24 aprile 2018

VIA CAVEZZALI 11 – UN’OPPORTUNITÀ CHE POTREBBE NON TORNARE

Dopo lo sgombero il rischio è che tutto torni come prima


Quello di giovedì 5 aprile è solo l’ultimo capitolo di una storia che comincia quasi 20 anni fa – nel 2003 – quando il residence di via Cavezzali 11, fino ad allora di proprietà dell’Inpdap e già gravato da un debito enorme, è oggetto di un’operazione di cartolarizzazione conclusa con l’acquisto di buona parte dell’edificio da parte di tre immobiliari (AR Srl, Ifim Srl e Interhouse Srl). La solidità, o meglio la non solidità dell’operazione, emerge però dopo poco tempo e, nel giro di pochi anni, l’indebitamento condominiale esplode e, con esso, si deteriorano le condizioni dell’immobile.

comelli16FBÈ il fallimento delle tre società, pochi anni dopo, ad accelerare la spirale in cui via Cavezzali 11 si trova oggi: affitti in nero, occupazioni abusive dei singoli appartamenti e poi di interi piani, spaccio, prostituzione, sfruttamento dell’immigrazione clandestina. È (era fino a giovedì 5 aprile) questa la quotidianità del “fortino della droga”, ospitato in uno stabile in condizioni strutturali e igienico sanitarie quanto meno dubbie e comunque insostenibili.

Parti comuni e cortile sistematicamente occupati da cumuli di rifiuti, addirittura i vani degli ascensori – ovviamente fermi e inutilizzabili – pieni di immondizia. L’utilizzo di bombole per riscaldare gli appartamenti e gli allacci abusivi alla corrente sono tra le cause dei tanti incendi che, negli anni, hanno interessato lo stabile (di cui l’ultimo, per fortuna senza conseguenze, solo qualche settimana fa). Un quadro di forte degrado che determina, evidentemente, un pericolo concreto per l’incolumità e la salute non solo di chi ci abita(va), ma anche di chi vive nei palazzi circostanti, con la conseguente perdita di valore (economico, oltre che sociale) del quartiere.

Questo il contesto in cui si inserisce la maxi operazione del 5 aprile che, con il coinvolgimento di oltre 700 tra poliziotti, vigili del fuoco, carabinieri, protezione civile e servizi sociali, ha portato alla perquisizione di 68 appartamenti e al fermo di una settantina di persone. Al termine delle operazioni, ai “regolari” – proprietari o inquilini – è stato permesso di rientrare, mentre ai soggetti più deboli e ai nuclei familiari è stata garantita ospitalità presso le strutture del comune.

Un’operazione che, a fine giornata, ha fatto tirare un sospiro di sollievo al quartiere e, forse, a tutta Milano, non tanto e non solo per le condizioni di illegalità e degrado in cui versa(va) il residence, ma soprattutto perché, da troppo tempo, si aveva la sensazione che su via Cavezzali 11 si preferisse voltarsi dall’altra parte sperando che non succedesse niente. Sollievo sì, ma anche tanta preoccupazione per quello che succederà domani, perché l’operazione di inizio aprile non può che essere il primo passo per restituire lo stabile al quartiere e alla città.

E, questa, chi conosce via Cavezzali 11 lo sa bene, è la parte più difficile.

Perché di interventi delle forze dell’ordine, forse non così imponenti, in passato ce ne sono stati ma, dopo poco, è tornato tutto come prima. Oggi la differenza è che, davvero, all’interno dello stabile sono rimasti solo gli abitanti “regolari”, molti appartamenti sono stati chiusi con lastroni di acciaio e lo stabile è stato presidiato, 24 ore su 24 dalle forze dell’ordine, per evitare che chi non deve (ri)entrare nello stabile (ri)entri.

Ma non può essere questa la soluzione definitiva. E allora si aprono almeno tre scenari:

1. Può succedere, come è già successo in passato, che tutto torni come prima; questione di tempo, giorni, mesi o settimane;

2. Può succedere (anche se è più difficile) che non accada nulla, e che via Cavezzali 11 rimanga lì, vuoto o semivuoto in mezzo a Milano, con le sue poche finestre “regolari” illuminate la sera come occhi spalancati e quasi increduli di fronte a una ritrovata normalità.

Certo, non ci sarebbero più i “delinquenti” , come ha già dichiarato qualcuno, aggiungendoci l’auspicio che i proprietari e gli inquilini regolari rimettano a posto lo stabile. Un auspicio quanto meno balzano o, peggio, fondato sulla non conoscenza delle condizioni dello stabile e della realtà di chi lo abita; difficile infatti pensare che chi si è trovato costretto a vivere in via Cavezzali 11 – e certamente lo ha fatto perché lì gli appartamenti costano così poco da poterseli permettere – possa farsi carico delle tante manutenzioni necessarie e del debito condominiale che, pesante come un macigno a 6 zeri, grava sullo stabile. Perseguire o auspicare questa soluzione significa, di fatto, aprire la strada a un ritorno alla triste normalità di via Cavezzali, quella che c’era fino al 4 aprile.

3. Poi potrebbe succedere che qualche investitore privato, attirato dai prezzi bassi, si compri lo stabile, salvo poi rendersi conto che forse l’acquisto non è poi stato un affare. Riscrivendo, a distanza di vent’anni, i primi capitoli della storia di via Cavezzali 11.

Poi c’è, o forse ci sarebbe, una quarta ipotesi, che è quella del sequestro dello stabile – o quanto meno di parti di esso – per avviare davvero un ragionamento ampio – coinvolgendo prefettura, Comune di Milano, Regione Lombardia, forze dell’ordine e proprietari – sul futuro dell’ex residence.

E questa è la strada davvero auspicabile, perché di certo oggi, c’è una cosa sola: che restituire via Cavezzali 11 alla città e al quartiere è necessario, se non si vuole che la grande operazione del 5 aprile si trasformi in un boomerang dalle dimensioni difficili da prevedere.

Poi ci sono almeno altre due cose, meno certe ma forse più importanti; la prima è che affrontare la questione di via Cavezzali 11 richiede coraggio e capacità di innovazione nell’azione amministrativa, pensando a strumenti nuovi per affrontare le situazioni di degrado pesante in contesti di proprietà privata e parcellizzata. Certo non si può e non si deve escludere l’intervento del privato, ma la regia e la presenza costante del pubblico, Comune di Milano prima di tutti, è davvero irrinunciabile.

La seconda è che, oggi, un tema scottante e emergente come quello del recupero degli spazi privati degradati, può essere affrontato, in Italia, solo dal Comune di Milano.

La domanda allora non può che essere se l’amministrazione cittadina saprà raccogliere la sfida e farsi carico di dare una svolta alla storia del fortino di via Cavezzali 11; sapendo che, se lo farà, la capacità di innovazione di Milano, locomotiva di Italia, non sarà più solo nell’internazionalizzazione, nell’economia, old e new, e nel lavoro, ma sarà anche nelle periferie e nella capacità di ridurre e ricucire le distanze e le disuguaglianze tra mondi sempre più lontani.

Elena Comelli

 

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