19 giugno 2012

13 DOMANDE: MARTINA RISPONDE


Ringraziando per le domande, rispondo volentieri e lo faccio consapevole che su molte questioni è necessario approfondire e confrontarsi ancora per individuare le migliori soluzioni. Nessuna pretesa di verità e nessuna ricetta intoccabile quindi. Quelli che seguono sono solo spunti da cui partire per sviluppare ulteriormente i temi più rilevanti.

1) Sanità – Visto che il bilancio di regione Lombardia è prevalentemente impiegato per la sanità, ritiene che il sistema pubblico privato così com’è vada bene o bisogna ritornare al sistema pubblico (cioè nazionalizziamo le cliniche private lombarde?) L’attuale sistema dei ticket è corretto? Che cosa faremo per gli anziani?

È ormai evidente che il cosiddetto modello “lombardo” basato sulla centralità “dell’ospedale” e su un sistema organizzativo incardinato sulle ASL provinciali va ripensato. Il tema non è ideologico fra “pubblico o privato” o dell’eventuale smantellamento dell’attuale sistema, ma di valorizzarne le migliori esperienze – e ce ne sono anche nel privato accreditato – e contestualmente attuare controlli stringenti sull’appropriatezza delle prestazioni e sui benefici per i pazienti, e non solo sull’aspetto economico, rispetto al valore dei DRG. Occorre andare oltre la logica della sanità “ospedalecentrica” e lavorare di più ai servizi territoriali.

Gli ospedali, da luoghi di eccellenza finalizzati alla cura, rischiano di essere trasformati in luoghi di mera produzione delle prestazioni, con tutti i rischi di degenerazione noti anche alle cronache. I sistemi di compartecipazione alla spesa introdotti da Formigoni non sono equi e il ticket sanitario, che nasceva come strumento di governo della domanda sanitaria, è diventato invece sempre più contributo al risanamento della finanza pubblica. Il pericolo, in presenza di una crisi economico-finanziaria che sta imponendo al nostro sistema di welfare revisioni e ridimensionamenti, è il cedimento del principio di universalismo e i ticket, soprattutto così come la Lombardia ha deciso di regolarli, determinano disuguaglianze nell’accesso alle cure e rischiano di limitare l’accesso ai servizi essenziali da parte delle persone con elevato rischio di salute e con ridotta capacità economica.

Faccio un esempio per tutti: oggi nella nostra regione, a parità di reddito, il cittadino disoccupato è esente, mentre l’inoccupato paga tutto, oppure il cittadino sessantacinquenne con 35mila euro di reddito è esente mentre il 64enne con 9mila euro di pensione paga tutto. È necessaria invece una gradualità che consenta ai cittadini di contribuire secondo indicatori che tengano conto della situazione reddituale e patrimoniale nonché dei carichi familiari. Allo stesso tempo, anche attraverso una diversa distribuzione della spesa sociale tra Stato ed Enti Locali, è necessario lavorare affinché i Comuni abbiano un ruolo centrale nella costruzione del nuovo welfare, rafforzando risorse e prerogative dei piani di zona e prevedendo una composizione equilibrata di trasferimenti monetari e di prestazioni di servizi per le persone più fragili, a partire da disabili, anziani non autosufficienti e minori in difficoltà.

2) Lavoro – Come intende il Pd gestire questo periodo terribile per il lavoro degli italiani ma anche per gli immigrati. Le risorse per la cassa integrazione dove si prendono o a cosa si sottraggono in ambito regionale? È il caso di fare tanta cassa integrazione? Rispetto al dilemma sostenere aziende decotte o avere le strade piene di disoccupati come ci si pone?

La questione lavoro è centrale e rappresenta una vera emergenza. Anche gli ultimi dati non sono per nulla confortanti. Le competenze regionali riguardano in modo più diretto la formazione e la competitività del sistema territoriale e delle PMI, con risorse assegnate nell’ambito delle politiche nazionali e comunitarie. Occorre partire dall’orientamento su cui molto possono dire le imprese, oggi passive al riguardo, e dal coinvolgimento delle agenzie di incontro domanda / offerta di lavoro e di quelle che si occupano di outplacement.

In questo campo vanno attuate nuove sperimentazioni con una attenzione particolare a tre figure: giovani, donne, over 50, attivando meccanismi premiali che leghino, in modo stretto e verificabile, la formazione, l’impresa e la ricollocazione. Il meccanismo delle “doti”, ovvero dei contributi regionali, va aggiornato e riorganizzato. Anche il sistema della cassa integrazione, come in parte sta già avvenendo, va indirizzato verso la tutela del lavoratore piuttosto che del posto di lavoro. La Regione può indirizzare le risorse attribuite riguardanti la cassa in deroga verso politiche attive del lavoro. Occorre poi accelerare l’accordo sull’applicazione dell’apprendistato e aprire una discussione sulla sperimentazione nella contrattazione di secondo livello, di alcuni strumenti di welfare integrativo, a partire dalla previdenza complementare.

Infine, ma non meno importante, rimane l’assoluta necessità di dotare la Regione di un vero e proprio piano di politica industriale in grado di orientare e concentrare gli sforzi su alcuni settori produttivi e manifatturieri strategici e competitivi, selezionando e verificando l’efficacia dei bandi e attuando concretamente le nuove misure che la Regione stessa si è data rispetto alle aziende in crisi (progetto RAID in primis).

3) Famiglia – Regione Lombardia nell’ambito delle proprie competenze sosterrà la famiglia che al nord non riveste il ruolo basilare che ha al sud? Intende supportare anche le famiglie di fatto e le famiglie omosessuali?

Per me vanno sostenute tutte le reti famigliari e parentali e le strutture di convivenza basate sulla solidarietà e sulla mutualità perché sono il tessuto primario sul quale si innestano le relazioni. Il punto è non lasciare sole le persone e fare comunità. Per me valorizzare la famiglia e sostenere le nuove forme dei rapporti basati sulla convivenza e la solidarietà non sono impegni contrastanti fra loro.

4) Scuola – Scuole pubbliche scuole private sistema misto, il multiculturalismo è fallito in Inghilterra, Stati Uniti, Francia, come un partito laico intende gestire l’educazione e l’integrazione con gli stranieri in una regione strapiena d’immigrati? Va abrogata o implementata la legge che permette ai privati di finanziarsi le proprie scuole?

Va ricordato innanzitutto che la Legge nazionale sulla parità scolastica, insieme all’introduzione dell’autonomia, è stata fatta dal centrosinistra e ha segnato un passaggio di grande valore per tutto il sistema scolastico. In questi lunghi anni in Lombardia l’amministrazione Formigoni ha fatto della scuola privata la sua bandiera ideologica assegnando ingenti risorse per la copertura delle rette. Questo per noi è sempre stato un modo sbagliato di affrontare la questione. Non è in discussione la libertà di scelta e non è in discussione il pluralismo culturale. Sono in discussione la qualità dell’offerta e le opportunità da garantire. A tutti. Dobbiamo evitare che una massa ingente di risorse sia distribuita in modo poco efficace in mille rivoli che finiscono per alimentare burocrazie piccole e grandi, per finanziare strutture ipertrofiche e autoreferenziali, perdendo di vista la qualità dell’offerta. Noi ripartiremo dal Diritto allo Studio perché, tanto più con la crisi economica che stiamo attraversando, c’è un grande problema di giustizia e uguaglianza dei punti di partenza.

Quando al tema cruciale dell’integrazione siamo per spingere l’acceleratore sulla piena cittadinanza. Basta investire sulla logica della paura come ha fatto la destra anche in Lombardia! Le migliori società globali sono quelle cosmopolite e integrate e noi non possiamo essere da meno. Dobbiamo promuovere e incentivare le pratiche della cittadinanza nei diritti e nei doveri. A partire dalle giovani generazioni. Sarebbe interessante sperimentare un vero e proprio “patto d’integrazione” regionale sul modello di altri paesi europei che incentivi e premi tutti i comportamenti positivi e virtuosi: dallo studio della lingua al riconoscimento dei titoli di studio. Particolare attenzione va prestata ancora al tema dei ricongiungimenti famigliari: oltre che essere un diritto naturale delle persone essi aiutano a combattere gli effetti perversi di una immigrazione sradicata e dispersa.

5) Qual è il disegno strategico sul trasporto pubblico locale? Come gestirete i pendolari e le problematiche relative alle ferrovie?

Poche settimane fa il Consiglio ha approvato con il nostro consenso la legge regionale di riforma del Trasporto pubblico locale che recepiva alcune nostre istanze. Anche Formigoni si è reso conto che era corretta la nostra posizione che puntava a una organizzazione della mobilità regionale basata sul ferro come asse portante riorganizzando, secondo bacini dimensionati, il trasporto su gomma in funzione di quello su rotaia. In questo sistema le stazioni diventano il vero luogo dell’interscambio. Le altre novità introdotte dalla legge sono il biglietto unico e la tariffa uniforme, che significa che con lo stesso biglietto posso accedere a tutti i mezzi del sistema regionale (bus, tram, metro, treno e funicolari e battello) e con pari tariffa percorro gli stessi chilometri. Adesso si tratta di attuarla questa legge.

Il vero problema che abbiamo in Lombardia è però quello di superare il monopolio imposto da Trenitalia per aprire il settore al mercato e innescare la concorrenza vera fra i vari gestori. Questo significa che la Regione deve uscire dagli assetti proprietari del trasporto ferroviario (FNM), svolgere il ruolo di regolatore e garante e utilizzare quelle risorse per un vero piano di ammodernamento del materiale rotabile. Bisogna tenere presente che il sistema del trasporto pubblico lombardo è una realtà che impegna circa 1,5 miliardi di euro di risorse pubbliche e vale oltre 2 miliardi se sommiamo gli introiti da tariffe, impegna decine di migliaia di lavoratori ed è utilizzato da circa 700.000 persone al giorno. A fianco di una mobilità collettiva strutturata intorno al sistema del ferro si dovrà giocare la riorganizzazione della mobilità dell’area metropolitana e urbana. La gestione dei centri storici, lo sviluppo dei sistemi metropolitani, la ciclabilità, l’uso responsabile dell’auto sono un insieme di nuovi comportamenti che ci porteranno a rivoluzionare il modo di muoverci.

6) Malpensa è sempre l’hub del nord? Rilancerà il suo ruolo strategico internazionale e svilupperà maggiormente le infrastrutture regionali per rendere più efficiente il sistema aeroportuale lombardo?

Malpensa è un grande aeroporto del nord. Non mi attarderei nella discussione se Malpensa è un hub oppure no. La stessa evoluzione dei vettori aerei ha imposto una nuova articolazione nell’organizzazione degli scali. Certo, un limite per la crescita di Malpensa è sempre stato la mancanza di una compagnia basata sull’aeroporto, ma bisogna partire da questa condizione per sviluppare al meglio le sue potenzialità nel contesto del sistema aeroportuale regionale. Malpensa è un grande player, ma sappiamo che in regione vi sono scali che hanno costruito la loro crescita su specializzazioni e sulla capacita di anticipare il mercato. Per questo io credo che il destino di un grande aeroporto o meglio di un sistema aeroportuale come quello lombardo dipenda dalla qualità delle società di gestione. Dalla capacità del gestore di capire gli orientamenti del mercato. A questo punto penso che il tema vero sia l’approdo definitivo a un’unica società di gestione degli aeroporti lombardi. La Regione non ha direttamente titolo d’iniziativa in questo settore. A lei spetta il compito di favorire prima di tutto l’accessibilità e la fruibilità degli scali.

7) Qual è il destino di Linate?

Se si condivide l’approdo a un’unica società di gestione per l’intero sistema aeroportuale regionale, bisogna collocare il destino di Linate dentro questo scenario. A partire alla sua naturale funzione di raccordo con Roma.

8 ) Diritto e Fede – Dopo il caso Englaro e la legiferazione regionale clamorosamente bocciata dalla cassazione, come si pone il centrosinistra pieno di cattolici rispetto alla fede e al diritto e rispetto ai poteri regionali in materia di diritto medesimo?

Sono convinto non servano battaglie ideologiche e non penso che su questi temi il confronto vada ingessato attorno ad alcune vecchie contrapposizioni. Credenti e non credenti si pongono le stesse domande di fronte ad alcuni temi delicatissimi come la vita e la morte. E per la Regione credo valga un ragionamento utile per tutte le istituzioni che incrociano questi temi a ogni livello: innanzitutto il rispetto della persona coinvolta e dei suoi più stretti legami e la comprensione che ogni caso individuale è particolare e differente da altri. Personalmente non riuscirò mai a condividere l’idea che una istituzione possa imporre o condizionare dall’alto scelte e comportamenti in passaggi così delicati nella vita delle persone.

9) Tassazione – Nei limiti imposti dalla legge intendete fare largo uso dell’imposizione regionale per erogare servizi ai cittadini?

Partiamo dai numeri: il bilancio di Regione Lombardia del 2011 ammonta a 25,5 miliardi di euro. Di questi, 24,2 miliardi sono state risorse correnti, la quasi totalità autonome (23,2 miliardi). Con l’attuazione, seppur parziale, della legge delega sul federalismo fiscale, la Regione è diventata soggetto attivo nella riscossione dei tributi propri e di quelli compartecipati. A questo proposito il rendiconto del 2011 mostra come, grazie a questo nuovo status, la Regione abbia introitato 207 milioni di risorse aggiuntive provenienti dal recupero dell’evasione: 140,6 milioni dal recupero dell’evasione sull’IRAP; 66 milioni sul bollo auto; 681mila euro sull’addizionale regionale IRPEF. Si può dunque immaginare che per garantire un adeguato livello di servizi si possa già da oggi intervenire con una parziale riduzione, per i redditi più bassi, delle aliquote regionali. Possiamo formulare una proposta da attuare immediatamente: quella di destinare alla riduzione del prelievo fiscale regionale il 50% delle somme recuperate con la lotta all’evasione e il restante 50% per investimenti mirati, magari a partire dal trasporto pubblico.

10) Il sistema dei rifiuti le discariche e i costi industriali: cosa deve fare la regione per aiutare gli imprenditori a produrre di più inquinando di meno o evitando di mandare i rifiuti tossici al sud? Ci aspettiamo leggi efficaci in materia di compostaggio ed energie alternative.

Prima di tutto dobbiamo puntare alla riduzione dei rifiuti urbani alla fonte, a partire dagli imballaggi, e poi aumentare la raccolta differenziata e il recupero e il riciclaggio delle frazioni valorizzabili. È strategico l’ampliamento della raccolta differenziata della frazione umida (la frazione più pesante e problematica dei rifiuti urbani) su tutto il territorio lombardo e finalizzarla alla produzione di compost, puntando anche sui sistemi innovativi che permettono maggior efficienza, produzione di energia, e migliori performance per l’utilizzo in agricoltura. L’obiettivo strategico, in linea con gli indirizzi dell’Europa, è quello di recuperare e riciclare la maggior parte dei rifiuti urbani al fine di ricorrere il meno possibile a discariche e inceneritori.

Per quanto riguarda i rifiuti Industriali, che non sono soggetti a pianificazione pubblica a differenza di quelli urbani, la Regione dovrà sostenere l’innovazione e la ricerca in favore di cicli produttivi meno inquinanti e volti a maggior risparmio energetico e idrico, che tendenzialmente producano meno rifiuti, rifiuti meno pericolosi e meno problematici e quindi meno costosi da smaltire. Particolare importanza ha inoltre la produzione di energia da fonti rinnovabili (sole, vento, acqua, geotermia, biomasse) che, specie nel caso delle biomasse, contempla la valorizzazione e l’utilizzo di particolari categorie di rifiuti. Anche in questo settore, che riteniamo virtuoso sia dal punto di vista ambientale che economico, occorre una regolamentazione e pianificazione pubblica, soprattutto regionale.

Infine rimane centrale il sistema dei controlli sia sugli impianti che nel trasporto e smaltimento dei rifiuti e questo aspetto è l’unico che può progressivamente annullare la piaga dello smaltimento abusivo, molto spesso governato dalla malavita organizzata.

11) L’Expo e Regione Lombardia all’estero – In caso di ricorso alle urne anticipato, come pensa di gestire la situazione dell’Expo e come pensa in futuro di orientare il sistema di comunicazione di Regione Lombardia all’estero per sviluppare import ed export? Chiuderà le sedi di rappresentanza all’estero?

Per la Lombardia Expo 2015 continua a rimanere una splendida opportunità. Innanzitutto per il tema che andrà a sviluppare, ed è un peccato che se ne parli ancora troppo poco. In passato molti hanno erroneamente pensato che un Expo assomigliasse a un Olimpiade o a un mondiale di calcio, cullandosi nell’idea di ingenti risorse a disposizione per fare qualsiasi cosa. Nulla di più falso, soprattutto in tempi di crisi come questi. Non manca molto, meglio allora razionalizzare e stringere i bulloni delle questioni fondamentali. E il Governo deve metterci la testa seriamente e non lasciare le istituzioni locali sole di fronte a questa sfida.

Quanto alle sedi estere, viviamo in un tempo globalizzato: gli scambi e la comunicazione sono essenziali, ed è essenziale che la Lombardia ci sia. Certo, non dobbiamo soffrire della sindrome provinciale dell’apparire. Dobbiamo stare in Europa e nel mondo, ma dobbiamo starci per fornire un servizio ai nostri cittadini e alle imprese. Per questo la presenza va organizzata in modo efficace, con il Governo e con l’insieme delle istituzioni della regione, in modo da ottenere il massimo risultato con il minor costo possibile. Di certo, più che ragionare di tante sedi, concentrerei gli sforzi su Bruxelles.

12) La caccia, l’agricoltura di prossimità, l’erosione del suolo – Come si fanno conciliare temi all’apparenza contradditori tra di loro?

Sono tematiche molto diverse tra loro anche se incrociano tutte il rapporto nevralgico tra ambiente e sviluppo. Credo che la questione decisiva oggi in Lombardia sia innanzitutto quella della difesa del suolo. I numeri dell’antropizzazione regionale di questi anni sono impressionanti. Occorre una legge regionale forte che parta dall’introduzione della compensazione ecologica preventiva (sul modello tedesco) e che scelga seccamente di orientare incentivi e sostegni sulle aree dismesse e su tutti i tipi di recuperi e riutilizzi.

13) La Regione Lombardia si deve occupare e se sì, si occuperà di case popolari (housing sociale)?

Le politiche abitative dovrebbero ispirarsi a obiettivi non congiunturali o di esclusiva spesa pubblica, ma strutturali e in grado di motivare concretamente il protagonismo pubblico-privato nella trasformazione urbana. Penso a forme di cofinanziamento capaci di fare da calmieratore dei prezzi e di determinare un effetto moltiplicatore d’investimento delle risorse, volte principalmente alla realizzazione di alloggi in affitto a canoni contenuti in nuovi programmi residenziali che favoriscano un adeguato mix sociale in modo da evitare gli effetti di ghettizzazione. La crisi economica ha ulteriormente acuito il fabbisogno abitativo, con caratteristiche diverse: alle persone che possono accedere solo al canone sociale si affianca una fascia intermedia rappresentata da giovani coppie, lavoratori dipendenti, lavoratori temporanei, studenti fuori sede, familiari di persone ricoverate in strutture sanitarie lombarde, immigrati regolari residenti in Italia, famiglie a basso reddito che, avendo difficoltà a trovare un alloggio in proprietà o in affitto a costi accessibili sul libero mercato, si rivolgono alle istituzioni.

Si impone quindi ulteriormente l’esigenza di azioni sociali (housing sociale) finalizzate a favorire l’accesso ad alloggi e servizi a coloro che non riescono a soddisfare il proprio bisogno abitativo sul mercato sia per ragioni economiche, sia per l’assenza di un’offerta adeguata, incrementando principalmente l’offerta in affitto a canone contenuto nelle sue diverse articolazioni. Il vecchio modello di intervento pubblico non è riproponibile per ragioni diverse (non ci sono più contributi GESCAL e c’è il rischio di trasformare i quartieri in ghetti), mentre servono politiche che coinvolgano tutti i soggetti, pubblici e privati, che operano nell’edilizia sociale.

Il problema è creare da parte della Regione condizioni di fattibilità dell’housing sociale, attraverso un consistente rifinanziamento della L. 14/2007; la messa a disposizione di contributi pari al 15 – 20% del costo dell’intervento per la realizzazione di alloggi, da parte di soggetti pubblici e privati, da assegnare con patto di futura vendita a giovani coppie, immigrati e single, categorie che hanno più difficoltà a ottenere i mutui dal sistema bancario; creazione di condizioni di fattibilità per i fondi immobiliari locali – il cosiddetto sistema integrato dei fondi immobiliari, introdotto dal Piano Casa nazionale e avviato da Cassa Depositi e Prestiti, Fondazioni ed enti locali – attraverso la cessione di aree a basso costo; premialità volumetriche e nelle destinazioni d’uso; messa a disposizione, attraverso procedure di evidenza pubblica, di immobili pubblici; utilizzo della leva fiscale e creazione di linee di credito finalizzate.

 

Maurizio Martina

 



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