19 marzo 2018

CITTADINI DIGITALI DI MILANO, BEN TROVATI

Il nuovo ‘cives’: protetto, educato, partecipe. E digitale


Ci sono concetti che faticano a uscire allo scoperto. A volte sembra che alcune comunità, di solito in infrastrutture educative, abbiano una particolare sensibilità per lo sviluppo di un certo tipo di consapevolezza, abilità, valore, che riconoscono come utile all’individuo e alla comunità civica. Ecco, il concetto di Digital Citizenship per ora è quasi del tutto confinato in un dibattito pedagogico, per cui i risultati di ricerca su Google del termine offrono tanti bei modelli da usare per insegnare ai bambini a comportarsi bene nei social media.

03vannini11FBNon è così per noi. La cittadinanza digitale, anzi meglio essere cittadino digitale, è una realtà qui e ora per ogni singolo ‘cives’. Viviamo in un ecosistema ibrido real-tecnologico e l’evoluzione del rapporto tra amministrazione di una città e cittadino, con tutti i suoi diritti e doveri, si sostanzia con e per la via dell’innovazione digitale.

Per questo, in Arcipelago IS abbiamo colto l’opportunità dell’arrivo della prima Milano Digital Week per proporre alla città l’apertura di un dibattito sulla cittadinanza digitale. Lo scopo dichiarato del workshop che abbiamo condotto giovedì 15 marzo è stato di definire Digital Citizenship a uso e consumo ‘del Sindaco’. Ovvero: non ci interessa fare accademia o sciorinare autorevolezza intellettuale, ma rendere pratico e condiviso tra amministrazione (innovativa) e cittadini (digitali) un concetto, ancora poco dibattuto e forse schiacciato tra termini solo apparentemente cugini tipo smart city o e-gov, che riguarda ogni singolo milanese. Per questo, abbiamo aperto la riflessione in questi termini: se domani mattina avessi l’opportunità di andare a dire al Sindaco cosa significa cittadinanza digitale e come fare bene nell’ambito delle responsabilità proprie del suo ruolo, cosa gli diresti?

Il tracciato partiva dalla proposta di organizzazione di ‘ingredienti’ di base su un doppio asse: semplicistico – complesso (o ‘compiuto’) in orizzontale; costi – benefici in verticale. Da qui il dibattito, e la ricerca (con cura) delle parole, che servono per capirci e condividere, e poi per narrare, educare, realizzare. Abbiamo concordato sul fatto che vi siano fattori esogeni al quadro delle responsabilità dirette del Sindaco, fattori diciamo così evolutivi che una amministrazione consapevole delle dinamiche globali deve cavalcare o, se possibile, anticipare, riconducibili a: eventi dirompenti, accelerazione, globalizzazione, innovazione. Traduzione pratica, car sharing, bike sharing, isole wi-fi, digital playbook, open data, tutte le iniziative “smart” alla smart city, smart community, social street, il fascicolo digitale del cittadino, i servizi online, l’ecosistema start-up et cetera esistono prima e oltre Milano: accadono, ed essere proattivi è un dovere del governo della comunità. Su questo abbiamo già avviato la riflessione, tra gli altri con Luca Beltrami Gadola per esempio qui, con Giuseppe Gario sulla sovranità politica di fronte a globalizzazione e innovazione qui, con Giuseppe Longhi sul rapporto tra P.A.L. e agenda digitale qui, e con una riflessione di chi scrive sull’incoscienza digitale del cittadino medio qui.

Nel quadro degli strumenti nelle mani del Sindaco, dunque, cosa c’è? Sono emerse quattro parole: open data, consapevolezza, coscienza, algoritmi. In qualche modo si comincia già a intravvedere una mappa, un tracciato: il Comune di Milano ha a disposizione una immensa quantità di dati sui cittadini, collezionati nel tempo e accessibili in una ideale istantanea in tempo reale: è un patrimonio da usare (open data); se la dimensione dell’innovazione tecnologica è quella che porta a un miglioramento presente e futuro del ‘piacere di vivere’ del cittadino, serve che egli lo sappia, che ne sia raggiunto, ovunque, anche nelle periferie, e che ne benefici (consapevolezza); l’interdipendenza tra sistemi socio-tecnologici di uso comune (es.: l’app ATM) determina l’attivazione di flussi di dati e informazioni personali (es.: l’impronta digitale per aprire i tornelli in metro: il dato riguardante una parte del corpo dell’utente è condiviso tra ATM e Apple Inc.) con cui è bene confrontarsi su un piano etico e, più già, di tutela della privacy (coscienza); i modelli smart di gestione dei servizi della città vanno verso un impiego sempre più evoluto di set di regole che indicano a un sistema (diciamo un ‘computer’), il come fare per svolgere un compito, per cui diventa centrale capire chi e come decide come impostare, controllare e migliorare salute, mobilità, sicurezza, lavoro ecc. con il set di regole, che poi nella loro essenza sono quelle che fanno il benessere e la democrazia (algoritmi).

Le quattro parole, sintesi di un dibattito davvero vivo tra i presenti, dibattito che ora si apre a chi legge (con proposta di parteciparvi anche scrivendo nuovi articoli sul tema), sono state ricondotte a due possibili azioni fondative, o iniziative attuative del Sindaco: proteggere, educare. Proteggere perché il Sindaco deve occuparsi dei rischi di espropriazione, manipolazione o interruzione di servizi pubblici come salute o mobilità ‘troppo’ legati a soluzioni tecnologiche fornite da società private. Educare: lo leghiamo al ‘comodo-ma-passivizzante’ del digitale, per cui l’azione deve risvegliare, generare utenti coscienti, mirare attraverso un’alfabetizzazione di base, per esempio, a dare più volentieri i nostri dati al Sindaco piuttosto che a corporation estere; educare è anche attivare e favorire il diffondersi del rispetto negli spazi di dibattito delle piattaforme social, è costruzione di buone pratiche di partecipazione civica e cittadinanza che passano dall’online.

Sono le prime risposte. È chiaro che a nessuno di noi sembrava utile partire dalla concezione per bambini di Digital Citizenship (pur importante), per cui il quadro concettuale è quello di una ‘nuova’ cittadinanza, una ‘cittadinanza aumentata’ che costruisce senso di comunità civica e partecipazione politica. Siamo partiti da qui, ora cominciamo, benvenuto dibattito utile e civile.

Giovanni Vannini

P.S. è invitato a contribuire chi condivide con noi l’idea di partire dai bisogni di Milano per offrire soluzioni vere, vive, applicabili, che connettono bisogni attuali e futuri con possibili (auspicabili) soluzioni politiche e amministrative.



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