28 novembre 2017

PARTECIPAZIONE CIVICA E BIG DATA. FUTURO PROSSIMO?

Dai big data, il governo locale. Cittadini solo passivi


Sembra che sia difficile collegare big data e algoritmi da una parte con il tema della capacità di connetterli alla generazione di partecipazione civica e buona democrazia dall’altra. Difficile certamente per la Giunta di Milano, che Giuseppe Longhi nel suo articolo incalza perché rimasta al palo così come l’Agenda Digitale italiana tutta, su questo tema. Ma difficile da capire anche per il cittadino, persino per i più sensibili ai temi di cultura politica, di buone pratiche amministrative e politiche. In un mio precedente pezzo avevo avanzato una riflessione su big data e governo della città, oggi mi concentro su alcune prime coordinate relative ai riflessi di big data e uso degli algoritmi su democrazia, intelligenze civiche e partecipazione politica locale.

07vannini39FBPartiamo da Singapore. Nella classifica del Global Information Technology Reports (GITR) del World Economic Forum (WEF), anno 2016, Singapore(1) risulta la prima al mondo (l’Italia è in 45esima posizione)(2). Il Governo ha recentemente fondato GovTech, con la missione di governare la digital transformation nel settore pubblico. La missione di questa sorta di startup polico-governativa è di valorizzare le migliori tecnologie dell’informazione per ‘fare la differenza’ nella vita quotidiana delle persone. “Siamo pronti a rivoluzionare politica e governo attraverso i big data” spiega Jacqueline Poh, Chief Executive di GovTech.

Cosa vuol dire lo proviamo a spiegare semplicemente. Nel centro principale di Singapore si sta realizzando molto più velocemente che altrove una città-sensore. Sfruttando le potenzialità di connettibilità tra persone e persone, cose e persone, e cose e cose: succede ad esempio che se dimentico il mio cellulare sul tavolino di un bar in una via centrale ad alto traffico pedonale, lo ritrovo certamente lì perché chi lo prendesse sarebbe riconosciuto (e perseguito per le vie legali). Altro caso, e relativa ‘pena’: se butto un piccolo rifiuto a terra, vengo riconosciuto e raggiunto da un primo provvedimento che mi obbliga a indossare una maglietta gialla con scritto ‘litter’ tutto il giorno, nel tempo libero e al lavoro, per una settimana. Ecco: big data e algoritmi modellano le relazioni tra governanti e cittadini. E i primi possono fare leva sulla reputazione sociale come strumento di controllo del comportamento individuale.

Pare però con questo esempio che stiamo parlando solo di controllo, di rinuncia alla privacy in cambio di sicurezza. È un tema molto attuale, ma qui serve per introdurre e traslare la riflessione al nostro livello, quello del partire dai big data per generare, attraverso scelte che passano dalla definizione di algoritmi, scelte di governo, pubbliche, che incidono sulla democrazia.

Il punto è questo: le autorità, tramite una speciale unità governativa, raccolgono in ogni istante e ovunque noi siamo una incredibile quantità di dati, anche mentre ci troviamo in spazi chiusi. Prendono questi dati, talmente tanti da chiamarli big data, e decidono che sono la base per l’impostazione di politiche pubbliche, dalla sicurezza alla salute, dalla mobilità allo sviluppo urbanistico, e oltre.

Per trasformare le informazioni che arrivano in ogni istante dai big data nella ‘rivoluzione politica e di governo’ di cui parla la signora Poh si costruiscono degli algoritmi, che attribuiscono una conseguenza, un effetto al presentarsi di un determinato set di dati. In pratica gli algoritmi collegano il fatto che una persona butti una cartaccia a terra con la serie di azioni punitive (la cui effettiva esecuzione è sotto assoluto controllo) che ne conseguono. La decisione su come funzionano i collegamenti tra big data e conseguenze la prende il governo. E la partecipazione democratica?

È qui il grande tema che emerge forte: la sequenza big data-criteri del governo di impostazione dell’algoritmo-scelte politiche vale per la cartaccia così come per le grandi trasformazioni urbane. E in tutto questo, qual è il ruolo del cittadino, della comunità locale, magari attiva, informata, ‘partecipata’ in associazioni, comitati, gruppi che spesso trovano espressione nelle web communities richiamate da Luca Beltrami Gadola qui? Il tentativo di spiegare la relazione tra big data, algoritmi e vita democratica delle comunità locali non deve soffermarsi troppo sugli esempi, semplici al limite del semplicistico, fatti: riguarda tutto e tutti, incluso la rigenerazione urbana delle periferie e le grandi trasformazioni urbanistiche con tutto il carico di decisioni ambientali, di mobilità, economiche, sociali, culturali e se vogliamo anche di identità e futuro della nostra città metropolitana e delle sue comunità.

Giovanni Vannini

1) Singapore è uno Stato autonomo di cui è curioso catturare alcuni dati, comparandoli a quelli della Città Metropolitana di Milano. Superficie 581 Km2, poco più di un terzo dei 1.575 Km2 della nostra Città Metropolitana; popolazione 5,6 milioni di abitanti, poco meno del doppio rispetto alla Città Metropolitana (fonti: http://www.cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/PSM/img/mappe_tematiche/carta-identita-01-numeri.jpg – http://reports.weforum.org/global-information-technology-report-2016/economies/#economy=SGP – sito web Treccani)

2) Fonte WEF: http://reports.weforum.org/global-information-technology-report-2016/



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