24 luglio 2013

ALIENI A MILANO? MOBBASTA


Calderoli e compagnia cantante, Maroni in testa, la smettano: mobbasta. Dagli insulti alla ministro Kyenge, al no alla pediatria di base per i bambini immigrati non regolari, al rifiuto di finanziare una campagna di sensibilizzazione conto il razzismo. Prigionieri delle loro fobie, si sentono evidentemente accerchiati dagli “alieni”. Ormai è troppo tardi, difficilmente riusciranno a difendere il loro fortino, verranno travolti dalla realtà: il mondo è già qui.

mattace_28I consolati stranieri a Milano sono poco meno di 80: 22 africani, 17 americani, 38 europei, 2 dell’Oceania, per numero siamo competitivi con New York, sede Onu. La forte presenza delle multinazionali non è casuale, quasi il 20% della popolazione milanese è straniero. Il primo gemellaggio Milano lo sigla con San Paolo nel 1961, ne seguiranno altri tredici: Chicago (1962), San Pietroburgo e Lione (1967), Francoforte (1969), Dakar e Birmingham (1974), Shanghai (1979), Osaka (1981, Tel Aviv (1997), Betlemme (2000), Toronto e Cracovia (2003), Melbourne (2004).

Recentemente – i leghisti devono essersi distratti – la città si è candidata a ospitare 20 milioni di visitatori, i paesi che hanno aderito all’Expo 2015 per ora sono 131, via Dante, il nostro Boulevard delle bandiere, è lì a ricordarcelo.

La vocazione globale di Milano è una realtà consolidata: “I confini reali della metropoli sono definiti dalle relazioni ‘deliranti’ (che escono dal confine = lira ndr) attivate dai suoi cittadini, capaci di catalizzare relazioni a livello mondiale. Infatti il database della Loughborough University colloca Milano fra le cinque più importanti metropoli al mondo, fortemente relazionata con Francoforte e le città anseatiche in Europa, con le città della costa del Pacifico in USA, un po’ meno con il sistema asiatico”, così Giuseppe Longhi sulle nostre colonne nel 2011.

“(…) A Milano è assegnato il ruolo di polo sud nel club delle metropoli europee di eccellenza con l’impegnativo ruolo di essere la capitale mediterranea dell’Europa e di collegamento con i grappoli urbani con centro Vienna e Budapest, per connettere il Mediterraneo alla via della seta. In presenza di personale politico adeguato oggi dovremmo essere gli interpreti naturali della nuova missione del Mediterraneo e del Sud-Est Europa, che non è un ruolo da poco.”, ancora Longhi.

È inevitabile che Milano sia crocevia, si tratta di trovare le giuste misure per la convivenza, di ricalibrare gli spazi, perché tutte le comunità trovino la loro dimensione urbana. La faglia più sensibile è quella con l’Islam (la tshirt anti mussulmani del Calderoli, sempre lui, chi se la scorda) e come ogni anno il Ramadan sintetizza le tensioni, la preghiera collettiva ripropone la questione degli spazi religiosi. E non è un caso che le attenzioni più sensibili siano quelle del mondo cattolico milanese.

Sono più di due anni che i padri della mensa dell’Opera San Francesco di corso Concordia durante il mese del Ramadan, che impone il digiuno diurno, preparano pranzi al sacco per la sera per i fedeli mussulmani: «Non è possibile, abbandonare i nostri fratelli in questo momento», le parole del padre superiore Maurizio Annoni. La Comunità di Sant’Egidio invita a celebrare l’Iftar, la rottura del digiuno, insieme alle comunità musulmane di Milano e Lombardia: preghiera di cristiani e musulmani, in due luoghi adiacenti, e rottura del digiuno con un rinfresco comune.

E d’altro canto è mussulmano anche lo sceicco Hamad bin Khalifa Al-Thani che con il fondo sovrano Qatar Holding (Qh) ha confermato la sua entrata nello sviluppo immobiliare di Porta Nuova, così come i facoltosi visitatori dell’Expo cha avranno il desiderio di pregare in una moschea, quella stessa che anche il cardinale Scola auspica possa essere costruita.

L’integrazione è l’orizzonte di riGenerazioni, un progetto del Comune di Milano, in partnership con ICEI, per parlare con i giovani cittadini milanesi di “seconde generazioni” (figli di migranti, nati in Italia o arrivati nel nostro Paese nei primi anni di vita, che per legge non hanno diritto alla cittadinanza) e nuove idee di cittadinanza, e del GLab che opera all’interno dell’assessorato alle Politiche Sociali.

Un orizzonte non poi così lontano come dimostra la storia confortante della scuola elementare di via Paravia, «quella “scuola ghetto” da cui gli alunni italiani scappavano perché c’erano “solo immigrati”. Era stata l’ex ministro alla Pubblica istruzione, Maria Stella Gelmini, a imporre – varando il tetto del 30 per cento di stranieri – la chiusura dell’elementare di via Paravia, quartiere San Siro, a ridosso delle case popolari. E invece, dopo un anno di sperimentazione di nuovi progetti educativi e di sforzi congiunti delle istituzioni e del volontariato, riparte a testa alta la primaria con il più elevato numero di immigrati della città», le iscrizioni aumentano e le classi raddoppiano.

Il nuovo passo lo dettano le comunità che da più tempo abitano in città: è dagli anni venti che i cinesi sono in via Paolo Sarpi. È di questi giorni l’apertura del primo supermercato e Mall cinese: l’iniziativa è dei giovani trentenni delle famiglie cinesi, imprenditori e dalle esperienze internazionali, l’obiettivo è attirare oltre che i consumatori italiani i turisti in arrivo dalla Cina, ed è noto l’accordo tra Expo e la Repubblica Cinese che ne prevede un milione.

Ma il quadro delle nuove relazioni lo tratteggia Angelo Ou, personalità di spicco della comunità cinese, in una intervista di Carlo Verdelli su Repubblica: «Il sindaco non è mai venuto a una nostra manifestazione, né organizzato un incontro con la nostra comunità, ha ospitato il Dalai Lama ad Assago, dove di solito facciamo le feste cinesi. Quest’anno siamo stati costretti a spostarci al PalaSesto, essendo Assago ormai contaminato». Per quanto grandi e potenti, siete ospiti, signor Ou. «Certamente. Ospiti particolari, però. Ho riunito i nostri giovani e ho detto loro: va bene laurearsi in Bocconi o al Politecnico, ma adesso è arrivato il momento di impegnarsi anche in politica. Vedrà che alle prossime amministrative la nostra comunità comincerà a dare segni di sé. D’altronde, amiamo l’Italia. Il nostro ideogramma per il vostro Paese è un sole e un cuore».

Andrew Cuomo governatore italo – americano dello stato di New York: a quando un sindaco di Milano sino – italiano?

 

Giulia Mattace Raso

 



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