26 febbraio 2019

LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE SEGUE LA LIBERTÀ DI PENSIERO

Non solo diritti. Il dovere della riflessione


Leggiamo dal sito istituzionale Senato.it, in cui è possibile trovare il testo integrale della Costituzione della Repubblica Italiana approvata nel 1947 ed entrata in vigore il primo gennaio 1948: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi… In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto…”.

190226_Savoia-02Eccolo qui l’articolo 21, sono 180 parole nel testo integrale, che in questo caso abbiamo riportato in forma ridotta per motivi di spazio; 21 righe per 1.206 caratteri totali, spazi inclusi, cioè vuol dire compresi i bianchi tra una parola e l’altra. Dal punto di vista quantitativo, parliamo della dimensione di una delle tante notizie che quotidianamente appaiono sui giornali, quelle a cui non si dà in genere molta importanza, pubblicate nella metà inferiore della pagina.

Eppure quelle 180 parole rappresentano uno dei capisaldi attorno ai quali ruota il nostro concetto di democrazia moderna: la libera espressione del pensiero, anche quando è fortemente critico, anche quando è urticante. Ebbene sì, anche quando è prevenuto. Perché la democrazia si costruisce e si alimenta anche di una pluralità di idee in assenza della quale torneremmo velocemente a quelle forme di pensiero unico che hanno contraddistinto lunghi tratti del Novecento, a varie latitudini.

Ovviamente, e ci preme sottolinearlo, libera espressione del pensiero non significa libertà di insultare a man salva, offendere i familiari o augurare la morte a qualcuno, cioè assistere allo spettacolo indegno in cui si imbatte ogni giorno chi frequenta i social perché ha qualcosa da dire, perché vuole capire e intercettare i sentimenti e i pensieri del momento, perché vuole partecipare a una discussione su un argomento particolarmente sentito.

Chi si comporta in modo becero, le cosiddette iene da tastiera, nascondendosi dietro l’anonimato di un nickname o approfittando della “invisibilità” garantita dallo schermo di un computer non deve avere cittadinanza in una società che si dichiara civile. Forse anche per questo abbiamo voluto ripubblicare l’articolo 21 e stiamo parlandone qui oggi. Perché ogni tanto un ripasso fa bene anche agli adulti, non soltanto agli studenti: rimette un po’ d’ordine nel pensiero e, si spera, nell’azione dei decisori politici di turno, di chi si trova ad occupare posizioni di grande rilevanza (e responsabilità) politica pro tempore. E forse anche perché, nell’epoca della chiacchiera un tanto al chilo alimentata dagli ormai innumerevoli canali di comunicazione esistenti, ricordarci da dove siamo partiti aiuta a schiarire le idee. Le nostre e quelle degli altri.

Ugo Savoia



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