13 novembre 2012

NOTE SPARSE SUL “FINE-TUNING” DEL RIENTRO


Rientrando dopo un viaggio all’estero occorre sempre fare una operazione di aggiustamento, un po’ come si faceva una volta con la sciolina artigianale (nera, rossa, argento ecc) a seconda della neve. Oppure come si dovrebbe fare con i carburatori cambiando l’altitudine. A volte l’adattamento è fisico, dopo due anni negli Stati Uniti avevo chiaramente perso delle immunità e ho passato un anno con gli occhi gonfi e il naso che colava tenendomi in piedi con dosi massicce di istaminici. Ora il viaggio è stato più breve, ma l’adattamento è comunque necessario, mentale più che fisico. Ma anche il fisico vuole la sua parte.

Ma perché le case sono così calde? A New York, dove per tradizione le case sono molto calde, il riscaldamento si accende automaticamente quando la temperatura scende sotto i 55 Fahreneit (12,78 Celsius). Si sta bene, ma non ho avuto la sensazione di avere troppo caldo. Di notte hanno tutti (per quanto ho potuto vedere) i piumini. A Milano c’è più o meno la stessa temperatura, forse oggi un po’ più freddo, ma in casa con lo stesso tipo di vestiti che avevo lì (camicia e T shirt) ho troppo caldo. È vero che i milanesi hanno una tradizione di case calde che Bianciardi stigmatizzava rimproverando ai milanesi di andare in bagno la notte “senza le babbucce”. In tutto il mondo, rimproverava Bianciardi, di notte per andare in bagno si mettono le babbucce. A me, soprattutto ora che ho un certo numero di anni, il caldo fa molto piacere, alla malora le babbucce; ma se in una casa devo pagare il riscaldamento per poi sudare o dovere aprire la finestra penso che ci sia qualcosa che non funziona.

Le nuove porte di Milano? I cessi di Linate. Anni fa ero stato messo in una commissione comunale (da cui mi sono rapidamente dimesso perché non era il mio mestiere) che con ampio uso di retorica cercava di individuare le nuove porte di Milano. Io avevo già il sospetto che le nuove porte dovessero essere poste a Malpensa, a Linate, allo svincolo di Fiorenza, a Melegnano e ad Agrate, ma ora ho le idee molto più chiare: per chi arriva da lontano il primo incontro con la città, prima ancora di ritirare i bagagli, avviene nel cesso di Linate. Capisco che le persone perbene arricceranno il naso e se la prenderanno subito con i sociologi che si occupano di trivia, ma il diavolo, ormai lo sappiamo tutti, “is in the details” e la qualità di questi posti pubblici di riposo o ritirata non è affatto insignificante e rimando ad Harvey Molotch il sociologo che ho citato nello scorso numero di ArcipelagoMilano che ha scritto su questo tema un libro importante (“Toilet: Public Restrooms and the Politics of Sharing” Nyu Series in Social and Cultural Analysis, 2010).

Credo che chiunque viaggi un po’ di qui e di là, convenga che è preferibile di gran lunga atterrare dove ci sono cessi svizzeri o scandinavi piuttosto che quelli di un paese subtropicale. Quelli inglesi fanno storia a sé, il mio collega e amico Bill Murdoch, biologo a UCSB, sostiene che nei gabinetti inglesi prospera una specie di muffe che si trova solo nelle grotte di Altamira: relata refero, ho frequentato poco entrambe ma ho il vago sospetto che possa essere vero. Comunque ognuno di noi ha un suo implicito giudizio di civiltà legato ai luoghi pubblici, e le toilettes lo sono. La gag che abbiamo in famiglia su dove tracciare la linea del sottosviluppo, è la sostenibilità dell’asse di copertura della tazza: nelle aree sviluppate, l’asse sta su da sola e non ho bisogno di entrare nei dettagli della fisiologia e dell’abbigliamento maschile per spiegare che anche operazioni semplici da quelle parti richiedono spesso due mani.

Nel sottoviluppo l’asse non sta su da sola, ma deve essere tenuta su con una mano. Non è tanto il fastidio dell’asse che a volte cade in corso d’opera, ma i presupposti costruttivi: infatti le ragioni per cui l’asse del gabinetto non stanno su da sole derivano esclusivamente dalla qualità del montaggio. Per stare su da sola l’asse richiede solo di essere di poco, anche solo mezzo millimetro, al di là della verticale, ma se chi ha montato la tazza non tiene conto di queste distanze (parliamo di oggetti con forte standardizzazione a livello globale) e monta la tazza troppo verso il muro o la cassetta retrostante, l’asse non supera la verticale, spesso di un soffio, e ricade giù. Tracciando sulla mappa i punti in cui sono state osservate assi del cesso instabili, è possibile individuare una linea del sottosviluppo, perché oltre alle assi del cesso su o al di là di questa linea si trovano anche porte che chiudono male, finestre con spifferi larghi 5 cm nonché tante altre piccole nefandezze che allietano la vita quotidiana: l’asse del cesso per la sua semplicità accessibile e per la sua reliability, cioè la capacità di una misurazione ripetuta di misurare sempre la stessa cosa è anche una misura con grande validity, cioè l’oggetto che si misura è privo di ambiguità e le misurazioni coincidono con altre osservazioni indipendenti.

La linea è ben precisa, ma vi sognate se pensate che ve la dica io: ognuno si tracci la sua e si vedrebbe che coincidono. L’unica eccezione nella mia serie di osservazioni puntuali, è stata (con mia grande sorpresa), un hotel costosissimo (The Shutters. On the Beach a One, Pico Boulevard, Santa Monica), ma tutte le regole hanno qualche eccezione e forse di qui si potrebbe partire per una riflessione sul cosiddetto quarto o quinto mondo, cioè la forza lavoro precaria nel capitalismo avanzato. E di nuovo qualche benpensante solleverà il sopracciglio, ma la verità è che in medicina nessuno se la prende con i medici se si occupano degli ascessi o delle parti meno nobili del corpo e in veterinaria solo l’imbecillità volgare di un politico noto ai colleghi come “Kiwi”, l’ha portato a sghignazzare pubblicamente delle ricerche serissime di un docente della facoltà di veterinaria di Pisa, solo perché si occupavano di asine. (“Semi, semi, il riso abbonda sulla bocca degli stolti” diceva la maestra veneta, rivolta alla mia classe della scuola elementare di montagna che ho frequentato durante la guerra. E noi giù a ridere ancora più forte, ma noi eravamo bambini, cioè bamba, non onorevoli riccamente pagati, ma veramente asini). Ma il perbenismo provinciale è sempre pronto a ridere di qualsiasi cosa non rientri nella più banale normalità del luogo comune.

Purtroppo è capitato a me di fare il cattivo incontro, venerdì pomeriggio sono arrivato a Linate dopo un lungo viaggio JFK/CDG con ritardi e corse affannose, in tutto quasi venti ore. Mentre aspettavo le valige, c’era tutto il tempo per rispondere alle legittime esigenze corporali di un anziano che è in viaggio da venti ore e infatti i cosiddetti “servizi” per il sesso maschile erano pieni dei nuovi arrivati. Purtroppo la sezione degli apparecchi sanitari che piacevano tanto a Duchamp era chiusa e cordonata dal nastro giallo che la polizia di New York mette attorno ai luoghi del delitto. La clientela si riversava tutta verso gli stalls ma, due o tre erano chiusi, forse occupati, e, dei rimanenti aperti, due non avevano carta igienica e nel terzo la carta igienica c’era, inchiavardata in un distributore di metallo, ma solo perché la porta non si poteva chiudere. Il tutto con quel leggero straterello d’acqua fuoriuscita da qualche rubinetto mal funzionante che serve appunto a dare un tocco di ordine e pulizia. Mi sono dovuto portare il fastidio fino a casa e solo un buon autocontrollo con l’aiuto di contorsioni mi ha permesso di non evacuare in portineria o nell’ascensore.

Con l’EXPO, viaggiatori ne arriveranno molti, da lunghi voli internazionali buona parte, anziani come me certamente moltissimi. Non gli auguro questa esperienza, ma soprattutto non credo che chi è obbligato a entrare a Milano da quella porta sia poi incoraggiato a ritornare.

 

Guido Martinotti

 



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