21 aprile 2009

EXPO: IL TEMA È L’ALIMENTAZIONE, FORSE PERÒ DI UN TIPO PARTICOLARE


La logica dei “grandi eventi”, tipo le olimpiadi, i campionati mondiali di calcio, le esposizioni universali è evidentemente e dichiaratamente quella di realizzare molte e importanti opere, principalmente pubbliche, ottenendo per l’evento risorse altrimenti non ottenibili, o ottenibili in tempi diversi, Cioè sottrarre risorse a altri usi, o a altri territori.

Questa premessa appare già di per sé insensata: gli eventi in questione, di breve durata per loro natura, dovrebbero miracolosamente determinare in modo più razionale che nella prassi ordinaria la realizzazione di opere di lunghissima durata tecnica (metropolitane, edifici espositivi ecc.). Le esperienze di altri eventi analoghi (Siviglia, Atene, le stesse olimpiadi di Torino) consentono elevate perplessità, a motivo della drammatica sottoutilizzazione di molte opere, estremamente onerose per le casse pubbliche. Forse se fossero state fatte altrove o in tempi diversi erano soldi spesi meglio…ma nessuna verifica seria è possibile.

A questo aspetto si associa l’assoluta non trasparenza sui reali costi pubblici di queste operazioni: che scrive ha spesso chiesto a funzionari, operatori, giornalisti coinvolti anche in prima persona nelle olimpiadi torinesi, se gli era noto che erano costate ai contribuenti 2,5 miliardi “cash” di Euro. Nessuno ha mai saputo rispondere, e molti sono rimesti stupefatti dalla notizia.

Per l’expò di Milano speriamo non sia così, per carità, e che in stazione centrale vi sia una scritta luminosa, analoga a quella per i giorni mancanti all’Alta Velocità, che registri in tempo reale i soldi pubblici e privati che vengono spesi. Non si vedono poi mai analisi ex-post indipendenti dei risultati, economici e non: per definizione, si tratta sempre di “grandi successi”: a quale amministrazione a distanza di anni converrebbe verificare che si sono sprecati soldi pubblici, o che si sono indebitamente arricchiti soggetti privati? (come noto, in queste vicende le gare funzionano poco…). Certo, per l’expo di Milano il valzer delle erogazioni pubbliche è ancora in corso, ma si parla di importi molto rilevanti. Anche i privati mettono soldi, non c’è dubbio: ma chi controlla il reale livello di rischio di tali investimenti? Quanti di questi godono di garanzie pubbliche, esplicite o implicite (riacquisto, compensazioni su altri tavoli ecc.)?

Tra i rischi poi vi è anche quello noto come “rumore di fondo”: l’eccezionalità di questi eventi, date le logiche economiche e di visibilità (e irresponsabilità) politica che li muovono, è in diminuzione col crescere della loro numerosità in tutto il mondo. Se i visitatori saranno 15 milioni invece di 27, chi risponderà (dei denari pubblici….i privati, come si è detto, probabilmente hanno mezzi per cautelarsi, come è d’altronde più che logico)?

Infine, i problemi di gestione emersi nell’ultimo anno non sembrano lasciar dubbi sull’assoluta centralità del tema “controllo dell’erogazione dei fondi” rispetto al tema “successo culturale dell’evento”, cioè si ha l’impressione che ai temi dell’alimentazione mondiale, e come meglio rappresentarli e comunicarli nell’evento e dopo, si sia lasciato uno spazio molto ridotto (comunque assolutamente non percepito dalla cittadinanza). Forse altri appetiti sono stati percepiti assai di più.

Dobbiamo augurarci ovviamente ogni successo per l’evento, visto che comunque saranno spesi moltissimi soldi nostri. Speriamo anche di sapere dove sono realmente destinati a finire, e di saperlo da soggetti neutrali, non “chiedendo all’oste se il vino è buono”.

Marco Ponti



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