6 novembre 2013

SCUOLA ITALIANA: REQUIEM O RIPARTENZA?


‘I numeri da cambiare’. Con questo titolo Fondazione Rocca e Associazione TreeLLLe hanno raccolto in una pubblicazione sulla qualità dell’istruzione in Italia una ricca banca dati, che illustra le criticità del sistema educativo italiano nel confronto internazionale con altri paesi che raggiungono in formazione risultati decisamente migliori.

Non mancano primati riconosciuti anche alla scuola italiana, come il tasso di accesso alla scuola dell’infanzia più alto nell’Unione europea, con pratiche di eccellenza quali Reggio Children, esperienza sperimentale che ha saputo ispirare le politiche di interi paesi per gli interventi sulla prima infanzia e generare un network all’avanguardia nella ricerca e negli scambi pedagogici. Anche le pratiche didattiche della scuola primaria sono apprezzate a livello internazionale; la primogenitura della filosofia dell’integrazione degli alunni con disabilità, e più in generale dell’inclusione, è diventata un modello guida in Europa.

Ma per altri aspetti il nostro sistema scolastico ha la maglia nera. Tanti, troppi indicatori posizionano il livello di istruzione della popolazione italiana tra i più bassi della UE e dei paesi OCSE e tante sono le problematiche irrisolte dalle politiche scolastiche degli ultimi decenni: mancanza di un settore post-secondario professionalizzante non universitario, elevata percentuale di insegnanti anziani e ricorso al precariato nel reclutamento dei docenti che ha effetti non positivi sulla continuità didattica, carenza di figure dirigenziali, esiti disomogenei tra aree del Paese e soprattutto politiche ancora inefficaci per il contrasto dell’abbandono.

Se la tesi principale al centro del dibattito sul futuro della scuola è che il servizio scolastico pubblico ha ragion d’essere “solo e soltanto se riesce a eliminare discriminazione, coniugando efficienza con equità e eccellenza”, risulta evidente che molta strada resta ancora da percorrere affinché alla fine della scolarità obbligatoria tutti gli alunni, nessuno escluso, acquisiscano un insieme di competenze comuni a garanzia dell’esercizio del diritto di cittadinanza (1).

Con uno slogan che va ben più al cuore della missione educativa di quello delle tre I (inglese, informatica, impresa), possiamo dire che per sopravvivere in una dimensione di senso la scuola dovrebbe diventare il luogo delle tre E (efficienza, equità, eccellenza), parametri irrinunciabili in cui declinare l’obiettivo della qualità.

In gioco è la sopravvivenza del sistema scolastico pubblico come tale, in un trend di crisi generalizzato e finora inarrestabile. Le strategie politiche scolastiche necessitano pertanto – come afferma Norberto Bottai – di un ripensamento radicale: “se i sistemi scolastici pubblici non diventano più equi e più giusti socialmente si può allora seriamente temere per il loro futuro, perché ci si potrà e ci si dovrà chiedere quali sono le ragioni che ne giustificano la sopravvivenza“.

La nostra ‘scuola di tutti’, quella incisa negli articoli della Costituzione, non appare né equa né efficace e un Paese non all’altezza della sua scuola tradisce il proprio futuro“, ammonisce Mario Dutto. A scuola non si deve sciupare tempo, “ripartire è ricordare che per ogni studente il tempo della scuola è irripetibile; non c’è il secondo tempo, né il girone di ritorno“.

Non è il caso di rimanere schiacciati dai ritmi della consuetudine e di essere resistenti di fronte a ipotesi di cambiamento, ma per ripartire bisogna avere il coraggio e la visione di interrogarsi sul ruolo della scuola e di riposizionarla, chiamando il Paese alle sue responsabilità, costruendo soluzioni secondo strategie di consenso e trovando la capacità di parlare agli studenti di oggi e di coltivare talenti per assicurarci il futuro (2). Una partita tutta da giocare, siamo solo alla fase del preriscaldamento.

 

Rita Bramante

 

(1) N. BOTTANI, Requiem per la scuola, Il Mulino, 2013

(2) M. G. DUTTO, Acqua alle funi. Per una ripartenza della scuola italiana, Vita e Pensiero, 2013

 



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