12 ottobre 2009

RACCONTO. ECOPASS


Sono circa 20 minuti che sto aspettando l’apertura del centro. Le mie riserve di ossigeno sono ai minimi, credevo di farcela ancora per un giorno, ma da stupido ieri ho ceduto ad una lusinga. Quando mai! Non siamo neanche riusciti a finire.

Strano il ritardo di oggi. Non era mai successo che dopo venti minuti dall’apertura ufficiale

giornaliera della zona ossigenata, il varco fosse ancora chiuso.Un guasto mi pare improbabile, una grossa pressione agli ingressi più plausibile.Anche se qui all’ingresso Porta Romana, non mi pare ci siano più persone del solito.

Siamo rimasti in pochi a vivere in città. Milano oramai conta non più di 500.000 abitanti, la metà

stranieri e solo 30.000 i fortunati che possono risiedere nella zona ossigenata. Saremo un migliaio scarso oggi qui incolonnati al varco. Come tutti i giorni, Corso Lodi fino ad oltre Piazzale Lodi verso il Corvetto, è gremito di gente. Come si sa, il miglior momento per concludere affari è proprio durante l’orario delle code ai varchi.Sono le 19.30, mezzora oltre l’orario di apertura. Strano molto strano. Non un avviso, non un segnale, neanche le forze dell’ordine, non un ghisa! L’altro ieri ero entrato da Porta Isola, il varco di viale Zara, vicino a dove abito. Solo 5 minuti di ritardo e poi l’apertura. Come ogni volta che si entra, devi mostrare il pass o meglio l’ecopass, come lo chiamano i governatori. Una carta elettronica di accesso, che oramai ha sostituito la carta di identità, contiene i tuoi dati, la tua cartella clinica, registra ora e luogo di entrata, valuta lo stato delle tue riserve di ossigeno e registra ad ogni ingresso la tua immagine e chiaramente è l’unico titolo valido per pagare il nuovo ossigeno. Ho l’ecopass perché ho deciso di restare.

Sono 20 anni oramai, dal giorno in cui partì l’operazione Milano Pulita. Il grande progetto lanciato dal Comune di Milano, durante L’Expo del 2015. Tutti i cittadini erano stati chiamati ad una sorta di autoreferendum e cioè se decidere di rimanere in città a vivere o trasferirsi con incentivi del Comune in altre città o paesi della regione.

Il progetto per non fare morire la città era quello di isolarne una porzione, e cioè quella che pressapoco si identificava con l’area di restrizione della circolazione di automobili e di proteggerla in una bolla-ecologica, dove non era presente nessun tipo di agente inquinante e dove potevano appunto risiedere solamente il ceto governativo con le loro famiglie, l’apparato burocratico ed un contingentato sistema di servizi terziari destinati a questa fascia di popolazione. Per gli altri sarebbe stato possibile viverne al di fuori, in qualsiasi altra zona della città, con la possibilità anche di cambiare il proprio appartamento, visto l’enorme quantità di alloggi lasciati liberi, con la possibilità di entrare nella zona ossigenata per un massimo di 15 giorni in un mese e con un’apertura giornaliera dei varchi di 5 ore al giorno, appunto dalle 19 alle 24. A patto però che ci si registrasse all’ecopass.

Sostanzialmente è ancora tutto così, soltanto che entrare in centro oggi ha un piccolo aspetto in più: è l’unica maniera per acquistare ossigeno pulito, l’unica maniera di sopravvivere! Chissà perché sto ricordandomi queste cose, proprio ora; sono in fila e mancano dieci minuti alle 20 ed i varchi sono ancora chiusi.

All’inizio la scelta di rimanere a vivere a Milano e per di più nella parte meno pulita della città, non

mi era sembrata poi tanto male. I quartieri si sarebbero svuotati, avremmo potuto decidere di vivere in appartamenti più ampi, meno traffico, un vitalizio di sostentamento mensile fisso e sicuro, la possibilità di vivere una vita in fondo meno stressata. E poi di schifezze ne avevo già respirate tante e per tanti anni!

Solo senza una famiglia, non sarebbe stato un problema, eppoi chi se ne frega di vivere in centro, in quel centro fatto solo di governativi, figli di governativi e servi dei governativi!

Avrei continuato a scrivere su vari blog giornalistici, avrei continuato a fare il mio mestiere quello

di dare e costruire notizie per i web-utenti di tutto il mondo.

Del resto non solo Milano si trovava in questa condizione ma le principali città del mondo con un

minimo di sensibilità eco-ambientalista avevano preso decisioni come queste. E allora la gente, i governatori, tutti avevano bisogno di sapere cosa accadeva di reale al di fuori delle bolle di protezione. Ma nessuno inizialmente avrebbe mai pensato che l’ossigeno si sarebbe rarefatto con quella velocità! In meno di 5 anni, entrare in bolla come si dice in gergo serviva solo per acquistare ossigeno nei rivenditori autorizzati. E questo è possibile solo se si è accreditati appunto!

Sono le 20 e 15, ora tra la folla serpeggia visibilmente preoccupazione e nervosismo. Le riserve di

molti sono scarse oramai, se non si apre in fretta il varco, molti saranno condannati.

Le linee telefoniche cellulari sono intasate, tutti stanno chiamando dentro, i loro contatti, i loro

parenti in alcuni casi, ma nulla, non si riesce a parlare con nessuno.

Il sistema è bloccato. La comunicazione impossibile con l’interno. Ho ancora quasi 4 ore di ossigeno, decido di abbandonare la fila e di sedermi in uno di quei bar volanti costruiti lungo i lati delle file in attesa di entrare. Chiedo del the e provo a collegarmi alla rete wireless della città esterna con il mio nuovo palmare.

Proprio due giorni fa ero riuscito a comprarne uno nuovo appena entrato in centro per la ricarica di ossigeno.

Disponevo di molti crediti. Avevo scritto qualche giorno prima, su un blog che approfondisce questioni di costume, un articolo sulle abitudini sessuali di quelli in bolla.

Era piaciuto molto, avevo ottenuto quasi un milione di lettori; uno di quegli articoli che ti fanno stare tranquillo per più di qualche mese. Un milione di lettori significano quasi 700 crediti, una cifra impressionante per un articolo di costume. I tempi stanno cambiando!

Il segnale c’è mi sono agganciato, provo a cercare il mio unico contatto sicuro nella città pulita, uno dei redattori dell’ufficio stampa dei governatori, un vecchio compagno di bevute. Di tanto in tanto sento lui per avere degli spunti, da dentro, per i miei articoli. Era stata una sua riflessione a suggerirmi di scrivere il mio ultimo articolo. Lui non è collegato ma gli mando un messaggio. Voglio sapere che sta succedendo, perchè non aprono. Rimango in collegamento e spero di ricevere una qualche risposta. Nel frattempo tutti gli erogatori di ossigeno per le emergenze sono esauriti, il sistema elettronico di diffusione ha accettato soltanto i dispositivi di ossigenazione del sangue al di sotto dell’ora all’esaurimento. Ne ha regalata al massimo un’altra.

Avevo ricaricato il mio dispositivo e comprato il palmare. L’unico mercato all’aperto della zona pulita, si trova tra il piazzale della Centrale, la vecchia stazione dei treni, e Piazza della Repubblica. Una vasta area disseminata di piccole ma ordinate pagode, dove si può trovare di tutto e a prezzi moderatamente contenuti per essere in Centro. Un mercato riservato per lo più a chi entra dalla zona esterna e ai funzionari ed operai meno qualificati della bolla. Lì trovai il palmare, solo 200 crediti, usato e poi buttato mi disse il commerciante proprio da un governativo. Poi attraversai la zona ossigenata ed uscii da Porta Romana. Nel frattempo sull’idro taxi condivisi la corsa, 100 crediti, verso la Porta di uscita con una tipa, diceva di chiamarsi Linda, la stessa con cui ho rischiato di fottermi tutto l’ossigeno la notte scorsa.

BEEP!BEEP! Mentre cerco di ricordarmi almeno del suo profumo, mi arriva un messaggio. E’ il mio contatto: leggo messaggio da Pulitore per Emariot, il mio nick. Clikko e aspetto la comparsa del testo con il cuore in gola, è la prima volta da quando le porte non si sono aperte.

Mi scrive che da due giorni causa un’improvvisa epidemia di bronchite stanno schiattando uno ad uno. Pare che qualcuno della zona esterna, non in regola con i parametri di sicurezza sanitaria sia lo stesso riuscito ad entrare eludendo il sistema di protezione ai varchi, forse al seguito di una compagnia teatrale chiamata ad inaugurare la stagione della Scala, in occasione del nuovo anno governativo. La bronchite dentro non si può debellare, si deve solo esaurire, ma pare che gli esperti abbiano consigliato al sistema di controllo e comando di chiudere i varchi e sperare. Altri dicono che la fine è vicina per tutti. Il mio contatto è contento di morire, mi saluta e mi chiede quanto ossigeno ho ancora!

Sono le 21 e 30, mi rimangono due ore scarse, spengo il palmare, e corro al circolo. Per la strada iniziano a vedersi i primi morti, gli altri con ancora riserve per pochi giorni corrono ai varchi. Una voce incontrollata circola: prima o poi i varchi si apriranno. So che non sarà cosi.

Cerco Marco, Tareq e Maria del Mar, sono tutti extrapass una sorta di clandestini mutanti che non avendo voluto registrarsi come Marco o giunti qui per trovare qualche possibilità nel mercato nero dello smaltimento dei rifiuti, come Tareq e Maria del Mar, hanno sviluppato alterazioni al proprio sistema immunitario che gli consente di sopravvivere senza riossigenare il sangue. Alcuni scienziati della zona esterna stanno studiando questo fenomeno, nella speranza di trovare un sistema per salvarci dalla dipendenza di ossigeno. Come moderni dializzati speriamo in una liberazione. Troppo tardi. So cosa devo dire a loro. Che si preparino a rifondare la città, saranno loro i prossimi governatori, forse di una città nuova sicuramente senza il problema dell’ossigeno.

Non mi vogliono credere. Gli faccio leggere il messaggio, gli lascio il mio palmare.

Chiedo un the mi siedo al tavolino, mi manca un’ora e voglio godermela.

 

Emanuele Patti



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