21 gennaio 2015

MOVIDA. PER UNA VOLTA PARLIAMONE SERIAMENTE!


La lettera aperta pubblicata da ArcipelagoMilano la scorsa settimana sembra scritta dieci anni fa. Fatta salva la comparsa dei bastoni da selfie e il ritorno di moda del cocktail Moscow Mule, sembra non essere cambiato nulla nella percezione del cosiddetto “problema movida” rispetto all’era Moratti. Il dato più grave è la convinzione che la movida siano giovani studenti sfaccendati che si ubriacano mentre la società che lavora li mantiene. La vita notturna è oramai trasversale a tutti gli under40 ed è divisa in caste, gruppi, veri e propri movimenti, con le loro regole sociali e le loro usanze.

05marossi03FBÈ un mondo parallelo in cui ciascuno vive una seconda vita e in cui le regole della quotidianità vengono illusoriamente ribaltate. L’impiegato brianzolo arriva a Milano e si atteggia da milionario con due escort russe raccattate sui divanetti di qualche discoteca che più improbabile non si può. Piuttosto che i ragazzi di una qualche periferia abbandonata a se stessa che sciamano sul centro, cercando qualsiasi occasione di rivincita sociale verso i loro coetanei borghesi o verso l’arredo pubblico superfighetto che, giustamente, a loro fa male più di un pugno nello stomaco.

La vita notturna è un aspetto della vita sociale di ciascun cittadino occidentale sempre più importante: non è nient’altro che il naturale desiderio di uscire e incontrarsi durante la notte di una larga fetta di popolazione, con la possibilità di vivere i rapporti sociali in modo diverso dal normale. Questo crea un mercato vastissimo, che significa soldi e posti di lavoro a non finire; in cui, la fetta di nero, illecito e criminale è, se non maggioritaria, comunque enorme. Parliamo di milioni di euro riciclati dalle mafie, cui si affiancano quelli guadagnati nello spaccio, nella prostituzione, e nella gestione diretta di molti aspetti legali della vita notturna (buttafuori, parcheggiatori, somministrazione di alcolici, etc.).

Occorre dunque cambiare prospettiva, smettendo di considerare un problema ciò che un problema non è. La movida causa problemi di convivenza come ogni attività umana, ma non è e non sarà mai un singolo problema ben individuato. È un fenomeno e come tale va accettato e vissuto, a meno di voler militarizzare mezza città. Detto questo, ecco alcuni spunti concreti:

1) Il tema della legalità è fondamentale. Occorrono percorsi virtuosi di certificazione e promozione degli esercizi e delle attività che non fanno nero e che non sono in commistione con le mafie. Propongo un “bollino blu” della movida che permetta, in particolare ai ragazzi, di sapere dove possono andare a divertirsi senza favorire la criminalità organizzata.

2) Nelle scuole una massiccia campagna di educazione al consumo critico e consapevole di tutte le sostanze: dall’alcool alle metamfetamine. Come, per altro, suggerisce l’antidroga della Squadra Mobile di Milano (per i neofiti consiglio il documentario RAI “Cocaina”).

3) Differenziare al massimo. Incentivo alle attività collaterali: musica dal vivo, teatro, cinema, reading, Djset e qualsiasi altra cosa di culturale-politico-sociale possa affiancarsi al semplice bere e drogarsi, in modo da offrire più scelta. Best practices: l’APE nel Parco; il regolamento della musica di strada firmato Barberis – Gibillini; i tentativi di Alessandro Capelli di aprire gli spazi del comune alla Dogana e alla Fabbrica del Vapore o l’autogestione di spazi polifunzionali dedicati ai ragazzi come l’ex ZAM di porta Ticinese. Occorre consentire la scelta più varia, sopratutto ai 14 -17 enni che non devono vedere la propria crescita soggetta alle regole di un mercato notturno che letteralmente guadagna sulla loro pelle.

4) Una politica di gestione dei conflitti intelligente. Proposte spot: sostituire l’obbligo del bicchiere di plastica col vuoto a rendere; bagni pubblici ovunque; assunzione di “stuart di via” sul modello torinese che dissuadano da comportamenti troppo rumorosi o vandalici; incentivi pubblici per insonorizzazioni, doppi vetri e dehors; favorire forme di trasporto alternativo come taxi scontati, carsharing, mezzi pubblici notturni o anche driver a chiamata che consentano di non guidare ubriachi la propria auto (vedi la startup meneghina Driver2Home).

5) Una politica di diffusione della movida in ogni quartiere che individui e incentivi la creazione di mini distretti, consentendo di creare poli aggregativi razionalizzati alternativi a quelli nati casualmente e di volta in volta aboliti per intervento della forza pubblica o di improbabili cancellate.

6) La creazione di un grande polo del divertimento sull’asse della Stazione Centrale nei magazzini dell’ex mercato del pesce che, sfruttando i tunnel all’interno della stecca ferroviaria, la posizione strategica nella rete trasporti e la necessità di rivalutare un’area altrimenti “malfamata”, faccia da sfogo ai già strabordanti maxi distretti di Porta Garibaldi, Sempione e Ticinese.

Dulcis in fundo, il tema della sicurezza: è comprovato che se, da un lato, la movida crea continuamente problemi di ordine pubblico, dall’altra è una panacea per la sicurezza delle persone da aggressioni, stupri, furti e rapine. Una città viva e illuminata 24 ore su 24 è una città complessivamente più vivibile e sicura. Occorre, dunque, trovare un punto di incontro tra interessi contrastanti e tra punti di vista spesso veri e validi in modo complementare. Va richiesta tolleranza ai residenti, ma tocca sopratutto alla nostra generazione interrogarsi su come gestire diversamente i propri spazi sociali autogovernandosi e unendosi per estromettere dalle nostre vite le mafie e i comportamenti socialmente distruttivi e incivili. Siamo noi a dover garantire che il senso di libertà e il fascino dello stare insieme fuori dai vincoli quotidiani siano un’esperienza di crescita per tutti e non un problema di sicurezza pubblica o di schiavitù a logiche di mercato fin troppo feroci ed evidenti.

Giacomo Marossi



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