23 ottobre 2013

BOCCIATI DAL RAPPORTO OCSE: ULTIMI DELLA CLASSE, ULTIMI DELLA CRESCITA


L’Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) ha reso pubblica negli ultimi giorni l’inchiesta internazionale dell’Ocse sulle competenze culturali minime della popolazione adulta in venticinque paesi dei diversi continenti. Si tratta di indagini condotte attraverso questionari graduati per misurare capacità di lettura e comprensione, scrittura e calcolo.

10bramante36FBPer l’Italia la situazione è drammatica, i dati lasciano senza parole: ultimi in classifica per competenze in lettura e al penultimo posto sia in matematica che per capacità di risolvere problemi in ambienti ricchi di tecnologia. Non manca la semplice capacità strumentale di leggere e scrivere, quanto piuttosto la literacy proficiency, cioè la capacità di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità. E non va molto meglio per la numeracy proficiency, che riguarda la competenza di accedere, utilizzare, interpretare e comunicare le informazioni numeriche, dati, tabelle e grafici.

Siamo davvero malmessi e la clamorosa bocciatura non risparmia neppure il nord della penisola. Oltre un quarto degli italiani, il 28%, si posiziona al livello più basso per competenze in Lettura, mentre il dato è al 15% nei paesi Ocse e scende al 12% in Norvegia: ciò significa che in Italia quasi un terzo della popolazione riesce a interpretare in un testo scritto soltanto informazioni semplici.

Stesso discorso vale per le competenze aritmetiche funzionali. Anche in questo caso l’Italia è fanalino di coda, lontanissima dalle posizioni apicali della classifica di Finlandia e Giappone. Ci troviamo di fronte a un fenomeno preoccupante di de-alfabetizzazione, al pericolo concreto di un analfabetismo di ritorno, che costituisce un limite anche nell’esercizio dei diritti di cittadinanza attiva e consapevole: in età adulta infatti le competenze acquisite a scuola, se non vengono esercitate, regrediscono in una misura pari a cinque anni di scuola. Il linguista De Mauro ci ammonisce che oggi ‘il regresso a meno 5 anni investe in Italia larga parte della popolazione con licenza elementare o con la sola licenza media’ (1). Un quadro fosco, che ci vede ben lontani dalla possibilità di centrare gli ambiziosi obiettivi della strategia ‘Europa2020‘.

Il nuovo analfabetismo funzionale ci riporta indietro a quel 70 per cento di analfabetismo assoluto che segnò il principio della nostra storia nazionale, miracolosamente battuto nell’arco di un secolo e mezzo. Siamo ‘Ignoranti‘, come intitola il giornalista Roberto Ippolito un suo recente saggio: ‘L’Italia che non sa è l’Italia che non va. L’Italia ignorante è l’Italia che non cresce e perde posizioni sul piano socioeconomico’ (2). Ultima in Europa per la crescita economica tra il 1999 e il 2011. Nessun paese registra un andamento peggiore. Tuttavia inspiegabilmente l’investimento nell’istruzione e nello sviluppo del capitale umano nel nostro Paese continua a essere del tutto inadeguato.

Il cammino è tutto in salita e la scuola ha un compito immane. Se il nostro Paese non vuole rimanere indietro, non può continuare a risparmiare sulla scuola. I ministri Carrozza e Giovannini osservano concordi che serve un’inversione di marcia: sarà la volta buona?

 

Rita Bramante

 

 

(1) T. DE MAURO, La cultura degli italiani, Laterza, 2004

(2) R. IPPOLITO, Ignoranti. L’Italia che non sa. L’Italia che non va, Chiarelettere, 2013



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