8 novembre 2011

PENSIERINI SULLA VENDITA DI SEA E SERRAVALLE


In Italia, le autostrade e gli aeroporti fanno (pressoché sempre) elevati extra-profitti, e non dovrebbero farli. Infatti si tratta appunto di “monopoli naturali”, e quelli non sono profitti, ma inique e inefficienti rendite di monopolio, cioè soldi indebitamente sottratti ai cittadini, per lo più in questo caso milanesi. Ma nessuno ha interesse a farlo notare ai derubati: trattandosi di una “tassa occulta”, c’e’ un tacito accordo bipartisan a mantenerla, e se possibile aumentarla. Chi scrive conosco bene la situazione, perché è stato per due anni “regolatore” di questi settori al Ministero, ma senza poteri, e quindi senza alcun successo (alla fine gli interessi costituiti hanno ottenuto che questo inutile ruolo regolatorio avesse fine). Da qui il motivo per cui la sempre e da tutti auspicata autorità indipendente di regolazione dei trasporti non si realizza mai.

Il Comune di Milano come proprietario si trova dunque in un grave conflitto di interessi: o difende i milanesi, o difende quelle rendite indebite. Ma vendere a privati nell’attuale contesto significherebbe perpetuarle: i privati infatti comprano la garanzia che quelle rendite non gli saranno toccate (e hanno perfettamente ragione: che altro dovrebbero fare?). A suo tempo, su richiesta della Provincia di Milano, queste idee furono espresse in modo articolato, suscitando un vivo entusiasmo verbale, ma comportamenti del tutto opposti, ripetendo puntualmente quanto accaduto nell’esperienza ministeriale.

Che cosa si potrebbe/dovrebbe fare? Il Comune ha un disperato bisogno di soldi, e in Serravalle è minoritario. Qui potrebbe certamente vendere, ma dando un segnale politico molto forte, dichiarando la verità (oggi un argomento fortissimo e in disuso): cioè dichiarando che la regolazione delle autostrade è inesistente, e consente rendite vergognose a danno degli utenti (il tutto accompagnato ovviamente da solidi elementi qualitativi, quali per esempio potrebbe fornire “ad abundantiam” il professor Ragazzi…). Tra l’altro, queste rendite generano spesso collusioni inammissibili tra pubblico e privato.

Una dichiarazione di questo tipo (una sorta di “atto pubblico di contrizione”, assolutamente dovuto) avrebbe una eco politica straordinaria nella direzione della trasparenza. Sottrarre soldi agli utenti di un servizio pubblico non è in sé proibito, ma la cosa come minimo dovrebbe essere trasparente e argomentata, e soprattutto da loro in qualche forma accettata. Infine l’uso sociale dei ricavi, che giustifichi il prelievo, dovrebbe poi dettagliatamente essere illustrato ai pagatori stessi.

Per SEA, innanzitutto la buona prassi internazionale suggerisce di non vendere allo stesso soggetto che acquista un altro asset rilevante. Bisogna infatti sempre evitare di costruirsi controparti troppo potenti. Analogamente bisognerebbe evitare assolutamente di creare società miste (la cultura amministrativa anglosassone giustamente le aborrisce). Sono fonti “naturali” di corruzione, è meglio che il pubblico faccia il suo mestiere, e i privati facciano il loro. Ai soggetti pubblici tocca occuparsi della socialità e del consenso, a quelli privati di gestire bene le imprese: i due obiettivi sono tra loro scarsamente compatibili. Se politicamente indispensabile, si possono fare al più società miste in una prima fase, ma con un rigido programma temporale di privatizzazione totale.

In mancanza di un regolatore indipendente, occorrerebbe per SEA fare “alla londinese”: vendere separatamente Malpensa, Linate, e la quota di Bergamo, in modo che questi aeroporti si facciano più concorrenza possibile, a colpi di basse tariffe e buoni servizi per le compagnie aeree (per attirarne di nuove, e quindi generare nuovi collegamenti), e, analogamente, con buoni servizi per i passeggeri “lato terra”, il tutto a beneficio dei milanesi. Anche questa iniziativa avrebbe una grande eco politica, e Milano si presenterebbe come una amministrazione capace di forti innovazioni al servizio dei cittadini, e non solo delle proprie casse. Tra l’altro è del tutto possibile che una vendita frazionata a soggetti diversi generi ricavi superiori a una vendita in blocco (soprattutto di quote di minoranza): si pensi a operatori interessati a penetrare nel mercato italiano, o anche solo milanese……

Occorrerebbe aprire un serio dibattito pubblico su questi temi, ma le speranze sono piccole. Si tratta di un tabù molto radicato: i soldi che arrivano alle amministrazioni pubbliche sono sempre, per definizione, usati in modo virtuoso, e quindi “innegoziabili”.

 

Marco Ponti



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