22 marzo 2022

PEDEMONTANA: ORA IL CONFLITTO TRA AZIENDE PUBBLICHE BLOCCA I LAVORI

Una storia infinita…e molto costosa!


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Pedemontana trova dopo anni di ricerca sul mercato finanziario il finanziamento dei lotti B2 e C alla fine di agosto dello scorso anno: giusto in tempo per godere della misura di defiscalizzazione prevista dalla convenzione unica approvata nel 2014, in scadenza lo stesso giorno. 

La somma totale della provvista economica è di 1,7 miliardi di euro, messi a disposizione in primis dalla Cassa depositi e prestiti e dalla Banca europea degli investimenti, affiancate da alcune realtà private come Banco BPM, Intesa Sanpaolo, JP Morgan, Monte dei Paschi. La somma stanziata andrà a finanziare la realizzazione del lotto B2 (9,5 chilometri da Lentate sul Seveso a Cesano Maderno) e del lotto C (16,5 chilometri per congiungersi con la Tangenziale Est/A51 a Vimercate). 

La Regione e la Lega Nord esultano. Il progetto dell’infrastruttura, fermo da 7 anni, prevede 67 km di autostrade e 70 km di viabilità locale di connessione, oltre alle tangenziali di Como e Varese (ancora incomplete). Il tratto aperto è sottoutilizzato e percorso da un numero di veicoli inferiore a quelli di una strada provinciale, anche perché il costo del pedaggio previsto dal piano finanziario (PEF) è il più caro d’Italia: 0,25 centesimi a km, il doppio di una normale autostrada.

Le Ferrovie Nord Milano (FNM), quotate in borsa, hanno sottoscritto lo scorso anno con la regione Lombardia l’accordo di acquisizione dell’82,4% della Milano-Serravalle (che ha in pancia Pedemontana) per 519,2 milioni di euro. L’accordo prevede che la regione sottoscriva l’aumento di capitale da 350 milioni di Pedemontana. Per non far fallire Pedemontana e il suo progetto vecchio di 50 anni, entro il 2021 la società ha dovuto mettere in cassa 500 milioni (arrivati dalla regione Lombardia) previsti dalla convenzione firmata con il ministero dei Trasporti, oltre alla provvista finanziaria di 1,7 miliardi. 

Annunciata per la metà del 2022, l’apertura dei cantieri per le tratte B2 e C è stata rinviata ancora, almeno fino al 2023. Questa volta è il consorzio giunto secondo nella gara per l’assegnazione della maxi-commessa da 1,7 miliardi di euro, composto da Saipem, Technimont, Società italiana per Condotte d’acqua e Rizzani de Eccher, ad aver presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale di Milano. I motori accesi dal consorzio vincitore, che riunisce Webuild (ex Salini Impregilo), Pizzarotti e Astaldi dovranno per il momento essere spenti. 

Tra gli azionisti del consorzio ricorrente c’è Saipem (società sotto stretto controllo pubblico): una evidente dimostrazione che prima prevalgono gli interessi d’impresa e poi gli interessi pubblici. Interessi che oramai, sono solo sulla carta. 

I lavori sono fermi dal 2015 (anno in cui, in occasione di Expo, l’opera avrebbe dovuto essere conclusa) e lo resteranno tanto altro tempo. Pedemontana, ora in mano a Ferrovie Nord Milano (controllata dalla regione Lombardia), era riuscita con un colpo di mano a coinvolgere il governo e a far approvare alla concedente regionale CAL (50% Regione e 50% ANAS) una seconda proroga degli espropri resi attuativi nel lontano 2009. 

Le norme sugli espropri prevedono una durata di 7 anni, con al massimo una proroga biennale, e non due come invece ha deciso dal Cipe. Le confische interessano quasi 22 mila porzioni di territorio di privati cittadini e imprese che da 13 anni, e ancora almeno per un altro, saranno privati del possesso dei loro terreni prima di essere (forse) indennizzati. Questo, ovviamente, se ci saranno i soldi per farlo e se l’opera andrà avanti. Intanto, gli espropriati stanno pensando ad una class-action per liberarsi dalla scomoda posizione di ‘ostaggi’ di un’infrastruttura che non si completerà mai. 

Se il contenzioso che si è aperto tra i due potenti consorzi di imprese (entrambi con importanti aziende statali al loro interno, Cassa depositi Prestiti da un lato, Saipem dall’altro) durerà quanto il precedente, che dal 2015 al 2019 aveva coinvolto Strabag e l’appaltatore Pedemontana, vincitrice dell’appalto della prima tratta, si prevedono tempi lunghi e costi di costruzione altissimi, visto anche il balzo all’insù dei prezzi delle materie prime ed ora anche dell’energia. 

Durante gli anni di quel contenzioso, Pedemontana ha rischiato il fallimento per insolvenza: ora corre lo stesso rischio. Per stare in piedi, negli ultimi 10 anni la società ha cambiato un presidente l’anno, e dopo il soccorso economico, finanziario e politico della regione Lombardia ha dovuto ricorrere all’appoggio anche dei ministeri dei Trasporti e dell’Economia. Ora però ci si trova davanti ad uno scontro sorprendente tra i colossi delle costruzioni che non riguarda come mitigare l’impatto ambientale devastante che l’opera avrebbe, ma l’accaparramento della maxi-commessa. 

Dario Balotta

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