28 novembre 2017

“IO SCELGO MILANO” L’EMA NO

Farsi qualche domanda senza gonfiare troppo il petto


Dopo tanta attesa, cullando tante speranze, la sentenza per sorteggio: l’Europa non ha scelto Milano… al contrario di alcune persone, i ritratti delle quali sono diventati manifesti dispersi nelle vie del centro, che hanno “scelto Milano”. Persone celebri immagino che purtroppo non conosco, fatta eccezione per Xavier Zanetti, l’inossidabile giocatore dell’Inter. “Ho scelto Milano” il lapidario slogan che sa di rivendicazione delle qualità milanesi. Il manifesto non aggiunge altro, laconico, oltre che, alla luce dei fatti, iettatorio, perché chi conta davvero ha scelto Amsterdam, bella città dei canali che si può vantare d’avere ospitato Rembrandt e celebre non troppi anni fa per la sua liberalità in fatto di commercio d’erbe particolari (che indubbiamente di qualche rapporto con i “farmaci” possono godere).

02pivetta39FBAltri hanno scelto Milano: filippini, cinesi, egiziani, cingalesi, peruviani … . I residenti stranieri a Milano, alla fine del 2015, erano quasi 260mila, il diciannove per cento della popolazione cittadina. Bisogna aggiungere richiedenti asilo, clandestini, regolari cittadini dell’Unione europea senza una dimora, accampati in tendopoli … . Si supera il venti per cento. Ma alcuni se ne vanno, come ci ha raccontato Federico Fubini sul Corriere della sera, citando i numeri dell’Istat, e come già si intuiva. Nel 2017 le partenze dall’Italia sono state quasi duemila (si tratta ovviamente di immigrati regolarmente registrati all’anagrafe) … . Significherà pure qualcosa. Abbiamo letto che in compenso con l’Agenzia del farmaco sarebbero arrivati a Milano ottocento dipendenti e famiglie e un miliardo e mezzo di euro sotto varie voci di indotto, ristoranti strapieni, affitti alle stelle, uffici, auto, eccetera eccetera.

L’Europa non ha scelto Milano, ma credo che l’Europa non abbia soprattutto scelto se stessa. Giocarsi una carta di natura economica in quel modo mi pare trascini nel ridicolo un’istituzione, alla quale non mancano risorse e competenze, migliaia di funzionari e di consulenti, per studiare un “caso” e decidere secondo parametri certi. Anche se non mi candido a recitare la parte di Salvini, mi permetto di esprimermi contro una ricchissima burocrazia maneggiona e trafficona e contro una politica che non sa esprimere con trasparenza un orientamento e vota in segreto.

Potremmo aggiungere, per spiegarci la bocciatura, che l’Italia, malgrado la faccia di successo della sua ex capitale morale (Milano appunto), dopo l’Expo e con i suoi grattacieli, non offre poi tante garanzie di solidità, di rigore, di stabilità, con un governo moribondo e una prospettiva elettorale che mette paura, che la Spagna ci ha tradito, che chissà quali macchinazioni hanno pesato contro di noi, che la fortuna ci ha voltato le spalle (la seconda volta dopo l’eliminazione dai mondiali con la Svezia).

Da milanese, ipercritico nei confronti della sua città, mi sento deluso: mi sarebbe piaciuto vedere Milano alla prova dell’Ema, anche se non so bene a che cosa serva e qualcuno me ne ha parlato molto male. Ma di più mi ha deluso l’Europa, per via di quella soluzione, per via di quanto ha condotto al colpo finale. Tuttavia, fossi Gentiloni o fossi Sala, cercherei di trar lezione e comincerei con il chiedermi quale peso ha l’Italia e quale Milano, quale peso hanno esercitato l’Italia, la Lombardia e Milano, mi interrogherei sulle qualità reali dell’Italia e di Milano e sulla efficacia dell’azione politica. Si perde per sorteggio quando i voti non si conquistano prima e si può quindi stimare che al momento buono l’azione di persuasione sia stata debole, che l’Italia non si sia mossa in modo solidale, che la presenza al voto di un capo di governo (Gentiloni) e non solo di un sottosegretario (Gozi) avrebbe garantito qualche miglior effetto. Saranno state critiche strumentali quelle espresse da Paolo Romani durante la kermesse milanese di Forza Italia nei confronti di Angelino Alfano, ministro degli esteri, ma non proprio infondate: “Dov’era quando si è votato?”… trascuro la volgarità successiva. Si è accodato nelle accuse Tajani che in Europa qualcosa dovrebbe valere. Ma dovremmo pure sospettare che Milano, malgrado specchi e lustrini, non sia poi considerata quel gioiellino di cui molti si stanno illudendo.

Morale: smettiamola di recriminare. Per l’Italia un miliardo e mezzo di euro in meno non sarà poi la fine del mondo (rispetto ai duemila miliardi del prodotto interno lordo: 1834 miliardi di previsione per il 2018). Per Milano la sconfitta dovrebbe stimolare il sindaco (ma pure il governatore lombardo) a una riflessione autocritica, onesta e pubblica, in una città che alza gloriosamente al cielo i suoi grattacieli, ma che avrebbe tanti buchi da chiudere in basso e intorno.

Oreste Pivetta



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