12 giugno 2013

BILANCIO, TRASPORTI E VOTO DI SCAMBIO


Il Comune per far quadrare il bilancio sembra che incasserà un certo numero milioni da ATM, sua propria impresa (contando su una sua futura ma non specificata efficientizzazione…), impresa che però il Comune stesso sussidia generosamente, e alla quale ha tuttavia appena accollato il pagamento di 260 milioni (credo) per i nuovi treni della MM1, che avrebbe dovuto pagare vendendo o collocando in borsa SEA, altra sua impresa, dalla quale tuttavia potrebbe ricevere indietro 400 milioni di aiuti indebiti (360 più gli interessi cumulati), giudicati anticoncorrenziali dall’Unione Europea. “Houston, we have a problem…..”, per citare il celebre messaggio mandato dall’Apollo 13 quando gli esplose parte della capsula lunare.

Ma questo quadro un po’ surreale va arricchito di dettagli: i treni della metropolitana da rinnovare sono molti di più di quel lotto iniziale, e anche il parco circolante di superficie appare vecchio e bisognoso di rinnovi, anche per ragioni ambientali. Ora, stando a una nobile tradizione pluriennale, ATM non accantona risorse per rinnovare la flotta dei veicoli man mano che questa invecchia, come qualsiasi impresa normale dovrebbe fare, ma conta su risorse straordinarie che devono arrivare dal cielo, inteso come Stato, Regione o Comune stesso.

Verosimilmente, ATM andrà in rosso in anni futuri, o dovrà fermare dei veicoli per vetustà. Ma è ottima e diffusa tradizione politica non preoccuparsi troppo dei buchi di bilancio futuri, soprattutto di imprese pubbliche che non possono fallire: qualcuno pagherà (cfr. l’intervento del cielo sopra citato).

Questo tragico quadro è certamente in parte responsabilità della giunta precedente; ma solo in parte, visto che nulla sembra cambiato. E il quadro non sembra proprio che sia stato gestito da quella attuale in modo trasparente, denunciando da subito la gravità dei problemi sopra descritti, e ricercando da subito specifici rimedi, e sanzionando da subito le responsabilità “interne” della situazione. In particolare la multa a SEA Handling ha generato solo vive e vibranti proteste contro le “inique sanzioni” europee, mentre sapevano tutti che quei sussidi erano indebiti (e indebitamente pagati con soldi pubblici, cioè di tutti noi).

Ora si devono aumentare molto le tasse, già altissime, e tagliare i servizi. Colpa di Roma e della UE, mai delle efficientissime amministrazioni locali, o dei costi stravaganti dell’EXPO, che fanno parte di questa cultura del “qualcun altro poi pagherà”. Tra l’altro l’EXPO viene giustificato in termini di rilancio economico, e alzare tasse già altissime è una politica che non va esattamente nella stessa direzione.

Ma veniamo a una nota ancora più delicata e dolorosa: i costi del lavoro pubblico nel settore dei trasporti. La recente teoria economica della regolazione individua nel “voto di scambio” tra sfera politica e dipendenti pubblici una delle principali cause dell’inefficienza delle amministrazioni, a tutti i livelli. In questo, non vi è alcuna responsabilità né dei lavoratori, né dei sindacati che legittimamente li difendono. Se gli imprenditori privati sono non solo moralmente autorizzati, ma oggettivamente incoraggiati a ricercare con tutti i mezzi leciti il bene delle loro aziende (e il loro), perché i lavoratori del settore pubblico non dovrebbero fare lo stesso?

Questo quadro è storicamente inquinato proprio dal voto di scambio, per il quale il decisore pubblico, unico vero responsabile, “vende” gli interessi della collettività nell’avere servizi pubblici a bassi costi e di buona qualità, per il proprio interesse egoistico a essere rieletto, in sé non illegittimo. E questo è tanto più grave nel caso vi siano “altri obiettivi” nell’azione politica, assai meno legittimi ma purtroppo assai frequenti e pervasivi.

Per concludere, nessuno contesta diritti e posizioni acquisite dai lavoratori pubblici. Ma forse ci sono dei limiti di ragionevolezza: perché per esempio i lavoratori di un’impresa privata che perde, in un contesto competitivo, un’importante commessa, devono spesso ricorrere alla cassa integrazione, o addirittura rischiare il posto di lavoro, mentre nel settore dei trasporti pubblici, in caso di una gara persa, le tutele del lavoro debbono essere molto più rigide, configurando situazioni di privilegio corporative, solo per ragioni di “voto di scambio”?

Un’analisi pubblica e trasparente dei livelli retributivi medi (non quelli degli ultimi assunti!) nel settore dei trasporti e delle concessioni pubbliche (ATM e SEA in primo luogo), che mettano in luce agli elettori le cause reali del dissesto di molti settori e di molte imprese sarebbe certo un passo importante nella trasparenza annunciata dalla presente giunta come valore democratico fondamentale, e contribuirebbe ad aprire un serio dibattito politico sui meccanismi di “voto di scambio” ai quali si è accennato.

 

Marco Ponti

 



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