26 febbraio 2014

RENZI SI RICORDI DI COSIMO DE MEDICI


Il neo primo ministro Matteo Renzi ha subito chiarito che il suo non è un tentativo tradizionale, che intende portare al potere una nuova generazione e formare una nuova classe dirigente: “vaste programme“, direbbe il generale De Gaulle, ma è indubbio che proprio di questo c’è un bisogno quasi disperato in Italia oggi.

02dalfonso08FBI segni distintivi più evidenti sono un tasso piuttosto elevato di fiorentini nei posti di rilievo (più che comprensibile, siamo in Italia e le radici e i legami personali contano …) e l’attenzione forse persin eccessiva all’età media, dando ormai la parità di genere come un dato scontato dal 2011 dopo la Giunta Pisapia. Tra i criteri utilizzati nella formazione del governo c’è stato certamente quello di un marcato disinteresse, una vera e precisa scelta, per qualsiasi tipo di “copertura a sinistra” cui il Pd non aveva mai pensato di derogare finora. Chiusura evidente sul fronte sindacale e in particolare con il fu azionista di maggioranza del Pd, la Cgil di Susanna Camusso, la scelta sui ministri economici porta al modello confindustriale emiliano dei duri delle PIM metalmeccaniche piuttosto che al tradizionale mondo delle grandi aziende e alle joint-venture della cooperazione bianco-rossa che hanno caratterizzato l’ultimo decennio. Scelte discutibili e discusse , ma in qualche modo precise e nette in partenza.

Proprio per questo motivo colpisce come il neoleader del governo e del Pd non abbia voluto o potuto o saputo segnare una discontinuità altrettanto netta con il tradizionale disinteresse dei suoi predecessori, da D’Alema a Letta passando per Prodi, per il Nord e per Milano in particolare. Un disinteresse che si traduce nella scarsa per non dire nulla considerazione anche verso i propri referenti di partito, lasciando non solo che Milano sia ancora una volta “presidiata” dal solo centrodestra a livello ministeriale, ma non lanciando alcun significativo segnale, né politico né di altro genere, al mondo politico, economico, associazionistico milanese che è impegnato in quella che tutti ritengono essere l’unica chance di rilancio a breve, l’Expo 2015.

Confesso che mi è tornata in mente l’apertura della campagna elettorale di Veltroni nell’aprile del 2008 con il fondale di un delizioso paesino umbro che segnava anche cromaticamente la distanza dalle realtà urbane dove le vette e le valli sono il grafico dell’andamento del Pil: ancora adesso mi chiedo se il kennediano – mai stato comunista si sia reso conto di aver fatto come un candidato alla presidenza degli Stati Uniti che si disinteressa di New York o della California ma batte palmo a palmo le colline del Vermont e i prati del Maine!

Nel compilare la lista dei membri del suo Governo Giovanile Matteo Renzi, che pure si dichiara cultore della fiorentinità e della storia del Rinascimento, non si è ricordato di Cosimo de Medici. Il fondatore della dinastia mise fine alle lotte politiche grazie all’alleanza con Francesco Sforza e il modello bancario fiorentino fu vincente perché il Ducato di Milano era il suo “cliente” principale se non unico. Il suo concittadino aspirante fondatore di una nuova Italia pensa invece di fare a meno, sostanzialmente, di un territorio che nel 2013 ha avuto una crescita del 1,4 %, certamente insoddisfacente ma pur sempre superiore allo zerovirgola del resto dell’Italia, unica zona che tiene il passo della pur non velocissima vecchia Europa.

Il nostro nuovo premier è intelligente, sveglio e politicamente coraggioso: sono convinto che, non appena sfoglierà i dossier che si troverà sulla scrivania di Palazzo Chigi avrà mille occasioni per correggere, se lo riterrà utile, quello che a me pare un passo falso di partenza.

E poi, avere un rapporto diverso con Milano sarebbe salutare anche per lui: sono certo che si ricorda bene che la congiura de Pazzi fu sventata perché i Medici avevano saputo che qualche mese prima una congiura identica era avvenuta a Milano con l’uccisione in Santo Stefano di Gian Galeazzo Visconti Sforza e avevano preso qualche precauzione … .

 

Franco D’Alfonso



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