25 giugno 2020

IL PIANO TERRITORIALE IN TEMPI DI PANDEMIA

Come governeremo la Città Metropolitana?


Il PTM (Piano Territoriale della Città Metropolitana) è uno strumento di governo dalle grandi potenzialità, sia per i milanesi sia per i cittadini dei comuni limitrofi. Tuttavia, la sua debolezza istituzionale ha fatto della Città Metropolitana un'istituzione fantasma, e del suo piano un perfetto sconosciuto per molti cittadini. Riscopriamo questo PTM e le sue funzioni con Ugo Targetti.

targetti

Non penso che a seguito dell’epidemia di Covid si debbano ribaltare i fondamenti della pianificazione del territorio e delle città. Gli effetti del distanziamento sociale imposto dall’emergenza hanno provvisoriamente modificato, anche se in modo sostanziale, l’uso delle città, dei mezzi di trasporto, degli spazi pubblici, ma non si può pensare che tali condizionamenti siano destinati a diventare permanenti – anche se alcuni effetti perdureranno nel tempo.

L’epidemia deve però indurre a ripensare alcuni presupposti dati prima per scontati, come le spinte del mercato immobiliare; o alcuni temi da anni dichiarati ma poco praticati, come la centralità della questione ambientale che richiede non solo pronunciamenti, ma anche strumenti di intervento concreto, o il tema del riequilibrio territoriale a fronte dei processi di concentrazione della popolazione e delle attività nel capoluogo dell’area metropolitana, indotti da mutate domande sociali e dalle scelte degli investitori internazionali. O, infine, la questione dell’adeguatezza delle istituzioni locali a governare società in evoluzione e territori complessi: l’epidemia ha modificato il ruolo dell’Europa (oggi è più che una speranza) e con esso le potenziali prospettive del Paese; è necessario però che il Paese sappia cogliere l’occasione e investire le risorse che si renderanno disponibili in progetti concreti.

In questo processo la pianificazione del territorio e delle città deve tornare ad essere uno strumento sostanziale di governo, perché per dare concretezza alle politiche e ai progetti di riconversione questi devono trovare riscontro in un’organizzazione efficiente del territorio e delle città, e sfruttare appieno le potenzialità che esso offre.

Fino ad ora l’opinione pubblica non si è occupata della pianificazione territoriale (i piani delle Province e della Regione non fanno notizia) perché troppo distante dagli interessi concreti. In effetti, se i Piani territoriali prendessero decisioni sostanziali, l’opinione pubblica se ne occuperebbe, così come si occupa dei piani regolatori comunali (PGT).  Ora c’è bisogno di strumenti di governo concreti ed efficaci, capaci di correggere gli effetti dello sviluppo, che ha prodotto squilibri nella distribuzione del benessere e conflitti con la natura. In quest’ottica valgono le considerazioni sul Piano territoriale della Città metropolitana di Milano che seguono.

La Città Metropolitana di Milano. Le città metropolitane sono previste dalla Costituzione e regolate dalla legge n. 56 del 2014 e sostituiscono le rispettive province. Milano e Napoli sono le uniche vere città metropolitane del Paese. L’ara metropolitana di Milano è l’unica ad avere un ruolo internazionale riconosciuto: il suo governo dovrebbe essere questione di interesse nazionale.

La Città Metropolitana di Milano (CM) governa la parte centrale della più vasta area metropolitana che occupa il cuore della Lombardia: conta 133 comuni, 3.250.000 abitanti (compreso il capoluogo) e 312.000 imprese con 2.064.268 addetti1. Il territorio si estende per 1.575 kmq (sui 23.844 kmq della Lombardia) dunque il 32 % della popolazione e il 50% degli addetti della Lombardia (pari al 12% circa a livello nazionale) sono contenuti nel 6,6% del territorio regionale. 

La CM dovrebbe governare gli aspetti della società, dell’economia e del territorio che, per loro natura e dimensione, non possono essere governati efficacemente dai singoli comuni. Così come l’ha concepita la legge, la CM è invece un’istituzione politicamente debole. Il sindaco del Capoluogo, eletto quindi dai soli cittadini del capoluogo, è anche sindaco della CM; gli altri amministratori non sono eletti direttamente dai cittadini ma dai comuni (quindi sono portatori naturali di interessi locali) ed esercitano la funzione a titolo gratuito. Ciò significa che la CM non può prendere decisioni sostanziali e non ha gli strumenti per attuare decisioni sostanziali. 

Oltretutto dopo la “riforma” che ha istituito le città metropolitane e ha smontato le province, le leggi finanziarie hanno sottratto a questi enti le risorse necessarie persino ad esercitare le funzioni residue (si ricorderà il drammatico stato di ponti e viadotti provinciali). Tutto ciò è il risultato della deriva populista che ha pervaso l’opinione pubblica e la politica negli ultimi due decenni.

Tuttavia la legge nazionale attribuisce alla CM una funzione di fondamentale rilievo politico, la pianificazione del territorio2.  La legge regionale della Lombardia (n 32 del 2015), in attuazione della legge nazionale dispone che la CM di Milano si doti del “Piano territoriale metropolitano” (PTM) e ne regola le funzioni3.

Il Piano Territoriale della Città Metropolitana (PTM). Il PTM deve dunque progettare, su scala del territorio metropolitano, l’assetto insediativo (l’organizzazione del territorio costruito e urbanizzato, i servizi e le attività di rilievo metropolitano); la mobilità (reti del ferro, viabilità e piste ciclabili, trasporto pubblico etc.); la difesa dell’ambiente (acqua, aria, suolo, natura, aree agricole, etc.). Il PTM dovrebbe anche indicare gli strumenti per l’attuazione e la gestione del Piano.

La Città Metropolitana ha pubblicato il primo Piano Territoriale Metropolitano (che sostituisce il Piano provinciale) ed è attualmente è in corso la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) che prevede la partecipazione dei cittadini. Il Piano è stato naturalmente concepito prima della diffusione dell’epidemia di Covid 19.

Il PTM presentato dalla CM non sviluppa appieno le prerogative che la legge gli assegna, come si dimostrerà di seguito. Il Piano è composto da due parti sostanziali. La parte che riguarda l’assetto insediativo e la mobilità e la parte che riguarda l’ambiente, il paesaggio, le aree agricole e quelle libere da edificazioni. 

Carenze del PTMAssetto insediativo e mobilità. Il PTM non si pronuncia sui trend di sviluppo in atto (o almeno che tali erano fino all’insorgere dell’epidemia) e sulle dimensioni dei fenomeni: non si pronuncia sulla concentrazione differenziale di popolazione e attività nel capoluogo rispetto all’area metropolitana e di questa in rapporto alla regione; un tema che l’epidemia ripropone con forza (vedi l’editoriale del numero scorso di Arcipelagomilano).

Il PTM non decide dove intervenire prioritariamente per la rigenerazione di ambiti o direttrici territoriali obsolete e per le grandi aree dismesse (si pensi per esempio all’asse del Sempione). Non considera l’evoluzione della struttura demografica e i bisogni sociali che ne derivano e non decide dove collocare i servizi di scala metropolitana. Non si occupa del fabbisogno abitativo e del dove sia necessario collocare interventi di edilizia pubblica e sociale, in relazione all’assetto policentrico dell’area metropolitana. Non si occupa della distribuzione delle merci e del dove vadano localizzate le strutture che impattano sul territorio, come la logistica. In merito alla mobilità il PTM assume il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile del Comune di Milano come strategia metropolitana e non ne sviluppa una propria (si limita ad una integrazione delle linee suburbane).

Per contro, il PTM dà regole per la pianificazione dei comuni e per gli interventi di livello metropolitano, decisi e proposti dai comuni. Il PTM dunque non è un progetto territoriale dell’assetto insediativo, non ha carattere propositivo ma solo regolativo dell’attività comunale, una funzione che introduce effettivamente criteri di razionalizzazione delle trasformazioni diffuse nel territorio, rischiando però di assumere connotati burocratici.

Ambiente. La parte del PTM che riguarda l’ambiente si configura invece come progetto, almeno per la parte che riguarda il verde naturale, le aree agricole e le aree libere da edificazione. Sulle tavole del PTM è disegnata la rete verde ed ecologica, sono indicate le aree agricole strategiche e la loro funzione ecologica e paesaggistica. Tuttavia il PTM non indica strumenti di attuazione del progetto e non prefigura un ruolo attivo della CM. Ancora una volta tutto è demandato ai comuni, in un campo d’azione che per sua natura è di scala sovracomunale. Chi debba realizzare il grande progetto ambientale è del tutto incerto.

Paesaggio. Il paesaggio, per quanto destrutturato da 70 anni di sviluppo industriale, è ancora, nell’area metropolitana, un risorsa straordinaria. Il PTM regola il paesaggio, sia del territorio costruito che degli spazi aperti. La ricognizione dei valori, che è il fondamento dell’azione di tutela, è l’esito di un processo pluriennale impostato dalla Regione con il Piano Paesaggistico regionale e sviluppato dalle province a scala di maggior dettaglio.

Il PTM, riprendendo quindi l’impostazione del Piano territoriale della Provincia di Milano, avrebbe potuto completarlo con un repertorio più dettagliato dei beni da tutelare. L’ulteriore definizione dei valori dei singoli beni e l’azione di tutela è giustamente demandata ai Comuni cui compete il controllo degli interventi proposti dai cittadini. Anche in questo campo però manca un’azione propositiva della CM, per esempio per l’attuazione di “progetti di paesaggio” necessariamente di scala sovracomunale. 

Il PTM e l’epidemia di Covid. Il progetto di PTM, concepito prima dell’epidemia, è dunque impostato per gestire le tendenze di sviluppo in atto attraverso regole per la pianificazione e la gestione urbanistica dei comuni. Il PTM non compie scelte incisive nell’organizzazione del territorio, non indica priorità, non assume un ruolo di governo, ma si limita al ruolo di controllore dei processi di sviluppo e delle scelte locali dei comuni. 

Tale profilo basso è una scelta politica che ha le sue ragioni nella debolezza strutturale dell’istituzione. La stessa amministrazione della CM denuncia, nella relazione del Piano strategico che precede il PTM, l’intrinseca debolezza istituzionale dell’ente, debolezza che deriva come s’è detto dalla legge 56 del 2014, una legge che da tempo ha mostrato la sua inadeguatezza e ancor più oggi richiede di essere superata. Se non altro perché la dimensione ecologica, che dovrà essere al centro della strategia di conversione dell’economia, dei modi di vivere e delle relazioni sociali, è una dimensione necessariamente d’area vasta e richiede quindi istituzioni sovracomunali forti e adeguate al compito. Ma la debolezza della CM deriva anche dalla scelta del Sindaco e dell’amministrazione di Milano di non fare della Città metropolitana un elemento forte della propria strategia politica. 

Nel frattempo l’epidemia ha fatto maturare nell’opinione pubblica e nella politica – o almeno in una parte rilevante di esse -, la convinzione che sia necessario invertire le tendenze spontanee; ciò richiede una forte capacità di governo del territorio, alle diverse scale. Anche le disponibilità economiche che si profilano con la totale inversione delle politiche di bilancio della Comunità Europea dovrebbero indurre lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti locali a mettere in campo piani e progetti concreti ed efficaci, capaci di investire nel territorio le risorse necessarie per dare una svolta ecologica allo sviluppo.

La CM di Milano governa (pardon, dovrebbe governare) l’area più complessa del Paese e una delle più complesse d’Europa. Per questo la CM dovrebbe dare esempio di determinazione e assumere un ruolo di leadership. Per questo sarebbe necessario che il PTM segnasse una svolta e dimostrasse la capacità di governo che questo progetto non ha. Anche in attesa dell’auspicata riforma legislativa molto si può fare. Si segnalano dunque alcuni punti per una revisione del PTM:

1. Il PTM deve decidere se sostenere o invertire la concentrazione dello sviluppo in Milano; valutare se il riequilibrio con l’Area Metropolitana, ma anche con gli altri capoluoghi regionali, possa fondarsi su un’organizzazione del lavoro a minore concentrazione insediativa, come ha imposto il Covid nel periodo del lockdown.

2. I progetti d’ambiente e di paesaggio dovrebbero diventare gli assi portanti della pianificazione, non solo del PTM ma anche dei PGT comunali; ma affinché tali progetti possano assumere un ruolo centrale, devono essere chiarite le condizioni legislative, gli strumenti e le responsabilità (“chi fa che cosa”) per la loro attuazione. Si pensi per esempio ai Piani di cintura urbana, le grandi aree agricole a sud di Milano, a ridosso della città, previsti dal Piano territoriale del Parco Sud e rimasti sulla carta da vent’anni.

3. Il PTM deve individuare gli ambiti sovracomunali e le grandi aree dismesse ove sviluppare prioritariamente progetti di rigenerazione territoriale come alternativa concreta al consumo di suolo – perché rigenerare solo gli scali ferroviari in Milano città?

4. L’urbanistica e la pianificazione devono occuparsi di nuovo di welfare: di edilizia pubblica e sociale e di servizi alle persone e alle imprese. Il PTM, per esempio, dovrebbe sviluppare gli aspetti strutturali dell’organizzazione territoriale della sanità.

5. La grande distribuzione commerciale (funzione di scala sovracomunale) e la distribuzione delle merci stanno subendo una profonda trasformazione che ha riflessi sull’ uso del territorio: un tema che il PTM non può ignorare. 

6. Infine, La CM dovrebbe organizzare gli strumenti attuativi del Piano, a partire dalle tecnostrutture esistenti come MM o il consorzio acqua potabile, ecc., ma anche pensando a nuovi strumenti di intervento sul territorio come società a capitale misto pubblico-privato, per valorizzare e non svendere le proprietà pubbliche (la proprietà pubblica delle aree ha consentito interventi sul verde, anche a scala metropolitana, di grande qualità: il Parco nord; il parco delle Cave; Bosco in città, il Parco di Trenno, etc.)

Se la CM scegliesse di darsi obiettivi così impegnativi, dovrebbe rimettere mano al PTM e sviluppare progetti per il territorio chiari, ambiziosi ed efficaci; potrebbe così chiedere al Governo che il programma per l’impiego del Recovery Fund riservi le risorse necessarie alla rigenerazione di un’area strategica per il Paese. A tale fine si potrebbe fare dell’attuale progetto di Piano uno strumento di inquadramento che preveda piani attuativi di settore, in un processo di pianificazione progressiva.

Sempre che si intenda attribuire alla CM un ruolo politico che possa contribuire alla rinascita post-Covid del Paese.

Ugo Targetti

1 dati ISTAT 2018

2 Legge n.56 del 2014, articolo 44 b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza  della  comunità  metropolitana,  anche fissando vincoli e  obiettivi  all’attività  e  all’esercizio  delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano;”

3 Legge regionale della Lombardia n.32 del 2015, Articolo 5 punto 3: “Il PTM è lo strumento di pianificazione territoriale generale al quale si conformano le programmazioni settoriali delle politiche della Città metropolitana, nonché gli strumenti della pianificazione comunale di cui all’articolo 6 della l.r.12/2005.”



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  1. valentino ballabioTutte osservazioni competenti e condivisibili, alle quali ne aggiungerei un'altra. L'attuale “città metropolitana” milanese nasce con un vizio d'origine, ovvero la mutilazione territoriale della parte nord dell'area metropolitana, col distacco della provincina di Monza e mezza Brianza, e pure la mancata integrazione dell'asse del Sempione. Alla fallita coincidenza della città reale con quella legale si sono poi aggiunte le palesi incongruità istituzionali ed amministrative dovute alla legge Delrio, nonché la resistenza politica e culturale dei poteri comunali, a cominciare purtroppo dal Capoluogo!
    1 luglio 2020 • 12:22Rispondi
  2. Fiorello CortianaCondivido profondamente l'impianto logico di Ugo Targetti e le sue chiare indicazioni. Credo che sia impossibile pensare Milano al di fuori della dimensione/relazione metropolitana. È incredibile la visione ampia che si è avuta dal Ducato al succedersi di intelligenze che hanno regimato questo territorio d'acque e pensato alle vie dei Navigli, piuttosto che a Maria Teresa che affida al Piermarini la costruzione della Villa Reale a Monza con le vetrate orientate verso Vienna e Milano. Occorre uscire dalla miopia che non vede oltre la cinta daziaria, infatti le periferie le evoca e stop, per riprendere il respiro proprio delle ragioni geo/storiche di Milano.
    2 luglio 2020 • 00:42Rispondi
  3. Giovanni PerosinBene ha fatto Ugo Targetti a riprendere il problema Città Metropolitana ed in particolare il Piano Metropolitano, e la relativa stagnazione rispetto ai problemi irrisolti annessi e connessi. Certo la gracilità nella iniziativa Istituzionale, riflette purtroppo, a carta carbone, l'appannamento calato nella capacità di elaborazione e di iniziativa delle Forze Politiche presenti nell'area Metropolitana, pare che queste si siano sconnesse dai problemi del territorio di cui Targetti con paziente determinazione ha fatto l'elenco. C'è solo da sperare che anche dall'iniziativa dei singoli arrivino gli stimoli utili a rilanciare attenzione ed iniziativa politica ed istituzionale in grado di portare a compimento (finalmente) il Progetto di Città Metropolitana di Milano superando nei fatti il persistere di una visione Milanocentrica per sconfiggere la quale è indispensabile che anche i Comuni confinanti ritornino ad avere parola in merito evitando l'attecchimento di visioni neoperiferiche.
    3 luglio 2020 • 17:39Rispondi
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