16 gennaio 2013

LA SALUTE E L’INDUSTRIA DEL “RIMEDIO”. IDEE PER IL DOPO MONTI


I diritti vivono con Istituzioni forti, che fanno politiche attive e favoriscono la partecipazione, la mobilità sociale e spazi di libertà responsabile. Il laburista Ed Milliband le chiama politiche predistributive. Per queste politiche a Milano siamo pronti. Che sia il Lavoro o la Sanità, i
diritti attivi sono, a loro volta, la via per rafforzare le Istituzioni.

Massimo Cingolani in un precedente numero di ArcipelagoMilano ha illustrato diversi modi per articolare e mettere in sicurezza il sistema sanitario, dalle mutue alle polizze integrative, senza cadere nell’eccesso americano che ghettizza i più deboli. Monti ha fatto bene a dire: servono “nuovi modi di finanziare” il sistema sanitario.

Mi chiedo come favorire un afflusso di risorse che premi le eccellenze della Sanità e insieme rafforzi (renda effettivi) i diritti e le sicurezze dei cittadini. Si possono riconoscere nel Pubblico diritti di personalizzazione della cura (tempi, specialisti, comfort). Si renderà così tutto il sistema più trasparente e si attiverà una sana concorrenza per la salute. Non la competizione lasciata a se stessa, bensì un con-correre a tre: la Politica orienta e regola, l’offerta si espone e il cittadino sceglie.

Se pensiamo buoni la trasparenza d’offerta e spazi di scelta del cittadino, e se crediamo – con Michael Walzer – che le Istituzioni debbano essere strumenti di lotta, usati per correggere i rapporti di potere e dare una forma più giusta alla vita comune, possiamo vedere due belle occasioni di con-correnza (che non c’è):

1) quella tra Ospedali e Cliniche. Tra Pubblico e Privato. Adesso, cosa sceglie il cittadino con il sistema degli accrediti? Molta cosmesi, poca sostanza. È pilotato, passivo. E una sola cosa farà partire la concorrenza tra pubblico e privato: aprire anche nell’ospedale spazi di consapevolezza e scelta da parte del malato. Penso ai Reparti solventi che Rosy Bindi provò invano a far decollare. Si sono invece allungati i tempi e ingrassato il privato. Con una sana concorrenza, il pubblico potrebbe catturare una bella fetta dei 36 miliardi oggi spesi privatamente per la salute. Ed emergerebbe il privato d’eccellenza vera, incentivato a investire in grandi rimedi, prima che in grandi relazioni.

2) la concorrenza tra industria del “rimedio” e Salute. Oggi la Sanità è un monopolio: del “rimedio”, di chi ha interesse alla Malattia. Serve una concorrenza per la Salute. Attori in campo interessati alla Salute, alla prevenzione. Così capiremo “Dove si nasconde la salute” (testo esemplare di Gadamer) e potranno avere un freno i costi del rimedio.

Faccio due esempi di iniziative che aiutano questo secondo concorrere: primo esempio. A Milano, Pisapia vuole che nascano le Case Mediche. Sono istituzioni pubbliche gestite da gruppi di medici; il riferimento di zona per la cura della salute, oltre che di patologie gestibili. Sempre aperte, alleggeriscono i Pronto soccorso e aiutano ad affrontare le epidemie stagionali e comportamentali.

Secondo esempio. Le Assicurazioni. Sul loro ruolo si leggono sciocchezze. Dico subito: se chiamate in campo senza un indirizzo e un accordo politico, esce facile qualcosa di storto, tipo la Sanità Usa, appunto, dove l’assicuratore copre i monopolisti del rimedio. Con un serio patto, vedremo il potenziale di questo attore di mercato interessato alla salute, nonché grande investitore istituzionale di lungo periodo.

La stessa Ue ci invita (per le Catastrofi naturali) a utilizzarne il know how di valutazione dei rischi. Qualunque progetto e iniziativa dovrebbe avere la sua “quotazione”. E se non l’ha, significa che è un azzardo, da lasciar perdere.

Sul tema Salute, ci si chiede in particolare – a destra come a sinistra – se la polizza debba essere sostitutiva del servizio pubblico oppure aggiuntiva, integrativa. Penso che il diritto alla salute non sia limitabile al servizio di base, garantito. Deve aprire, per tutti, a possibilità di scelta responsabile (pagata). Scegliere anche nel pubblico: Reparti solventi e prestazioni professionali, che premiano eccellenze e vincolano a miglioramenti degli standard di base e a riduzioni dei tempi di attesa. Ci siamo capiti.

Peraltro, lo stesso assicuratore accorto dirà di essere “integrativo”. Lo diceva Alfonso Desiata, a lungo a capo delle Generali, memore di una storia ricca di valore sociale. L’assicuratore è al mondo per aiutare i coraggiosi ad andare oltre le tutele comunitarie. Non le sostituisce. Nei secoli dal XIV al XVII è a fianco dei commercianti che trafficano con l’Islam e solcano l’oceano; sostiene poi la rivoluzione industriale e la globalizzazione. Oggi ha toccato i limiti della statistica e – come ha insegnato un profeta della probabilità, Bruno de Finetti – vede la necessità di una cultura diffusa di valutazioni, decisioni, responsabilità per gestire i rischi. Senza, ci dice, il rischio moderno non è tale. È privo di misura; è fuori controllo. Vale anche per la salute.

La sua mediazione può favorire un ruolo attivo dei cittadini rispetto alla cura, e pratiche più relazionali da parte medica (unico modo per rimettere in carreggiata la disastrata Responsabilità civile dei medici). E non ha un interesse privatistico. È stato anzi spremuto dalle cliniche. Usato come un tram.

E quanto può costare la polizza di massa “integrativa”? 1.500 euro a famiglia (4 persone). Oggi la polizza costa il doppio, perchè paga due volte alcuni servizi. È per pochi. Molti aspetti sono da chiarire. In particolare il vincolo tariffario, la durata e la prospettiva della polizza Salute, ovvero l’Autosufficienza, dove tre sono le parole chiave: Relazioni, Prevenzione e Riabilitazione. Possono ridurre del 50% il rischio più grande.

L’assicuratore, già ora favorisce percorsi di prevenzione e può domani investire sui Reparti solventi degli ospedali e sulle Case Mediche di Pisapia. Ha una risposta positiva alla sollecitazione di Monti.

 

Francesco Bizzotto

 



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