1 maggio 2012

CORSO EUROPA, INCERTEZZE URBANE


Dopo la seconda guerra mondiale, nelle città Europee distrutte dai bombardamenti aerei, si è posto il problema di come ricostruire i centri storici. Molte città cominciavano a sviluppare il concetto che queste parti così importanti perla Storia, dovesse assumersi la responsabilità di lasciare ai posteri una immagine della cultura che aveva contribuito nei tempi allo sviluppo di una urbanistica e di una edilizia di qualità, specchio quasi sempre di momenti di floridi e specifici sviluppi economici.

I Centri Storici stavano così assumendo l’innovativo aspetto di Museo della Storia della Città. Così si spiegano i Centri Storici di grandi città Europee, vittime di estesi bombardamenti della seconda guerra mondiale, ricostruiti esattamente com’erano prima della guerra. Poiché la guerra aveva distrutto si i fabbricati, ma non lo spirito della città e dei suoi abitanti. E spesso erano fabbricati di grande qualità espressiva sia architettonica che delle funzioni che essi rappresentavano. E non mi riferisco obbligatoriamente a tessuti edilizi vecchi di secoli.

A Tel Aviv, città nata cento anni fa, si è vincolato come Centro Storico il quartiere realizzato in puro stile razionalista dagli architetti ebrei, (ma non sempre), fuggiti dalla Germania Nazista. Assistiamo quindi in questo caso, alla conferma del Centro Storico come Museo della Storia della Città, coincidente in questo caso con un importante movimento della storia dell’architettura, e alla rifondazione di Israele, senza la quale forse questo quartiere non avrebbe avuto lo stesso significato storico.

Ma non è stato sempre così, come è poco noto agli italiani, il comunista Tito fece radere al suolo dagli inglesi il centro storico di Zara e poi lo fece ricostruire in modo banale senza alcun riscontro con la città precedente, per cancellare le tracce di una città culturalmente e architettonicamente italiana e dando inizio a quella che fu poi la drammatica pulizia etnica in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia.

A Milano con la motivazione delle grandi distruzioni causate dai bombardamenti si seguitò la linea di poca attenzione per la città storica che aveva già portato, neanche venti anni prima alla chiusura dei Navigli, e nel ‘53 venne approvato un Piano Regolatore con un disegno di grandi viabilità e sventramenti in pieno Centro Storico che, se non interrotte a seguito di tardivi e discussi ripensamenti, avrebbero del tutto cancellatola Milanodell’ottocento.

Cercando di capire la volontà per nuove strade di quegli anni, non posso non ricordare che queste scelte possono essere state influenzate anche dal fatto che Milano tra le due guerre mondiali era la città con più fabbriche di automobili d’Italia e dove logicamente era più diffusa la presenza e l’uso dell’automobile, e che quindi questa storica caratteristica milanese sia tra le motivazioni che abbia portato prima alla chiusura dei Navigli e poi al dissennato piano viabilistico del PRG del ‘53.

Uno degli interventi più vistosi degli sventramenti stradali del PRG del ‘53 è stata la previsione di un asse stradale largo25 metrichiamato “Racchetta”, che avrebbe dovuto collegare corso Venezia a via Vincenzo Monti con un percorso quasi circolare a sud del Duomo. Fortunatamente dopo la realizzazione della prima parte, partendo da San Babila e formata da corso Europa, via Larga e via Albricci la “Racchetta” si è fermata in piazza Missori, lasciando però sul suo percorso non realizzato i segni dei dubbi legati alla rinuncia a questo non giustificato asse stradale.

A seguito di ciò ci troviamo ora di fronte all’ennesima e incomprensibile indifferenza dei milanesi verso il disegno urbano della loro città. Infatti mentre via Larga e via Albricci hanno assolto a una loro funzione, centrata sulla corsia riservata al trasporto pubblico partendo da largo Augusto, corso Europa è rimasta una squallida e larga strada asfaltata, per di più a senso unico, dove già l’attraversamento pedonale è un problema. Nessuno che abbia mai pensato alla sua trasformazione in Boulevard alberato, incentivando dehors e fornendolo di tutte le soluzioni suggerite dall’arredo urbano, con marciapiedi allargati a ridurre l’esagerata sezione stradale. Perché da sessanta anni ci dobbiamo sorbire in pieno Centro Storico questo inaccettabile squallido stradone? In un articolo su ArcipelagoMilano del dicembre 2010 sui ruderi delle case bombardate in bella vista attorno a San Lorenzo e altrove, ho elencato l’incredibile lista di personaggi autorevoli, per cariche amministrative o cultura, che avrebbero dovuto rimediare a queste situazioni di sofferenza estetica della città. Ma perseverando essi nella loro indifferenza verso una piacevole città, non resta che sperare in un Sindaco che, con un intervento davvero poco costoso, ci possa lasciare un sito di grande impatto civile.

 

Gianni Zenoni

 

 



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