23 gennaio 2018

DELLE SPESE ELETTORALI

Un labirinto normativo, un "divertissement" per candidati


Le spese elettorali sono un capitolo fondamentale della vita politico partitica del nostro paese, tuttavia parlarne significa spesso scivolare nel modesto moralismo e fare un esercizio di retorica. Le informazioni tra referti della corte dei conti, dichiarazioni dei singoli, bilanci dei partiti e delle associazioni, rendiconti dei mandatari, sentenze di tribunali, cause civili, sono moltissime anche se talvolta scarsamente accessibili così come sono molte le norme e i regolamenti da rispettare.

02marossi03FBTuttavia avere un quadro d’insieme risulta difficile e soprattutto esiste una enorme differenza di comportamento (e di spesa) tra i vari soggetti collettivi e individuali, le sole differenze “geografiche” meriterebbero un volume.

Ho quindi preferito dare un’antologia di dati, invero un po’ lunga, e chiunque può trarre le sue conclusioni o ciascun cercare tra i nomi quelli per i quali si è battuto.

Alle regionali lombarde del 2013:

Alleanza ecologica non ha ricevuto alcun tipo di contribuzione e non ha sostenuto alcuna spesa.

Centro Popolare Lombardo ha speso nel 2013 148 210 e ha ricevuto contributi da persone fisiche per 148 400.

Con Ambrosoli Patto Civico ha speso 1.050.965,33 e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 1.126.396,48, costituite da erogazioni liberali ricevute da persone fisiche per euro 535.637,48, contributi da persone giuridiche per euro 148.759,00 e contribuzioni da partiti e movimenti politici per euro 442.000,00. La lista è una delle poche che mette on line anche come ha speso successivamente i danari ricevuti come rimborso spese dallo stato, ad esempio destinandone 80.000 alla campagna elettorale di Sala.

La lista Penati presidente ne aveva spesi 174000.

Nel 2005 per Formigoni o meglio per la lista per la Lombardia, la corte dei conti formalizzò la contestazione per la mancata presentazione del consuntivo. Dopo immaginiamo affannose ricerche la lista, non senza uno spiccato gusto per l’ironia, replicò che le spese erano rendicontate nel consuntivo dell’associazione “la casa delle libertà” presentato dall’on Scaiola pari a 101,40 (leggasi centouno) di cui 78 debiti verso fornitori con un disavanzo di 23,40 euro (leggasi ventitré Euro e quaranta centesimi) ripianato “attraverso i contributi elettorali precedentemente percepiti”.

Italia dei valori ha speso 94.721,99 e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 94.721,99, costituite da disponibilità economiche del partito nazionale. Nel 2010 spese 680.091,42.

Etico a sinistra non ha ricevuto alcun tipo di contribuzione e non ha sostenuto alcuna spesa.

Fare per fermare il declino non ha ricevuto alcun tipo di contribuzione e non ha sostenuto alcuna spesa, ma contemporaneamente (nazionalmente) ne spendeva 1440000 per le politiche.

Fratelli d’Italia non ha ricevuto alcun tipo di contribuzione e non ha sostenuto alcuna spesa.

Il popolo della libertà ha speso 23.868,62 e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 18.360,48, costituite da fondi propri. Tuttavia la corte dei conti ha accertate fonti di finanziamento e spese quantitativamente diverse da quelle rendicontate per importi pari ad euro 46.347,17. Nel 2010 spese 4.432.050,77, la differenza è sensibile!

Lega Nord ha speso 3.836.798,90 e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 3.836.798,90, costituite da erogazioni liberali ricevute da persone fisiche per euro 5.450,00, sovvenzioni da persone giuridiche per euro 30.000,00 e da fondi propri per euro 3.801.348,90. Nel 2010 spese 1.400.680,71.

Lista lavoro e libertà 3l (Tremonti) ha speso 34.909,15 e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 34.909,15, costituite da libere contribuzioni incassate in denaro.

Lombardia Civica (Albertini in Monti) ha speso 432.809,09 e ha dichiarate fonti di finanziamento per complessivi euro 472.964,40, costituite da: libere erogazioni in denaro da parte di persone fisiche per euro 125.950,00; forniture di beni e servizi per euro 124.000,00; debiti verso fornitori per euro 115.014,40; contributi da soggetti diversi per euro 108.000,00.

Maroni presidente ha speso 369.147,68 e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 550.000,00, costituite da erogazioni liberali ricevute da persone fisiche per euro 20.000,00, contributi da persone giuridiche per euro 530.000,00 per cui è risultato un avanzo contabile.

Il Movimento 5 Stelle non ha ricevuto alcun tipo di contribuzione e non ha sostenuto alcuna spesa. Per il 2010 “non ha ricevuto nessun contributo da persone fisiche o giuridiche e non ha sostenuto alcuna spesa ed elargito alcun servizio a favore dei candidati”, idem per le elezioni comunali di Milano. Mentre per queste elezioni regionali ipotizza una spesa di 70.000 euro. Le opzioni di spesa del movimento non sono però uguali dappertutto il consuntivo delle spese elettorali della Raggi infatti è stato di 223.673,11 euro (la cifra è contenuta in una lettera protocollata 49360 con data 21 luglio, inviata al direttore dell’Assemblea capitolina Angelo Gherardi e poi pubblicata sia sull’albo pretorio, sia sul sito istituzionale), mentre le spese elettorali della Appendino sono state di 800 euro personali e 64000 del movimento.

Il PD ha speso 902.893,63 (esattamente il triplo di quanto ha speso nel Lazio il vincente Zingaretti) e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 902.893,63,43, costituite da fondi propri del Partito per euro 412.807,36, da contributi da persone fisiche per euro 430.017,11, da persone giuridiche per euro 15.000,00 e da debiti verso fornitori per euro 83.439,96. Nel 2010 spese 2.406.248,26.

Partito Pensionati non ha ricevuto alcun tipo di contribuzione e non ha sostenuto alcuna spesa. Nel 2010 spese 37.894,45

Partito socialista ha speso 27.365,00 ha dichiarate fonti di finanziamento per complessivi euro 21.556,00, costituite da libere contribuzioni incassate in denaro da parte di associazioni e persone fisiche. Nel 2010 spese 47.608,00.

Sinistra ecologia e libertà ha speso 27.632,38 e ha dichiarato fonti di finanziamento per complessivi euro 21.255,68, costituite da debiti verso fornitori e da fondi propri. Nel 2010 spese 96.092,21.

L’Unione di centro non ha ricevuto alcun tipo di contribuzione e non ha sostenuto alcuna spesa. Nel 2010 spese 1.392.587,26 ma forse i protagonisti erano diversi.

Nessuna lista ha superato i limiti fissati che era di euro 7.738.280,00.

Questo è quanto risulta dalla Corte dei Conti – Collegio delle spese elettorali nella relazione prevista dall’art. 12, comma 3, della legge 10 dicembre 1993, n.515 che ha approvato il referto in data 21 luglio 2015, cioè a dire un paio d’anni per guardare quattro cartuscelle.

In pratica la palma dei più spendaccioni nel centro sinistra va ai socialisti che hanno speso 27.000 per lo 0,30% cioè 16.662 voti, nel centro destra a Tremonti che ne ha spesi 34.000 per lo 0,50% cioè 27.429 voti.

Più che spendaccioni degli incapaci, per non dire alla milanese dei pirla, visto che il Popolo delle Libertà per 904.809 voti ha speso 23.000 euro (leggasi ventitremila) mentre oltre 1.129.000 voti sono andati a formazioni politiche che hanno dichiarato di non aver speso nemmeno un euro.

La stessa Corte dei conti evidenzia i limiti di questa procedura: “Detti controlli, ai sensi del comma 3 del citato art. 12, legge n.515/1993, si limitano … alla verifica della conformità alla legge delle spese sostenute dagli aventi diritto e della regolarità della documentazione prodotta a prova delle spese stesse”.

Cioè si controlla solo che siano compilati correttamente e spediti in tempo utile dei formulari.

Direi che più che un referto, quello della Corte dei Conti è una divertente parodia di quello che andrebbe fatto per avere contezza delle spese elettorali.

Le spese non hanno alcuna relazione con i rimborsi elettorali tant’è che ad esempio il Popolo delle libertà otteneva rimborsi spese dallo Stato per 1.196.444,51, (la somma comprende la quota integrale per l’anno 2013 e le quote relative agli anni 2014-16 ridotte ai sensi dell’art.14 del d.l. 28 dicembre 2013, n. 149).

L’incongruità di rimborsi elettorali talvolta enormemente superiori alle spese dichiarate e quindi solo forma mascherata di finanziamento pubblico ai partiti è stata una della ragioni che ha portato alla cancellazione degli stessi.

Più realistiche appaiono le dichiarazioni per le comunali: la Moratti dichiarò circa 10 milioni di euro, Pisapia 1.140.018, mentre Parisi batte Sala: 961.735 euro contro 745.368. Tra gli attuali assessori chi ha speso di più è Carmela Rozza con 46.884 euro, mister braccino corto è Lipparini con 243 euro. Tra i consiglieri chi ha speso di più è Gelmini con 64.552 euro poi Milly Moratti con 62.552 euro.

Stabilito che i rimborsi dopo Letta, legge n. 13 del 21 febbraio 2014, non esistono più (dal 2017) e che le donazioni del 2% risultano essere infinitamente minori del previsto (lo scorso anno il PD ha raccolto, da solo, la metà di tutti i contributi relativi al 2 per mille circa sei milioni e mezzo di euro, al secondo posto la Lega Nord con 1,4 milioni, mentre il partito di Berlusconi ha raccolto solo 615mila euro), si tratta di capire allora quanto si spenderà per le prossime elezioni regionali e dove verranno trovati i “danè” visto che non ci sono i rimborsi.

Il buon Salvini in conferenza stampa ha dichiarato che ha solo 15000 euro in cassa, come farà quindi a fare la campagna regionale nella quale nel 2013 insieme alla collegata lista Maroni aveva speso 282 volte quella cifra?

Proviamo a rispondere:

1) innanzitutto grazie a donatori, ma anche attraverso la vendita di panettoni, lotterie, gadgets, etc. Per contributi annuali da singolo sostenitore inferiori a 5.000 non sono previsti obblighi di identificazione e infatti la stragrande maggioranza dei donatori non raggiunge quella cifra. La mancata indicazione dei donatori ed anche l’uso di paypal provocò una querela del sindaco Raggi accusata dall’Espresso di voler occultare le fonti. La prassi dell’anonimato peraltro è stata eguale per la quasi totalità delle liste e dei candidati in tutta Italia. Raggiunta o superata la somma di €5.000/00 per ogni singolo sostenitore, lo stesso dovrà essere identificato. Tuttavia “le donazioni superiori ai 5.000 euro e fino al massimo consentito di 100.000 devono essere dichiarate insieme al bilancio ma la normativa sulla privacy consente comunque di pecettare’ i nomi di chi non ha rilasciato il consenso alla pubblicazione di dati personali”. Insomma siamo un paese di donatori anonimi.

2) in secondo luogo saranno i candidati a pagare la campagna elettorale sia attraverso le spese per il proprio collegio (nel caso delle politiche) o per le preferenze (nel caso delle regionali) sia attraverso la tassa di partecipazione che ormai tutti i partiti fanno pagare che in alcuni casi (il PD supera i 30.000 euro).

3) in terzo luogo il mantenimento dei partiti ricade sulle spalle dei gruppi in Senato, Camera, Parlamento europeo, Regioni, Comuni che si fanno carico di spese varie e costi fissi del personale (rammento che contributi annui di “gestione” per senatore nel 2014 sono stati di 59.000 euro, per deputato di 47.000 euro, per europarlamentare di 79.000 euro); altro meccanismo di finanziamento sono le fondazioni che, in forme e modi diversi, senza obblighi di rendicontazione possono sostenere eventi, iniziative, materiali.

In pratica da tempo il potere “economico” nei partiti è più nelle mani degli eletti che delle segreterie, un cambiamento dagli effetti sistemici importanti.

Saranno comunque elezioni risparmiose perché la crisi dei partiti è totale, evidenziata dalla cassa integrazione per i dipendenti, dai licenziamenti, dalla chiusura delle testate giornalistiche, etc. e senel periodo della seconda Repubblica (1994-2013) lo stato ha erogato ai partiti € 2.480.702.266,11 è chiaro che abituarsi a disponibilità infinitamente minori e incerte è difficile.

Del resto per quanto riguarda le politiche la Corte dei conti ha certificato che nel 2013 per l’intero territorio nazionale e con un limite previsto di 96.723.669,00 euro i Cinque Stelle ne hanno spesi 469.343,33, cioè un terzo di quanto speso da Rivoluzione Civile (Ingroia,) 1.393.820 o dal MIR (Moderati in rivoluzione e chi se li ricordava) che ne ha spesi 1.380.348,44 , mentre il Popolo della libertà ne ha spesi 12.029.797,00 e la Lega Nord 2.722.335,29 (cioè per tutti i collegi di Camera e Senato italiani meno di quello che ha speso in Lombardia).

Variegate le dichiarazioni dei rendiconti elettorali pubblicati da deputati e senatori. Tutti insieme hanno speso 3milioni e 857mila euro, ma 295 parlamentari (il 31% del totale) non hanno presentato la dichiarazione dei movimenti economici relativi alla campagna elettorale e 266 degli eletti alla camera e al senato hanno dichiarato di non aver avuto spese né contributi di nessun tipo, nemmeno sotto forma di servizi! Ricordiamo che come per le elezioni comunali e le regionali, alle politiche vi è un limite di spesa per candidato pari ad una cifra fissa, più una cifra variabile per ogni elettore del collegio interessato. Per i singoli candidati il limite è di 52mila euro per ogni circoscrizione o collegio (più un’aggiunta di 0,01 euro per ogni residente nelle circoscrizioni o collegi in cui il candidato si presenta).

Nel 2018 visto che alla Camera un collegio uninominale ha in media 250mila abitanti (500mila al Senato) e un milione quello plurinominale (2 milioni al Senato), i tetti di spesa per gli aspiranti deputati si aggirano attorno ai 54.500 euro nell’uninominale e 62mila euro nei collegi plurinominali (per i senatori rispettivamente 57mila euro nell’uninominale e 72mila euro nei collegi plurinominali).

La norma era stata pensata per altri collegi: in pratica oggi, salvo modifiche, si può spendere meno di ieri.

Quanto ai partiti/liste, possono spendere 1 euro per ogni iscritto nelle liste elettorali.

I parlamentari che hanno ricevuto i contributi più consistenti, in servizi o in denaro, dal partito con cui si sono presentati alle elezioni sono il sen. Dario Stefano (Misto) e il sen. Giorgio Tonini (Pd), che hanno avuto rispettivamente € 36.687,46 euro e 32.900,00. Invece le cifre più alte messe di tasca propria per fare campagna elettorale sono quelle dell’on. Ignazio La Russa (Fdi-An), con 78.743,00 euro, e l’on. Ilaria Borletti Buitoni (Pd), che per la propria candidatura ha speso 59.482,54 euro.

Ma quanto spende un candidato alle regionali?

Il limite di spesa per candidato era di 38.802 più 0,0061 per ogni elettore della circoscrizione. Forse per maggior realismo la spesa massima consentita per le regionali a Roma era di 50.000 euro più 0,03 per elettore arrivando ad un massimo nella circoscrizione della capitale di 170/220.000 euro. Più spesa corrisponde a più preferenze quelle di Pizul (primo degli eletti PD a Milano) non gli avrebbero consentito di essere eletto a Roma, mentre il secondo eletto della Lista Ambrosoli (10,1%) a Roma con le stesse preferenze nella Lista Zingaretti (4,5%) sarebbe arrivato quindicesimo.

È utile per fare previsioni guardare le dichiarazioni degli eletti: Alfieri ha speso 19000 euro 5000 di tasca sua il resto contributi di terzi; Alloni 15827 di cui 4700 provenienti da una lotteria; Altitonante 57000 tutti provenienti da contributi di terzi; Anelli su 36000 spesi ne ha messo di suo 26000; Barboni su 41000 spesi ne ha messo di suo 41000; Barzaghi su 10000 spesi ne ha messi di suo 10000; Colucci ha speso 21607 euro tutti di tasca propria; Borghetti su 53000 spesi ne ha messo di suo 53000; Brambilla ne ha spesi poco più di 9000; Bruni su 44290 di suo non ha messo nulla tutto proveniente da terzi; Castellano su 55000 spesi ne ha messi di suo 12000; Cremonesi su 22000 spesi ne ha messo di suo 20000; De Corato ha sostenuto di suo l’intera spesa di 57000; Gallera ne ha spesi 35000; Paola Macchi non si è svenata spendendo 50 euro tutti di suo contributo personale; Violi ha speso 2300 euro; Villani 37000; Valmaggi 43000 di suo 30000; Tomasi 38000 tutti grazie al contributo di terzi; Toia 1493; Tizzoni 2000; Straniero 14000; Sorte 17900; Scandella 3000; Santisi 25000; Sala 42000 di cui 37000 da terzi; Sala Alessandro 25000; Saggese ha speso 191,88 euro; Rosati 53450 di cui 38000 di tasca propria; Romeo 36000; Romeo Antonio 14500; Rolfi 45000; Rizzi 11000; Reguzzoni 6000; Pizzul 16000; Piazza 31000; Pesato 35000; Pedrazzini 18000; Parolo 23000; Paolini 40000 tutti del suo; Pagliuca 10000 con 7300 euro di debiti alla data di presentazione del rendiconto; Monti 7000 euro; Melazzini 63000; Martinazzoli 4600; Marsico 13000; Maroni Daniela 2900 euro; Mantovani (l’eletto con il numero più alto di preferenze 12957) 56985 tutti provenienti da terzi; Malvezzi 40000; Mainini 18000 tutti di tasca propria; Magoni 6000; Maccabiani 1000; Lena 17000; Girelli 36000; Stefano Bruno Galli non ha speso un centesimo e dichiara 305 euro di servizi ricevuti da terzi; Fossati Silvia3600; Fossati 1958; Foroni 2433; Formenti 25000 di cui 19300 del suo; Andrea Fiasconaro non ha speso nulla; Ferrazzi 25000; Fermi 36000; Fatuzzo (l’eletta con il numero più basso di preferenze 119) 7.000; Dotti 8.000; Del Gobbo 14368; Davolio 36.000; Colla 25.000; l’attuale ministro Martina 23.000 di cui 15.000 di tasca propria; Iolanda Nanni non ha speso neanche un centesimo come Sabrina Mosca.

Il modello di dichiarazione delle spese, eguale per tutti, prevede anche la voce “spese di propaganda sostenute dal partito di appartenenza (art. 7, comma 2) “Quota riferibile al candidato”, ma nessun candidatone ha fatto uso.

Le cifre considerando le differenze territoriali e politiche vanno obbligatoriamente contestualizzate. Si potrebbe infatti ironizzare sul fatto che Sabrina Mosca non abbia speso un centesimo per essere eletta, ma analizzando più attentamente vediamo che ha preso 111 preferenze mentre i suoi competitor di lista superavano i 4000 e i 5000 voti di preferenza (è stata eletta per dimissioni del secondo), quindi è realistico che non si sia proprio sbattuta in campagna elettorale, mentre i 23.000 euro di Ugo Parolo da Sondrio non hanno alcuna relazione con le preferenze visto che le liste erano composte da un solo candidato, ma sono danari spesi a sostegno del simbolo in una logica da collegio uninominale; e ancora possono sembrare troppi i 37.000 euro di Villani (PD Pavia) paragonati agli 0 (zero) di Nanni (Cinque stelle Pavia), ma il Villani è stato eletto con 90 voti di differenza dal suo competitor interno Bosone (4.998 a 4.909) in una lista dove un elettore ogni 6 ha messo la preferenza mentre nei Cinque Stelle solo 1 elettore ogni 27 ha dato la preferenza e per essere eletti sono bastate 788 preferenze. Mentre i 1.000 euro di Maccabiani (Cinque stelle Brescia) appaiono ben spesi visto che gli sono serviti per battere con 29 voti su 301 il suo concorrente in una provincia dove negli altri partiti per essere eletti occorrevano da 4 a 30 volte quei voti; e ancora ben spesi i 3600 euro di Silvia Fossati a Milano (Lista Ambrosoli) che hanno generato quelle 10 preferenze in più che gli hanno consentito di entrare in consiglio. Anche il costo a preferenza varia moltissimo: ogni preferenza necessaria ad eleggere la Fatuzzo (Pensionati) è costata 58 euro mentre a Mantovani (Popolo delle liberta) 4,3. Ovviamente anche tra i trombati c’è chi ha spese cifre molto alte, ma la più parte dei candidati sapeva già di avere scarse o nulle possibilità di elezione (a Milano su 432 candidati gli eletti sono stati 24; ben 141 sono stati sotto le 100 preferenze con 16 a quota zero) e si è adeguata evitando sprechi.

Prevedo che le spese dei candidati per il 2018 ricalcheranno quelle di 5 anni fa.

In conclusione ricordiamo quanto guadagna un consigliere: l’indennità mensile di carica è di 6.327 euro (al lordo delle imposte fiscali e degli altri eventuali oneri di legge) cui vanno aggiunti 4.218 euro di rimborso mensile per l’esercizio del mandato ed eventuali indennità di funzione che potete trovare sul sito della regione (Il rimborso forfettario per l’esercizio del mandato non è assoggettato a tassazione, art.52 D.P.R. n.917 del 1986, e l’importo indicato non è comprensivo di eventuali trattenute per assenze secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti).

Walter Marossi



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