioni, ma poi per governare è necessaria una guida strategica. Abituiamoci a un pensiero lungo, poiché credo che il solo tatticismo ci possa alla fine strangolare.

Ciò che più mi convince del progetto di Dario Franceschini è l’idea di preservare lo spirito originario del Partito Democratico, lo sguardo sul futuro, oltre le logiche del contingente, ma non nascondo che esiste anche una valutazione più umana e forse per questo meno politica, che attiene alla responsabilità.

Dario Franceschini di responsabilità ne ha dimostrata molta, assumendosi l’onere della guida del partito in un momento delicatissimo, dopo le dimissioni di Veltroni, a mio parere quel senso di responsabilità va pesato e premiato, in un partito in cui si è probabilmente poco abituati a uccidere i padri esercitandosi a farsi la guerra tra fratelli e sorelle.

 

Sara Valmaggi



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