15 maggio 2018

LE PERIFERIE DELLA POLITICA TRENDY DEI THINK TANK

Come un gatto in tangenziale, non solo un film


Di recente ho visto un film(1) che avevo totalmente ignorato. L’argomento sembra essere sociale, il divario tra il conformismo borghese dell’apparire tolleranti e accoglienti dall’alto degli attici, e il realismo plebeo di esserlo per forza in regime di sopravvivenza condominiale, una lettura della realtà che si lega alla probabile breve vita di un gatto in tangenziale, paradigma di un rapporto impossibile tra due esistenze opposte che, per una combinazione di eventi, s’incontrano pur avendo fatto di tutto perché ciò non accadesse. Due vite fino allora totalmente ignare dell’esistenza dell’altra.

08gennai18FBGuardo il film apparentemente leggero, ironico. Il film è ambientato a Roma, quella parte di Roma “altra “ che si perde verso l’esterno del grande raccordo anulare, confine anche fisico tra due contrapposti sistemi umani, due macro particelle di un universo fatto di umana sopravvivenza, di lotta quotidiana da una parte per essere ” i primi” dall’altra per non essere “gli ultimi”, entrambi profondamente legati dai codici che legano gli esseri viventi a riconoscersi nelle rispettive cerchie.

Alla fine del film rifletto su che cosa ho visto oltre gli splendidi protagonisti che trattano il tema con eleganza, leggerezza e intelligenza. Mi chiedo cosa pensi un altro “Me” che si riconosce in quell’inferno del film reso accettabile grazie alla splendida interprete (2) nel ruolo di una mamma “coatta“ che tuttavia vive con una sua visione di ciò che e bene e ciò che male, con una sua dignità pur consapevole di farlo ai confini della civiltà.

Il protagonista (3) si muove in un mondo a me quasi sconosciuto, quello delle società definite “Think thank” letteralmente “serbatoio di pensiero”. Cerco una definizione su Google e la trovo nella pagina web di una vera “think thank” milanese. Eccone un passaggio:

“PRIMA REGOLA: CONOSCERE

Capire il reale. Senza paraocchi, senza adagiarsi sulle opinioni più diffuse, rimettendo sempre in discussione ogni dato acquisito. Non è un semplice esercizio teorico: è il punto di partenza per ogni idea di sviluppo. È a questo che servono le nostre tavole rotonde, luoghi ideali per un confronto schietto sul presente e le nostre ricerche, che offrono le chiavi per leggere ad un livello di alta sintesi strategica i grandi cambiamenti in atto e per meglio progettare il futuro in quest’epoca di discontinuità e globalizzazione.”

Una parte mi fa riflettere molto: “ricerche che offrono le chiavi per leggere a un livello di alta sintesi strategica i grandi cambiamenti in atto”.

Non che il film si basi su fatti veri, ma la situazione non è da escludere, pensando a cosa succede nelle periferie d’Italia e soprattutto vedendo come si muovono i partiti su questi temi.

Le zone distanti dal centro delle città si assomigliano un po’ tutte, i temi sono sempre i soliti, come in una litania: degrado sociale, degrado urbanistico, sciatteria, delinquenza comune, spaccio, baby gang: una contaminazione, ecco un sostantivo che sintetizza un processo apparentemente inarrestabile, endemico.

Ho sempre pensato alla contaminazione come qualcosa di negativo, come qualcosa da evitare, invece no, oggi la contaminazione assume un valore positivo, è trendy, è un vettore di tanti progetti dove si veicolano tantissimi soldi, dove tutta la politica si tuffa a braccia aperte, dove si è costruisce un’idea d’integrazione forzata perché le % parlano chiaro e in prossimità della massa critica, il fenomeno si può gestire cogliendone i benefici (voti e consensi dietro promesse e possibilmente progetti che si trasformano in finanziamenti pubblici e privati ).

Tutta l’Europa parla di Periferia e stanzia fiumi di Euro che vanno convogliati verso dei progetti che non possono essere elaborati dai partiti, ma fatti da persone certamente preparate, che pensano probabilmente dentro una delle tante “think thank”; solo in Italia ce ne sono più di 100 legate ai partiti dove primeggia la sinistra, sì perché di questo si parla, non di semplici progetti o di gestione burocratica, ma di strategie.

Si parla di Sociologia, di Urbanistica, di Social Finacing, stando comodamente seduti in un ufficio, probabilmente a Milano con vista Duomo, non che questo sia il male assoluto, tuttavia l’immagine ha in sé qualcosa di olistico che stride con i temi trattati. È forse in questo ambiente che vive la sinistra di oggi che inconsapevolmente, forse anestetizzata dalla policy making, agevola l’evoluzione del disagio, pesando che per il riscatto di una certa classe sociale basti essere connessi, pronti ad accogliere “tout court”, partecipare alle adunanze di vari generi purché si parli di periferia ma in modo pacato, probabilmente già con un progetto in tasca, sviluppato in una di queste fucine del pensiero in grado di veicolare soldi e attenzione mediatica.

Ma c’è una realtà distante dai “think thank” (termine per me urticante). Quei tanti “alieni” che vivono dissociati dal riscatto suburbano, inossidabili “Human border”. Oggi i più sono ancora lì negli angoli di Milano, dove neanche si pensa viva qualcuno, fortemente contaminati da non distinguere le diverse etnie che si riducono a bianco o nero. Non so quanto possa essere comprensibile la “policy making”, in questi “orridi” della Società.

La politica “trendy” non sembra voglia estirpare il tumore sociale, piuttosto gestirlo, tenerlo sotto controllo, perché su questo girano le tantissime organizzazioni agganciate ai partiti, gente che ci vive sul disagio.

Il film accende un faro su un mondo anche milanese, su una certa tendenza, dimostrata dai risultati delle recenti votazioni, verso una borghesia che si è rigenerata e che sopravvive traendo sostanze (economiche) proprio dai temi della politica incapace di dar vita ad un vero progetto rigenerativo. Una politica che dovrebbe ripartire dai concetti semplici, forse demagogici ma elementari e quindi comprensibili a tutti, dovrebbe essere sul posto a condividere i disagi là dove si pensa di poter risolvere questioni oramai incancrenite; così si bloccherebbe un sistema oramai dominante dove c’è chi pensa e chi non pensa più.

Un’Amarcord : anni fa, i militanti di sinistra, giravano per le case con l’Unità in mano cercando consensi; oggi sarebbe anacronistico? Eppure era un modo per frequentare i grandi condomini, le zone degradate, era un modo per dire “ci sono “, per restare connessi con le realtà.

A Milano si realizzano grandi riqualificazioni grazie alla sinergia politica/finanza, si interviene anche pesantemente nei quartieri, cambiano completamente le architetture e sempre più anche i loro nomi per cancellare ogni traccia, per realizzare a pieno una riqualificazione, perché i pregiudizi è difficile estinguerli.

Mi domando perché questo non si faccia per esempio a Quarto Oggiaro, peraltro ancora ingiustamente sul podio dei quartieri italiani, considerati estremamente degradati e citato come tale anche nel film. Oggi Quarto Oggiaro è un campo di sperimentazione socialmente complesso, dove esistono sacche di piccola borghesia contrapposte all’estrema povertà, un quartiere ancora vittima di un persistente pregiudizio nonostante i progressi anche culturali, certamente contaminato, ma vivo e penso pronto a fare il salto finale.

Mi viene in mente un episodio legato a Expo. C’è un parco che è stato realizzato sopra la Strada interquartiere Eritrea/Expo, doveva prendere il nome di Quarto Parco per la vicinanza al quartiere (al tempo l’Assessore che gestiva i Lavori Pubblici era la Signora Carmela Rozza molto attiva nel quartiere), la gente del posto non lo accettò e fu battezzato dal quartiere “Parco dei 600”. Forse si potrebbe iniziare da qui, cambiando un nome che evoca tanti, troppi spettri del passato, magari condividendo l’argomento con i cittadini, anche se per orgoglio alcuni potranno dissentire.

Il Sindaco Sala è un politico con una formazione manageriale, è stato scelto dalla sinistra “di tendenza “, piace alla finanza e questo dovrebbe aiutarlo a trovare soluzioni economicamente sostenibili. Gestisce da anni progetti complessi, grandi players e alta finanza. É un profondo conoscitore della realtà milanese, credo non gli manchi il talento per compiere definitivamente una riqualificazione profonda e necessaria anche per quella Milano della quale sembra essere il paladino e che mal sopporta l’idea di essere associata alle città maggiormente degradate.

Ho paura che manchi il coraggio di fare, che vi siano forze oscure sovrastanti. D’altra parte la cultura classica insegna: per esserci un paradiso deve esserci un inferno.

Gianluca Gennai

Citazioni:
(1) Come un gatto in tangenziale.
(2) Paola Cortellesi.
(3) Antonio Albanese.08gennai18-02



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