18 dicembre 2012

MONTI E IL SISTEMA SANITARIO LOMBARDO


Mario Monti ha ultimamente fatto un’altra affermazione che ricorda la fiaba del re nudo, infatti ha detto quello che tutti sanno e che nessuno ha il coraggio di dire, cioè che la sanità pubblica non può reggere ancora per molto e che rischia il collasso. Subito non sono mancate prese di posizioni di principio sul welfare ferito al cuore, sul pericolo privatizzazione (con quali soldi?), in particolare da parte del sindacato, che non ho capito se si riferiva agli interessi dei cittadini o degli addetti, dei quali non sempre la produttività è in linea con le aspettative. La paura di una sanità all'”americana”, che ignora i diritti sociali, dei più deboli e dei più poveri, contribuisce a frenare ogni iniziativa di riforma.

Nella realtà lombarda di fatto esistono già due sanità, in particolare per le visite specialistiche, la riabilitazione post traumatica, la chirurgia in day hospital, alcune spese medicinali, per non parlare delle cure dentarie. Ma quello delle spese odontoiatriche è così da sempre, la sanità pubblica si ferma davanti allo studio dentistico, come se avesse pudore a entrare. Succede così che chi può, o può a costo di enormi sacrifici è costretto a rivolgersi alla sanità privata per necessità e non per scelta, perché i servizi o sono scadenti o hanno dei tempi molto lunghi di attesa. Infatti la spesa annua per ecografie, analisi del sangue e farmaci è di circa 30 miliardi di euro, quasi un quarto del 140 miliardi spesi dal sistema sanitario nazionale

Individuare delle possibili soluzioni, senza abbandonare il principio che il sistema deve tutelare le fasce più deboli della popolazione non è semplice. Che siano necessarie competenze tecniche ed economiche, per poter effettuare tagli selettivi premiando qualità e merito è un’affermazione ragionevole, ma difficile da mettere in pratica in quel mondo che è la sanità pubblica.

Tra le possibili soluzioni ci potrebbe essere la creazione di fondi sanitari integrativi sul modello delle pensioni, in pratica datori di lavoro e lavoratori versano delle quote dando vita a degli enti bilaterali che pagano in convenzione chi presta servizi sanitari, compresi anche le spese dentarie, già questa offerta favorirebbe il successo dell’iniziativa. Oltre a questo secondo pilastro, si potrebbe sviluppare un terzo dato da polizze assicurative. Questo sistema sarebbe poi regolato da ticket progressivi legati al reddito avendo come riferimento l’Isee. Attualmente la struttura dei ticket riguarda solo il 4% della spesa sanitaria, praticamente un’inezia.

Il discorso polizze è delicato, perché è un mercato dal quale le compagnie di assicurazione tentano più di uscire che di entrare, proprio per la certezza del rischio a seguito dell’aumento di patologie e per l’invecchiamento della popolazione, è un dato certo che negli ultimi sei mesi di vita si spende per una persona metà di quello che si è speso durante tutta la sua esistenza. Inoltre le assicurazioni, appena si manifesta una malattia cronica annullano il contratto, per cui dovrebbe essere istituito un fondo specifico nel quale fare transitare le polizze per i soggetti a rischio.

La sanità, sopratutto nella sua struttura locale, dovrebbe recepire dalla mentalità assicurativa il concetto di prevenzione attraverso screening nei luoghi di lavoro e nei centri di aggregazione sociale. Ad esempio da quando è stata sospesa la leva obbligatoria non ci sono più i famosi “3 giorni”, che per la popolazione maschile era un vero e proprio check up di massa, sono in aumento diverse patologie tra i giovani. Questo dato è più che significativo sull’importanza della prevenzione.

Altro grave problema della sanità è la malpractice medica, nel 2010 le denunce sono state più di 34.000, e il costo dei risarcimenti è talmente alto che nessuna compagnia di assicurazione è più intenzionata ad assicurare le ASL. Infatti ogni 100 euro di premio incassato il settore assicurativo ha versato quasi 160 euro. Attualmente l’ospedale di Niguarda non ha trovato nessuna compagnia di assicurazione disponibile ad accollarsi il rischio. Vista questa situazione alcuni accorti manager di aziende sanitarie pubbliche, compreso l’intero sistema sanitario veneto, hanno pensato bene di assicurarsi con compagnie rumene con capitali sociali inferiori al costo di un risarcimento, senza che la Corte dei Conti sia intervenuta contro gli amministratori incapaci. Probabilmente perché questi amministratori, e anche altre figure nelle ASL, sono di nomina partitica e il fatto che movimentino milioni di euro, in un ambiente ricco di opportunità fraudolente, lo possiamo considerare un costo accessorio della politica.

Un modo per cercare di migliorare questo complesso, e un leggero miglioramento sarebbe già qualcosa, potrebbe essere quello di introdurre una metodologia di certificazione e rating delle strutture sanitarie, perché solo la raccolta dei dati permetterebbe di capire dove si genera l’errore e l’eventuale dolo.

Le possibili soluzioni ci sono e sono tutte da approfondire, coinvolgendo tutte le parti dagli operatori agli stakeholder, fino a ora è mancata la volontà politica, equamente distribuita tra tutti. Bersani ha appena dichiarato “Dobbiamo alzare la nostra asticella: vincere le elezioni senza raccontare favole”, vedremo se inizierà dalla sanità.

 

Massimo Cingolani

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti